10 Gen Art. 938 — Occupazione di porzione di fondo attiguo
Se nella costruzione di un edificio si occupa in buona fede una porzione del fondo attiguo, e il proprietario di questo non fa opposizione entro tre mesi dal giorno in cui ebbe inizio la costruzione, l’autorità giudiziaria, tenuto conto delle circostanze, può attribuire al costruttore la proprietà dell’edificio e del suolo occupato . Il costruttore è tenuto a pagare al proprietario del suolo il doppio del valore della superficie occupata, oltre il risarcimento dei danni.
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”8″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 9093/2018
L’art. 938 cod. civ., che consente al giudice di attribuire al proprietario della costruzione eseguita su una parte dell’altrui fondo attiguo la proprietà del terreno occupato, presuppone la convinzione del costruttore che la sua proprietà abbia confini diversi da quelli reali, a tal punto da ritenere che gli appartenga anche una porzione del terreno del proprio confinante; la buona fede di cui al Quarto comma dell’art. 936 c.c., invece, è rappresentata dalla convinzione del costruttore di essere proprietario del fondo su cui realizza la costruzione e richiede la dimostrazione dell’esistenza di un titolo di proprietà, derivativo o originario.
Cass. civ. n. 3899/2017
L’azione diretta a far valere l’obbligazione indennitaria ex art. 938 c.c., in quanto diretta a disciplinare, su basi obiettive, i contrapposti interessi del costruttore di buona fede e del proprietario del suolo, può utilmente essere invocata, nell’inerzia del costruttore, anche dal proprietario del suolo: in detta, ipotesi, peraltro, ai fini dell’accoglimento della domanda, è necessario che questi richieda anche l’acquisto coattivo della proprietà del medesimo suolo in favore del costruttore convenuto.
Cass. civ. n. 23707/2014
L’istituto dell’acquisto della proprietà per accessione invertita, ai sensi dell’art. 938 cod. civ., che consente al giudice di attribuire al proprietario della costruzione eseguita su una parte dell’altrui fondo attiguo la proprietà del terreno occupato, se non vi sia stata tempestiva opposizione del proprietario di tale terreno, si riferisce esclusivamente alle ipotesi di sconfinamento, ovvero di costruzione giacente in parte sul terreno del costruttore ed in parte sul terreno altrui, non trovando, perciò, applicazione nelle ipotesi di costruzione interamente eseguita sul fondo altrui, che sono invece regolate dall’art. 936 cod. civ.
Cass. civ. n. 3706/2013
L’indennità dovuta dal costruttore al proprietario del suolo, nell’ipotesi di accessione invertita di cui all’art. 938 c.c., pari al doppio del valore della superficie occupata è oggetto di un debito di valore, mirando non solo a ricostituire il patrimonio del proprietario, ma anche a ricompensarlo dei potenziali incrementi di valore non documentabili, con la conseguenza che il giudice, nel liquidare detta indennità, deve riconoscere sulla relativa somma, anche d’ufficio, gli interessi compensativi, a far data dalla domanda.
Cass. civ. n. 23018/2012
L’art. 938 c.c., il quale, in deroga al principio generale sull’acquisto della proprietà per accessione, di cui ai precedenti artt. 934 e ss., prevede, in caso di occupazione di porzione del fondo contiguo con una costruzione, l’attribuzione al costruttore della proprietà dell’opera realizzata e del suolo (cosiddetta accessione invertita), si riferisce esclusivamente alla costruzione di un edificio, cioè di una struttura muraria complessa idonea alla permanenza nel suo interno di persone e di cose, non potendo, quindi, essere invocato con riguardo ad opere diverse, quali un muro di contenimento o di divisione.
Cass. civ. n. 9052/2012
Nell’ipotesi di sconfinamento prevista dall’art 938 c.c., qualora non si verifichi l’accessione invertita a favore del costruttore, il proprietario del suolo non è vincolato all’osservanza del termine indicato dall’art 936, ultimo comma, c.c. per l’esercizio dello “ius tollendi”. Ne consegue che, dovendo l’inerzia del proprietario della porzione di fondo occupata, protratta per oltre tre mesi dall’inizio della costruzione, concorrere con la buona fede del costruttore al fine di attribuire a quest’ultimo la proprietà dell’edificio e del suolo, è sufficiente che manchi uno di tali due elementi perché l’accessione invertita non si realizzi e rimanga, perciò, integro il diritto del proprietario della superficie occupata ad ottenere la demolizione dell’opera ivi illegittimamente eseguita.
Cass. civ. n. 6177/2011
La norma dell’art. 938 c.c., che disciplina la cosiddetta accessione invertita, ha carattere eccezionale, in quanto derogativa sia del principio dell’accessione, sia di quello secondo cui il proprietario ha diritto di disporre sulla propria cosa in maniera piena ed esclusiva, con la conseguenza che essa non può trovare applicazione nell’ipotesi di costruzione eseguita in tutto od in parte su un suolo di proprietà comune del costruttore e di terzi, nella quale si applicano le norme sulla comunione, senza che sia ravvisabile una disparità di trattamento tra comunista e terzo.
Cass. civ. n. 345/2011
La buona fede rilevante ai fini dell’accessione invertita di cui all’art. 938 c.c. consiste nel ragionevole convincimento del costruttore di edificare sul proprio suolo e di non commettere alcuna usurpazione. Essa, in assenza di una previsione analoga a quella dettata in materia di possesso dall’art. 1147 c.c., non è presunta, ma deve essere provata dal costruttore; ai fini probatori, è necessario avere riguardo alla ragionevolezza dell’uomo medio e al convincimento che questi poteva legittimamente formarsi circa l’esecuzione della costruzione sul proprio suolo, in base alle cognizioni possedute effettivamente o che egli avrebbe potuto acquisire con un comportamento diligente, sicché la buona fede deve escludersi qualora, in relazione alle particolari circostanze del caso concreto, il costruttore avrebbe dovuto fin dall’inizio anche solo dubitare della legittimità dell’occupazione del suolo del vicino.
Cass. civ. n. 5133/2008
L’applicabilità della disposizione dell’art. 938 c.c. in tema di c.d. accessione invertita — per la quale si esige la buona fede dell’occupante, intesa come ragionevole convincimento di costruire sul proprio suolo, di per sé non dimostrata dalla mancata opposizione del vicino — richiede che si tratti di occupazione orizzontale del suolo, mentre rimane esclusa in caso di edificazione verticale, avvenuta nel sottosuolo altrui, ipotesi esclusa dalla previsione legislativa (nella specie, la S.C. ha escluso — confermando la sentenza di merito — che potesse applicarsi l’art. 938 c.c. in riferimento alla costruzione di un tunnel, posto nel sottosuolo di proprietà del vicino, finalizzato a mettere in comunicazione due parti del medesimo fondo di proprietà dell’occupante).
Cass. civ. n. 10268/2006
In tema di accessione invertita, l’invocazione dell’articolo 938 c.c., il quale presuppone l’occupazione in buona fede del suolo attiguo nell’edificazione del proprio fabbricato, implicando la deduzione di tale elemento psicologico, non richiede necessariamente l’indicazione di particolari elementi atti a connotarlo, in una fattispecie nella quale i convenuti, nel resistere agli avversi addebiti di sconfinamento, abbiano, a loro volta, ipotizzato che a sconfinare siano state le controparti ed abbiano chiesto in via riconvenzionale l’eventuale accertamento al riguardo, previa determinazione dell’esatto confine tra i fondi. In siffatto contesto, chiaramente connotato dalla deduzione, da parte convenuta, quanto meno dell’incertezza di tale confine, la richiesta di accessione invertita ai sensi dell’articolo 938 c.c. da parte dei convenuti palesemente presuppone l’implicita deduzione della buona tede, per l’ipotesi in cui lo sconfinamento sia addebitabile alle stesse parti convenute. (Nella fattispecie erano stati convenuti nella causa in materia di distanze i proprietari dei suolo ed edificio confinanti, i quali avevano proposto domanda riconvenzionale, sulla base di analoghe doglianze, anche ai fini dell’accessione invertita; tale domanda era stata rigettata sia dal tribunale che dalla corte d’appello, la quale, tuttavia, aveva disposto la sospensione della causa relativamente alla condanna, nei confronti dei medesimi convenuti, ed appellanti incidentali, alla rimozione delle tubazioni, stante la pregiudizialità con altra controversia tra le parti, originata dalla separazione delle cause disposta in primo grado, avente ad oggetto i reciproci sconfinamenti; ha conclusivamente affermato la S.C, sulla base del citato principio, che la decisione della corte di merito di rigettare la suesposta richiesta, senza attendere anche a tale riguardo la definizione di quell’altro procedimento, doveva ritenersi incoerente rispetto alla pur ravvisata necessità di sospendere il giudizio, ed ha anche per tale motivo cassato con rinvio la sentenza d’appello).
Cass. civ. n. 9173/2005
In tema di occupazione cosiddetta usurpativa, la perdita della proprietà da parte del privato non è conseguenza dell’accessione invertita; è, invece, l’opzione del proprietario per una tutela risarcitoria, in luogo della pur possibile tutela restitutoria, a comportare un’implicita rinuncia al diritto dominicale sul fondo irreversibilmente trasformato, senza che da ciò consegua, quale effetto automatico, l’acquisto della proprietà del fondo da parte dell’ente pubblico. (Nella fattispecie la S.C. ha pertanto escluso essendo la rinuncia alla proprietà atto abdicativo e non traslativo — che vi fosse contraddizione tra le statuizioni del giudice di merito di riconoscere, per un verso, al proprietario il risarcimento integrale per la perdita della proprietà e di negare, per altro verso, l’acquisizione della proprietà stessa in capo all’ente pubblico occupante).
Cass. civ. n. 12230/2002
Il requisito della buona fede del costruttore, ai fini della declaratoria dell’accessione invertita ex art. 938 c.c., deve sussistere solo nel momento iniziale, in cui nell’effettuare la costruzione di un edificio il costruttore operi inconsapevolmente lo sconfinamento sul fondo altrui, laddove non è richiesto che persista oltre tale momento, né tanto meno fino al completamento dell’opera.
Cass. civ. n. 3058/1999
La buona fede rilevante ai fini dell’accessione invertita ex art. 938 c.c. consiste nel ragionevole convincimento del costruttore di edificare sul proprio suolo e di non commettere alcuna usurpazione. Il predetto stato soggettivo deve sussistere fino al completamento della costruzione non operando l’art. 938 nel richiedere tale requisito, alcuna distinzione tra l’inizio ed il termine della costruzione. Inoltre la buona fede del costruttore non può essere presunta, ma deve essere dimostrata, al pari dei requisiti oggettivi della complessa fattispecie, dallo stesso costruttore che voglia conseguire, contro il principio generale dell’accessione (
superficies solo cedit) il trasferimento della proprietà del suolo occupato con la costruzione.
Cass. civ. n. 3853/1993
Nell’ipotesi di costruzione eseguita in tutto o in parte su un suolo di proprietà comune del costruttore e di terzi, non possono trovare applicazione le disposizioni relative all’accessione (artt. 934, 938 c.c.) la cui operatività è subordinata alla mancanza di una diversa disciplina, legale o convenzionale, dei rapporti fra costruzioni e proprietà del suolo, ma devono applicarsi le norme in materia di comunione, con la conseguenza che la comproprietà della nuova opera sorge a favore dei condomini non costruttori soltanto se essa sia stata realizzata in conformità di detta disciplina e perciò nel rispetto delle norme sui limiti del diritto all’uso del comproprietario delle cose comuni.
Cass. civ. n. 9373/1991
La buona fede che a norma dell’art. 938 c.c. (disciplinante l’istituzione dell’accessione invertita) consente al giudice di attribuire al costruttore la proprietà della porzione di suolo occupato deve consistere nella mancata percezione dello sconfinamento, con la conseguenza che essa va esclusa quando il costruttore, consapevole della alienità della zona di terreno occupata, abbia agito nella convinzione della liceità della costruzione in forza del consenso verbale del vicino.
Cass. civ. n. 3483/1990
Per la configurabilità dell’istituto dell’accessione invertita, previsto dall’art. 938 c.c., si richiede che il costruttore abbia sconfinato, occupando «con parte» del nuovo edificio una porzione del suolo attiguo di proprietà altrui, e che tale occupazione sia avvenuta in buona fede, con la conseguenza che il detto istituto deve essere ritenuto inapplicabile qualora la costruzione sia avvenuta «per intero» su suolo altrui con il semplice convincimento di agire legittimamente a seguito del consenso verbale del proprietario del fondo, poiché la buona fede del costruttore deve consistere nella ragionevole opinione di essere il proprietario del terreno occupato e non nella generica ignoranza di ledere il diritto altrui.
Cass. civ. n. 2748/1989
In tema di accessione invertita, ai fini della decorrenza del termine di tre mesi di cui all’art. 938 c.c., per «inizio» della costruzione deve intendersi — coerentemente alla ratio della norma in esame, che è quella di consentire al proprietario del suolo, attraverso una tempestiva opposizione, di rendere improponibile al costruttore una domanda di attribuzione a sé della proprietà dell’edifico e del suolo occupato — il compimento di qualsiasi attività, anche soltanto preparatoria dell’edificazione vera e propria, che, come lo sbancamento del terreno, implichi una modificazione dello stato dei luoghi e risulti, in concreto, obiettivamente idonea a palesare il fine edificatorio della occupazione dell’altrui fondo.
Cass. civ. n. 9619/1987
Perché si configuri l’accessione invertita, di cui all’art. 938 c.c., è necessario: a) che nella costruzione d’un edificio il costruttore abbia sconfinato, occupando con le fabbriche, oltre al proprio terreno, una porzione del fondo attiguo; b) che tale occupazione sia avvenuta in buona fede; c) che la costruzione sia stata eseguita con la consapevolezza e senza opposizione del vicino. Se manca uno solo di tali requisiti l’accessione non ha luogo, così come la stessa non può trovare applicazione, anche per il suo carattere eccezionale, nel caso di sconfinamento non orizzontale, con l’occupazione di un fondo attiguo, ma in senso verticale, posto in essere, nell’ambito d’un edificio in condominio, dal proprietario d’un piano in danno del proprietario di altro piano sovrastante o sottostante.
Cass. civ. n. 4366/1987
La dichiarazione di opposizione prevista dall’art. 938 c.c. — quale mezzo di cui viene onerato il proprietario se vuole evitare che il giudice possa attribuire, a chi abbia occupato in buona fede con la propria costruzione una porzione del fondo attiguo, la proprietà dell’edificio e del suolo con esso occupato — non richiede l’adozione di una forma determinata e può essere fatta anche verbalmente.
Cass. civ. n. 6597/1986
La c.d. accessione invertita, disciplinata dall’art. 938 c.c.; presuppone l’occupazione, in buona fede, di una mera «porzione» del fondo altrui, da parte del proprietario costruttore sul fondo attiguo, onde non può trovare applicazione nella diversa ipotesi di integrale edificazione dell’area altrui.
Cass. civ. n. 6192/1986
Nel caso di occupazione di una porzione di fondo attiguo con la costruzione di edificio, la facoltà di chiedere la cosiddetta accessione invertita, in presenza dei requisiti fissati dall’art. 938 c.c., ivi inclusa la buona fede del costruttore, deve essere riconosciuta anche agli aventi causa a titolo particolare del costruttore medesimo, tenuto conto, ove si tratti di fabbricato condominiale, che la facoltà stessa può essere esercitata pure dal singolo condomino, ma che l’accoglimento della relativa domanda giova a tutti gli altri partecipanti, implicando l’inclusione della suddetta porzione di suolo fra le cose comuni.
Cass. civ. n. 4711/1985
L’art. 938 c.c. — il quale disciplina la cosiddetta accessione invertita con disposizione che costituisce deroga alla norma generale dell’art. 934 c.c. concernente l’acquisto della proprietà per accessione — va interpretato nel senso che il «suolo occupato», del quale il costruttore autore dello sconfinamento può conseguire la proprietà, è soltanto il suolo su cui insistono le strutture dell’edificio (inteso come opera muraria complessa idonea alla permanenza nel suo interno di persone o di cose); pertanto, la disciplina dettata dall’art. 938 cit. non è applicabile né nell’ipotesi di suolo occupato mediante opere (come un muro di cinta) diverse da un edificio, né nell’ipotesi di area indificata che il costruttore dell’edificio abbia occupato destinandola a spazio di parcheggio, ai sensi dell’art. 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765, atteso che anche il vincolo di destinazione di appositi spazi a parcheggio, previsto da tale norma, presuppone che il proprietario delle costruzioni principali abbia la disponibilità, in termini di diritto reale, degli spazi predetti, e non può essere invocato quale mezzo al fine di acquisire usi di proprietà altrui.
Cass. civ. n. 4569/1985
La disciplina dell’art. 938 c.c. (sulla cosiddetta accessione invertita) trova applicazione nell’ipotesi in cui la costruzione dell’edificio abbia comportato l’occupazione in buona fede della porzione di un fondo attiguo di proprietà di altri, non anche nell’ipotesi in cui lo sconfinamento investa un fondo comune del costruttore e di terzi, nel qual caso va applicata la disciplina in tema di comunione, ed in ispecie la norma sui limiti dell’uso della cosa comune (art. 1102 c.c.), la quale è violata allorché uno dei comunisti attragga nella propria esclusiva sfera giuridica il bene comune o parte di esso.
Cass. civ. n. 6410/1984
La disposizione dell’art. 938 c.c., avendo carattere eccezionale in quanto derogatrice del principio generale quod inaedificatur solo cedit, non è suscettibile di applicazione al di là della ipotesi, in essa contemplata, di occupazione materiale, con la costruzione, di una porzione del fondo altrui e non può, pertanto, valere ad attribuire all’occupante la proprietà di una zona di tale fondo non interessata dalle fabbriche.
Cass. civ. n. 1018/1984
L’art. 938 c.c., il quale, in deroga al principio generale sull’acquisto della proprietà per accessione di cui ai precedenti artt. 934 e seguenti, prevede, in caso di occupazione di porzione del fondo contiguo con una costruzione, l’attribuzione al costruttore della proprietà dell’opera realizzata e del suolo (cosiddetta accessione invertita), si riferisce esclusivamente alla costruzione di «edificio», cioè di struttura muraria complessa, idonea alla permanenza nel suo interno di persone o di cose, e, pertanto, non può essere invocato con riguardo ad opere diverse, quale un muro, restando a tal fine irrilevante la loro eventuale natura e funzione di pertinenze di edificio non interessato in quella costruzione.
Cass. civ. n. 7269/1983
La normativa dell’art. 938 c.c. presuppone un’occupazione parziale del fondo attiguo nell’esecuzione di una costruzione su fondo proprio e non anche una costruzione interamente eseguita nell’altrui proprietà, e quindi non può trovare applicazione nel caso in cui una parte abbia costruito un locale con materiali propri nel sottosuolo altrui, per cui sono applicabili i principi di cui all’art. 936 c.c.
Cass. civ. n. 1944/1982
In tema di accessione invertita, non può essere fatto obbligo al costruttore di fornire la prova del fatto negativo costituito dalla mancanza di una tempestiva opposizione del proprietario del fondo parzialmente occupato (da proporsi entro tre mesi dall’inizio, non dell’edificazione vera e propria, ma delle attività preparatorie, implicanti ugualmente l’occupazione del suolo altrui), se non attraverso la dimostrazione del fatto positivo reciproco, rappresentato da un’opposizione successiva alla scadenza dell’indicato termine.
Cass. civ. n. 667/1982
L’azione esperita dal proprietario del suolo per la rimozione della parte di costruzione altrui che vi insiste va inquadrata nell’ipotesi prevista dall’art. 938 c.c. e non del precedente art. 936, primo comma, atteso che quest’ultima norma, nel disciplinare le opere fatte da un terzo con materiali propri sul suolo altrui, si riferisce al caso in cui la costruzione realizzata presenti rispetto al suolo una propria autonomia, dal lato strutturale ed economico, in guisa da poter essere astrattamente idonea, per la sua capacità di utilizzazione, ad apportare un effettivo incremento al valore del suolo a cui accede e, quindi, un concreto vantaggio economico al proprietario del suolo che intenda ritenerla, mentre l’art. 938, postulando che sia stata realizzata sul suolo altrui non l’intera costruzione, ma solo una parte di essa, esclude tale possibilità, avuto riguardo ai diversi risultati che, sul piano giuridico ed economico, possono derivare per il proprietario del suolo, soprattutto in ipotesi di sconfinamento per una lieve profondità rispetto alla linea di confine.
Cass. civ. n. 2746/1979
Nell’ipotesi in cui, nella costruzione di un edificio, si occupi in buona fede una porzione del fondo attiguo, qualora manchino o non siano provati i presupposti di legge richiesti dall’art. 938 c.c. o non sia chiesta dal costruttore l’accessione invertita ovvero questa non sia accordata dal giudice, la fattispecie ricade sotto la disciplina generale dell’art. 936 c.c., che dà al proprietario del fondo invaso dalla costruzione la facoltà di scelta fra il ritenere la fabbrica o chiederne la rimozione.
Cass. civ. n. 2474/1978
Il termine di decadenza entro il quale il proprietario del suolo può chiedere la rimozione delle opere ivi fatte da un terzo riguarda esclusivamente l’ipotesi di cui all’art. 936 c.c., né può comunque estendersi a quella del successivo art. 938, il quale pone bensì anche esso un termine di decadenza, ma solo per consentire al proprietario del suolo di rendere improponibile dal costruttore una domanda di attribuzione a sé della proprietà dell’edificio e del suolo occupato.
Cass. civ. n. 3492/1977
L’opposizione del proprietario del fondo, proposta prima della occupazione di esso da costruzione altrui, oltre a escludere la buona fede del costruttore fa venir meno uno degli elementi costitutivi della fattispecie legale della cosiddetta accessione invertita.
Cass. civ. n. 1900/1977
L’accessione «invertita» (art. 938 c.c.) può essere dichiarata soltanto se invocata dal costruttore. In nessun caso il proprietario del suolo può adire il giudice per costringere il costruttore, contro la volontà del medesimo, ad acquistare la proprietà del suolo occupato e delle opere sullo stesso eseguite, non trovando, nella legge, alcuna valida giustificazione un acquisto coattivo di chi non lo voglia, con trasformazione in obbligo di una semplice facoltà riconosciuta in favore del costruttore in buona fede.
Cass. civ. n. 763/1974
Pur non potendosi disconoscere che i requisiti della buona fede del costruttore e dell’inerzia del proprietario del suolo che fu occupato per effetto dello sconfinamento — che concorrono entrambi a concretare la previsione normativa di cui all’art. 938 c.c., quali condizioni essenziali perché il giudice possa esaminare l’opportunità di disporre la cosiddetta accessione invertita — offrono un’indubbia conferma che la norma anzidetta è dettata anche e prevalentemente a tutela della buona fede del costruttore e quindi nell’interesse del medesimo e non già del proprietario del suolo (con la conseguenza che non sarebbe configurabile un acquisto coattivo della proprietà del suolo che venga disposto dal giudice, su domanda del proprietario del suolo, contro la volontà del costruttore), deve tuttavia ritenersi che la regolamentazione sancita dalla citata norma, essendo diretta a regolare, su basi obiettive i contrapposti interessi del costruttore di buona fede e del proprietario del suolo, può essere utilmente invocata, anche nell’inerzia del costruttore, dallo stesso proprietario del suolo. In tal caso resta ovviamente salva per il costruttore, che non intenda beneficiare della cosiddetta accessione invertita, la possibilità di procedere egli stesso o di impegnarsi, comunque, alla demolizione della costruzione, facendo in tale modo venir meno, nelle more del giudizio, una delle condizioni dell’azione.
Cass. civ. n. 3043/1973
Il termine di tre mesi per l’opposizione concesso al proprietario del fondo attiguo di cui sia occupata in buona fede una porzione dal costruttore dell’edificio, decorre dalla data dell’effettivo inizio della costruzione e non è richiesta la scientia operis.
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