17 Mar Articolo 307 Codice di procedura civile — Estinzione del processo per inattività delle parti
Se dopo la notificazione della citazione nessuna delle parti siasi costituita entro il termine stabilito dall’articolo 166, ovvero se, dopo la costituzione delle stesse, il giudice, nei casi previsti dalla legge, abbia ordinato la cancellazione della causa dal ruolo, il processo, salvo il disposto [ del secondo comma ] dell’articolo 181 e dell’articolo 290, deve essere riassunto davanti allo stesso giudice nel termine perentorio di tre mesi, che decorre rispettivamente dalla scadenza del termine per la costituzione del convenuto a norma dell’articolo 166, o dalla data del provvedimento di cancellazione [ 125 disp. att. ]; altrimenti il processo si estingue.
Il processo, una volta riassunto a norma del precedente comma, si estingue se nessuna delle parti siasi costituita, ovvero se nei casi previsti dalla legge il giudice ordini la cancellazione della causa dal ruolo.
Oltre che nei casi previsti dai commi precedenti, e salvo diverse disposizioni di legge, il processo si estingue altresì qualora le parti alle quali spetta di rinnovare la citazione o di proseguire, riassumere o integrare il giudizio, non vi abbiano provveduto entro il termine perentorio stabilito dalla legge, o dal giudice che dalla legge sia autorizzato a fissarlo . Quando la legge autorizza il giudice a fissare il termine, questo non può essere inferiore ad un mese né superiore a tre.
L’estinzione opera di diritto ed è dichiarata, anche d’ufficio, con ordinanza del giudice istruttore ovvero con sentenza del collegio.
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”16″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 1739/2013
L’estinzione del processo, per mancata integrazione del contraddittorio nel termine perentorio stabilito dal giudice a norma dell’art. 102, secondo comma, c.p.c., postula la legittimità del relativo ordine, e, pertanto, va esclusa, ove quest’ultimo venga revocato nel prosieguo del giudizio per difetto dei suoi presupposti.
Cass. civ. n. 4201/2012
L’eccezione di estinzione del processo per inattività delle parti, formulata nella comparsa di costituzione in riassunzione e richiamata nell’udienza di prosecuzione del giudizio, è da intendersi sollevata “prima di ogni altra difesa”, e quindi tempestivamente, anche se contestuale a difese inerenti al merito della causa. Tale eccezione così sollevata è conforme alla “ratio” di garantire il tempestivo e ordinato svolgimento del giudizio dopo l’evento interruttivo, in quanto, malgrado la contestuale presenza di difese di merito, la richiesta di estinzione si pone come prioritaria in senso logico. (Principio affermato ai sensi dell’art. 307, quarto comma, c.p.c., nel testo anteriore alla legge n. 69 del 2009).
Cass. civ. n. 888/2012
In tema di riassunzione della causa innanzi al giudice dichiarato competente dalla Corte di cassazione a seguito di ricorso ordinario ed in base a decisione sulla sola questione di competenza, l’onere di provare la data di decorrenza del termine di sei mesi dalla comunicazione del dispositivo della sentenza alla parte, previsto dall’art. 50 c.p.c. (nella versione antecedente alla legge 18 giugno 2009, n. 69) – art. 50 citato che, nella specie, deve appplicarsi in luogo dell’art. 392 c.p.c., posto che la sentenza della Corte non introduce la fase rescissoria del giudizio di rinvio, ma comporta la prosecuzione dell’originario giudizio – grava non su colui che eccepisca la tardività della riassunzione, essendo ad essa del tutto estranea la circostanza della comunicazione alla controparte eseguita dalla cancelleria della Corte di cassazione, ma sulla stessa parte riassumente che, in quanto destinataria di tale comunicazione rilevante sul piano processuale, è tenuta a fornire la prova della data effettiva della ricezione della stessa al fine di avvalorare la tempestività dell’effettuata riassunzione per non incorrere nella dichiarazione di estinzione del giudizio, idoneamente eccepita dalla parte avversa.
Cass. civ. n. 30432/2011
Nella vigenza della disciplina processuale delle conseguenze della mancata comparizione delle parti prevista negli artt. 181 e 309, c.p.c., anteriormente alla riforma introdotta dall’art. 50 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133, il provvedimento di cancellazione della causa dal ruolo, anche se illegittimo od invalido, costituisce il “dies a quo” dal quale decorre il termine perentorio annuale per la riassunzione del procedimento, con la conseguenza che, in caso di riassunzione tardiva, il giudice deve dichiarare l’estinzione del procedimento, non potendo sindacare la legittimità del provvedimento di cancellazione.
Cass. civ. n. 19397/2011
In tema di estinzione del processo, nel caso in cui, dopo aver fissato l’udienza di precisazione delle conclusioni, il giudice si sia riservato di decidere sulla dedotta estinzione per mancata riassunzione in termini, il processo è da considerarsi pendente e, pertanto, ben può il giudice successivamente adito ritenere, al momento della sua pronuncia, sussistenti i presupposti per dichiarare la litispendenza, mentre si deve escludere che egli possa svolgere un accertamento incidentale volto a verificare l’estinzione del giudizio presso il primo giudice; tuttavia, qualora quest’ultimo provvedesse a dichiararla, gli effetti di tale pronuncia retroagiscono al momento in cui si è verificata la causa di estinzione.
Cass. civ. n. 18248/2010
L’estinzione del processo per difetto di riassunzione nella formulazione antevigente dell’art. 307, ultimo comma, c.p.c. “ratione temporis” applicabile, può essere dichiarata solo su eccezione di parte prospettata prima di ogni altra difesa e non può, pertanto, essere dedotta per la prima volta con il ricorso per cassazione.
Cass. civ. n. 21681/2009
Avvenuta la “translatio iudicii” davanti al giudice competente con comparsa in riassunzione notificata nel termine perentorio assegnato dal giudice dichiaratosi incompetente, la mancata iscrizione della causa a ruolo non determina l’estinzione del processo a norma del terzo comma dell’art. 307 c.p.c., posto che il processo, venendosi a trovare in una situazione di quiescenza ai sensi del primo e secondo comma dell’articolo citato, può essere riassunto davanti al giudice dichiarato competente, già adito con la precedente tempestiva riassunzione.
Cass. civ. n. 23403/2008
Qualora la revoca dell’ordine di integrazione del contraddittorio, per difetto dei presupposti, intervenga nel corso del giudizio di primo grado e, di conseguenza, il giudice che l’ha pronunciata respinga l’eccezione di estinzione del processo, il giudice d’appello, se ritiene illegittima tale revoca, non può applicare la sanzione dell’estinzione del processo ai sensi dell’art. 307, terzo comma, c.p.c., ma, ove consideri sussistente l’ipotesi di litisconsorzio necessario non ravvisata in primo grado, deve rimettere le parti davanti al primo giudice ai sensi dell’art. 354, primo comma, c.p.c., salvo che i litisconsorti non siano stati già evocati in giudizio “iussu iudicis” ai sensi dell’art. 107 c.p.c.
Cass. civ. n. 20480/2008
L’art. 307, comma 4, c.p.c., nel prescrivere che l’estinzione è dichiarata con ordinanza del Giudice istruttore ovvero con sentenza del Collegio, a seconda che venga eccepita avanti al primo o avanti al secondo, implicitamente ma chiaramente implica che la previa eccezione della parte interessata è necessaria ai fini della conclusione (per estinzione) dello stesso processo in cui l’inattività si è verificata e che la controparte ha inteso proseguire o riassumere (o anche riattivare, col rinnovo della citazione o con l’integrazione del contraddittorio), mentre al di fuori di tale ipotesi l’onere dell’eccezione non ha ragion d’essere. Pertanto, nell’indagine sul fondamento dell’eccezione di prescrizione del diritto dedotto in causa, ed al fine di stabilire se l’interruzione della prescrizione medesima, determinata dalla citazione introduttiva di altro precedente giudizio, abbia carattere meramente istantaneo per effetto dell’estinzione di tale altro giudizio (art. 2945, terzo comma, cod. civ.), detta estinzione può essere rilevata anche d’ufficio, non occorrendo che essa sia dedotta dalla parte interessata.
Cass. civ. n. 1185/2007
L’estinzione del processo per tardiva riassunzione ex art. 307 c.p.c., per poter essere dichiarata dal giudice, deve essere tempestivamente eccepita nel medesimo grado in cui si sono verificati i fatti che ad essa possono dar luogo e non può essere dedotta e rilevata in sede d’impugnazione.
Cass. civ. n. 10796/2003
Il termine perentorio di un anno per la riassunzione della causa, ai sensi dell’art. 307, secondo comma, c.p.c., a seguito della cancellazione della causa dal ruolo, decorre in ogni caso dalla data dell’ordinanza di cancellazione, anche se essa sia nulla per mancata comunicazione del rinvio dell’udienza ai sensi dell’art. 181 c.p.c. Invero – posto che occorre tenere distinto il fenomeno della nullità degli atti processuali da quello dell’impulso processuale – nel caso della riassunzione il potere di iniziativa della parte viene esercitato non già per introdurre un giudizio di secondo grado, o comunque di riesame di una decisione già emessa, bensì per dare nuovo impulso al processo quiescente, e per tale ragione non è previsto che l’ordinanza di cancellazione sia comunicata alle parti ed è posto, pertanto, a carico della parte interessata, costituita in giudizio, nell’ambito del più generale dovere di diligenza e di attivazione nello svolgimento delle attività processuali, l’onere di vigilare e di attivarsi per acquisire presso la cancelleria notizia delle vicende processuali che la riguardano.
Cass. civ. n. 12272/2002
Poiché l’eccezione di estinzione del giudizio — nella specie, per mancata indicazione nel ricorso in riassunzione di una delle parti del processo — può essere sollevata, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 307 c.p.c., soltanto dalla parte interessata, nel caso di unico processo con pluralità di parti non può essere fatta valere da una parte diversa rispetto a quella nei cui confronti l’ipotesi di estinzione si è verificata.
Cass. civ. n. 5491/2001
Qualora, nel riassumere il giudizio al solo fine di eccepire l’estinzione, la parte sia incorsa in vizi riguardanti la regolarità della costituzione o il contraddittorio, le attività necessarie per sanare gli eventuali vizi o per controdedurre alle eccezioni avversarie non sono incompatibili con l’intento di richiedere l’estinzione e non la precludono (nella specie il difensore inizialmente privo di procura aveva depositato un nuovo atto di riassunzione in sostituzione del primo, portato a conoscenza della controparte all’udienza fissata in base al primo ricorso; la S.C. ha ritenuto prodotti gli effetti di cui all’art. 182, comma secondo, c.p.c. con esclusione della decadenza dall’eccezione di estinzione).
Cass. civ. n. 780/2001
La dichiarazione di estinzione del processo è bensì subordinata alla eccezione della parte interessata, ma il giudice non è vincolato ad attenersi alle ragioni addotte dalla parte medesima a fondamento della eccezione potendo egli rilevare di ufficio il fatto estintivo non dedotto, ovvero sostituire una causa estintiva valida a quella inidonea dedotta dalla parte.
Cass. civ. n. 5125/2000
L’inottemperanza all’ordine di integrazione del contraddittorio produce conseguenze differenti a seconda che sia pronunciato dal giudice dell’impugnazione per far partecipare al relativo giudizio tutte le parti in litisconsorzio necessario della precedente fase processuale, ovvero sia pronunciato dal giudice della cognizione (sia in primo che in secondo grado) per assicurare la partecipazione al giudizio, che riprenda dopo un evento interruttivo, di tutti coloro che ne hanno diritto, e nei confronti dei quali deve essere necessariamente pronunciata la sentenza; nel primo caso l’inottemperanza rende inammissibile l’impugnazione, nel secondo determina l’estinzione del processo ai sensi dell’art. 307, terzo comma c.p.c.; pertanto, pronunciato ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti gli eredi della parte deceduta in corso di causa, l’omessa osservanza del termine rimane priva di conseguenze qualora l’estinzione non venga eccepita e il contraddittorio sia poi integrato.
Cass. civ. n. 2047/2000
L’eccezione di estinzione del processo per inattività delle parti non solo deve essere sollevata nella prima difesa successiva all’evento estintivo, ma anche, più specificamente, deve costituire l’oggetto della prima tesi difensiva nell’ambito di tale prima difesa, atteso il tenore dell’art. 307, quarto comma, c.p.c., da questo punto di vista più restrittivo della norma, per il resto analoga, posta dall’art. 157, secondo comma, in materia di proposizione dell’eccezione di nullità.
Cass. civ. n. 699/2000
L’eccezione di estinzione del processo è caratterizzata da un’assoluta pregiudizialità, ossia deve precedere ogni altra difesa e in ipotesi di contestuale proposizione di più eccezioni, è necessaria la precisazione che essa viene proposta in via pregiudiziale, senza la quale deve ritenersi tacitamente rinunciata.
Cass. civ. n. 11361/1999
Poiché l’estinzione del giudizio per inattività delle parti può essere dichiarata solo se eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra sua difesa, come espressamente prevede l’art. 307, quarto comma, c.p.c. così come novellato dalla L. n. 581 del 1950, in difetto di tale tempestiva eccezione l’estinzione non può essere dichiarata neanche quando si verifichi la mancata ottemperanza all’ordine del giudice di integrare il contraddittorio in ipotesi di litisconsorzio necessario; né, in tal caso, nell’impossibilità di dar luogo alla dichiarazione di estinzione del processo, deve comunque dichiararsi l’improseguibilità del medesimo, poiché, quanto meno riguardo alle azioni non costitutive, la sentenza emessa a contraddittorio non integro non può ritenersi inutiliter data (vale a dire totalmente priva di effetti anche per i soggetti partecipanti al giudizio), dato che secondo il diritto positivo il vizio in esame non è enumerato tra quelli che non sopravvivono alla formazione del giudicato (artt. 161, secondo comma; 327, secondo comma; 362, secondo comma, c.p.c.). (Nella specie la Suprema Corte ha ritenuto ritualmente deciso nel merito in giudizio diretto a far valere la simulazione di alcuni contratti, benché fosse rimasto ineseguito l’ordine giudiziale di integrare il contraddittorio nei confronti di una delle parti di tali contratti).
Cass. civ. n. 4506/1998
La sospensione feriale dei termini, disposta dall’art. 1 della legge n. 742 del 1969, si applica a tutti i termini processuali e, quindi, anche a quello annuale previsto dall’art. 307 c.p.c. per la riassunzione del processo, a nulla rilevando che il dies a quo e il dies ad quem di esso termine non cadano nel periodo di sospensione.
Cass. civ. n. 1752/1997
L’estinzione del giudizio — nella specie ai sensi dell’art. 50 secondo comma c.p.c. — può esser dichiarata o dal giudice della riassunzione (o della prosecuzione); o dal giudice appositamente adito, ovvero, incidenter tantum, da quello dinanzi al quale è proposta nuovamente la stessa domanda di merito, ma non può esser eccepita né dichiarata in gradi di giudizio successivi a quello in cui si è verificata la fattispecie estintiva.
Cass. civ. n. 11156/1996
L’ordinanza di estinzione del processo, ancorché invalida, perché adottata in carenza dei relativi presupposti, e decisoria di una contestazione in atto, essendo priva del carattere della definitività non è impugnabile con l’appello, ma può essere impugnata solo con reclamo al collegio a norma degli artt. 178 e 308 c.p.c. In difetto di tale specifica impugnazione, l’ordinanza sopra indicata, al decimo giorno dalla sua adozione, diviene irrevocabile con la conseguenza che da tale data decorre, ai sensi del terzo comma dell’art. 129 delle disposizioni per l’attuazione del c.p.c., il termine (nel caso di specie breve, stante la previa notifica della sentenza) per l’impugnazione avverso la sentenza contro la quale fu fatta riserva d’appello.
Cass. civ. n. 2340/1996
Mentre l’irritualità della continuazione del processo, nonostante la sua interruzione a seguito della morte del procuratore di una delle parti, può essere fatta valere soltanto dalla parte colpita dall’evento interruttivo, essendo l’interruzione del processo preordinata alla tutela di quest’ultima, l’eccezione di estinzione del processo medesimo, per mancata riassunzione dopo l’interruzione, può essere dedotta da tutte le parti interessate (art. 307, quarto comma, c.p.c.), in quanto l’interesse all’estinzione non coincide con quello tutelato dall’interruzione del processo e, riconoscendo la legge a tutte le parti l’interesse alla riattivazione del processo, non vi è ragione di attribuire solo ad alcune di esse la possibilità di evitarla.
Cass. civ. n. 28/1996
Nel caso in cui il giudice, disponendo la rinnovazione della notificazione della domanda (art. 307, comma 3, c.p.c.), si limiti a fissare l’udienza prossima, senza specificare la scadenza del termine perentorio, deve ritenersi che il termine per la rinnovazione della notificazione sia implicitamente stabilito in misura tale da garantire, con riguardo all’udienza fissata, il rispetto del termine dilatorio. Pertanto, deve ritenersi tempestiva la rinnovazione della notificazione effettuata, pur in mancanza di un termine perentorio, con anticipo superiore ai termini per comparire di cui all’art. 163 bis c.p.c.
Cass. civ. n. 6286/1995
Per la proposizione dell’eccezione di estinzione del processo non sono richieste formule sacramentali, in quanto la qualificazione giuridica dell’eccezione proposta dalla parte rientra nel potere-dovere del giudice competente a conoscere la causa e va fatta alla stregua del suo contenuto reale con particolare riferimento allo scopo dell’atto, senza che possa attribuirsi rilievo a mere imperfezioni formali ovvero ad espressioni impropriamente adoperate. In particolare, l’eventuale errore commesso dalla parte nel collegare gli effetti del mancato rispetto di un termine perentorio ad una determinata disposizione di legge piuttosto che ad un’altra non impedisce di valutare la posizione assunta dalla parte nel suo significato sostanziale, dovendosi accertare — con un giudizio di fatto rimesso al giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità, se esente da vizi logici e giuridici — la sussistenza di una non equivoca manifestazione di volontà finalizzata ad ottenere l’estinzione del processo.
Cass. civ. n. 4372/1995
L’art. 307, comma 2, c.p.c., nello stabilire che il processo, una volta riassunto a norma del precedente comma 1, si estingue se nessuna delle parti si sia costituita, si riferisce alla prima riassunzione — che è l’unica contemplata dal comma 1 dell’indicata disposizione — con la conseguenza che deve escludersi la possibilità di riassunzioni successive alla prima (pur se avvenute nel termine di un anno dalla scadenza di quello fissato per la costituzione del convenuto) e l’estinzione del processo opera per il solo fatto che alla prima riassunzione non sia seguita la costituzione delle parti.
Cass. civ. n. 913/1995
Stante l’ordinario regime dell’irrevocabilità e della non impugnabilità dell’ordinanza di cancellazione della causa dal ruolo, la pronuncia di tale provvedimento — non suscettibile di rimozione in sede di controllo della sua legittimità né da parte dello stesso giudice che lo ha emesso o da altro che possa essere adito a fini di gravame — determina de jure, e quindi anche a prescindere dalla sua eventuale illegittimità, una situazione che, sul piano dell’effettività del principio dispositivo e dell’osservanza del contraddittorio, è sostanzialmente assimilabile a quella preesistente alla proposizione della domanda ed implica la persistente operatività, ai fini della ripresa del giudizio, del disposto sia dell’art. 99 — non esclusa da tale anteatta proposizione — sia dell’art. 101 c.p.c. — non essendo consentito, per la suddetta espressa previsione di legge, il recupero dell’originaria notificazione — cui deve darsi rinnovata applicazione con l’atto di riassunzione: con l’unica differenza che, trattandosi qui di riattivare un procedimento in condizioni di quiescenza e di conservare efficacia ad un segmento di attività processuale che ha già trovato svolgimento, l’atto di impulso di cui la parte è onerata viene assoggettato al suddetto termine di decadenza, decorrente dalla data del provvedimento determinativo delle condizioni suddette (art. 307, comma 1, c.p.c.). Ne consegue che al giudice davanti al quale venga sollevata l’eccezione di estinzione del processo per intempestività della riassunzione della causa cancellata dal ruolo, mentre compete il potere-dovere di verificare la sussistenza del duplice presupposto al quale la norma di previsione ricollega l’effetto estintivo, vale a dire del provvedimento di cancellazione della causa dal ruolo e della inutile scadenza del termine perentorio entro il quale è consentito il suddetto, unico rimedio approntato per rimuovere le conseguenze del provvedimento stesso, non è, invece, consentito indagare se esso sia anche stato legittimamente pronunciato, ostandovi la natura di provvedimento non impugnabile ed irrevocabile.
Cass. civ. n. 7323/1994
L’estinzione del processo per tardiva riassunzione ai sensi dell’art. 307 c.p.c., per poter essere dichiarata dal giudice, deve essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra sua istanza e difesa, volta ad ottenere una pronuncia diversa, e, pertanto, ove non sia stata così tempestivamente eccepita, nel medesimo grado in cui si sono verificati i fatti che ad essa possono dar luogo, non può essere dedotta e rilevata in sede d’impugnazione, neppure su istanza della parte rimasta in precedenza contumace.
Cass. civ. n. 5858/1994
La mancata costituzione di tutte le parti nel giudizio di appello dopo la sua tempestiva riassunzione determina l’estinzione automatica del processo a norma dell’art. 307, comma 2, c.p.c., anche se non sia ancora decorso il termine di un anno previsto dal comma 1 di detto articolo, non essendo consentita una nuova riassunzione.
Cass. civ. n. 2322/1994
L’estinzione del processo per inattività delle parti (e quindi anche per mancata riassunzione nel termine di sei mesi dopo la cessazione della causa di sospensione), ove non dedotta dall’interessato in via di eccezione, a norma dell’art. 307 c.p.c., può essere richiesta in via di azione con atto riassuntivo del processo stesso, con la conseguenza di rimettere la causa nello stesso stato processuale in cui si trovava al momento del provvedimento (di interruzione, sospensione, cancellazione dal ruolo) che ne ha arrestato il normale iter procedimentale. Pertanto, nel caso in cui la sospensione del processo (nella specie per la pendenza di un procedimento penale) sia stata disposta con ordinanza del collegio, cui la causa era stata rimessa per la decisione, il giudice, ove disattenda l’istanza di estinzione, deve decidere la causa nel merito in assenza di una contraria manifestazione di volontà delle parti.
Cass. civ. n. 6903/1993
Nell’ipotesi di estinzione di un processo che, per inattività delle parti, non sia stato più riassunto, la riproposizione della medesima azione in un secondo giudizio, fondandosi sull’ammesso riconoscimento della già verificatasi estinzione del primo, ne comporta l’implicita richiesta di accertamento incidentale, senza che sia necessaria — in mancanza di apposita prescrizione normativa — la specifica proposizione dell’eccezione di estinzione.
Cass. civ. n. 12917/1992
Avvenuta la translatio iudicii davanti al giudice competente con la notifica della citazione in riassunzione prima della scadenza del termine perentorio assegnato dal giudice dichiaratosi incompetente, la mancata iscrizione a ruolo non comporta l’estinzione del processo a norma del terzo comma dell’art. 307 c.p.c., venendo il processo a trovarsi in una situazione di quiescenza ai sensi del primo e secondo comma dell’articolo citato e potendo essere riassunto davanti al giudice dichiarato competente, già adito con la precedente tempestiva riassunzione ai sensi del primo comma della citata norma.
Cass. civ. n. 11531/1992
Il provvedimento collegiale, dichiarativo, nel giudizio di appello, dell’estinzione del processo, ancorchè emesso nella forma dell’ordinanza e non della sentenza, non è soggetto al reclamo al collegio, ma la parte che non ha interesse a contrastare tale declaratoria di estinzione è tenuta ad impugnarlo con ricorso per cassazione, trattandosi di un provvedimento che ha natura sostanziale di sentenza, per il suo contenuto decisorio e definitivo. Consegue che, il provvedimento stesso deve, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., essere sottoscritto dal presidente del collegio e dall’estensore, mentre, ove sia sottoscritto solo dal primo — che non sia anche relatore, così da far presumere il cumulo, in capo a lui, anche della qualità di estensore, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 276 c.p.c. — è viziato da nullità inesistenza ex art. 161 c.p.c., con l’ulteriore conseguenza che, in esito alla sua cassazione per tale motivo, la causa deve essere rimessa allo stesso giudice a quo.
Cass. civ. n. 5163/1991
Il provvedimento con cui il collegio — nel giudizio di appello — dichiari l’estinzione del processo, ancorché emesso nella forma dell’ordinanza e non di sentenza, non è soggetto a reclamo al collegio stesso, ma la parte che ha interesse a contrastare tale declaratoria di estinzione, anche al fine di ottenere, ex art. 373 c.p.c., la sospensione dell’esecuzione della pregressa sentenza di primo grado che in conseguenza sia stata fatta valere come titolo esecutivo nei suoi confronti, è tenuta ad impugnarlo con ricorso per cassazione, sempreché detta ordinanza, essendo stata sottoscritta dal presidente, che ne sia anche l’estensore, presenti i requisiti di forma per valere come sentenza. Diversamente, cioè nel caso in cui l’ordinanza, recando la sola sottoscrizione del presidente che non sia relatore della causa ed estensore del provvedimento, deve essere considerata alla stregua di una sentenza giuridicamente inesistente, può proporre opposizione all’esecuzione al fine di dedurre che non si è formato il giudicato sulla sentenza fatta valere come titolo esecutivo ed ottenere la sospensione dell’esecuzione dal giudice della stessa a norma dell’art. 624 c.p.c.
Cass. civ. n. 317/1991
La riassunzione della causa cancellata dal ruolo con provvedimento collegiale, va, ai sensi dell’art. 307, primo comma c.p.c., effettuata davanti allo stesso collegio a cura della parte più diligente. Pertanto, ove essa sia in tal guisa tempestivamente effettuata da una delle parti, tanto è sufficiente a determinare l’ulteriore corso del processo, restando irrilevante che la relativa iniziativa sia stata preceduta da quella dell’altra parte, la quale abbia provveduto irritualmente alla riassunzione davanti al giudice istruttore.
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