10 Gen Art. 484 — Accettazione col beneficio d’inventario
L’accettazione col beneficio d’inventario [ 470, 490, 510, 511 c.c. ] si fa mediante dichiarazione, ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione [ 456 c.c. ], e inserita nel registro delle successioni conservato nello stesso tribunale [ 52, 53 disp. att. ].
Entro un mese dall’inserzione, la dichiarazione deve essere trascritta, a cura del cancelliere, presso l’ufficio dei registri immobiliari del luogo in cui si è aperta la successione [ 456, 2648 2830 c.c. ].
La dichiarazione deve essere preceduta o seguita dall’inventario, nelle forme prescritte dal codice di procedura civile [ 494 c.c., 769 ss. c.p.c. ].
Se l’inventario è fatto prima della dichiarazione, nel registro deve pure menzionarsi la data in cui esso è stato compiuto.
Se l’inventario è fatto dopo la dichiarazione, l’ufficiale pubblico che lo ha redatto deve, nel termine di un mese, far inserire nel registro l’annotazionedella data in cui esso è stato compiuto [ 495, 511 c.c. ].
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”8″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 16739/2005
In tema di successioni mortis causa l’art. 484 c.c., nel prevedere che l’accettazione con beneficio d’inventario si fa con dichiarazione, preceduta o seguita dalla redazione dell’inventario, delinea una fattispecie a formazione progressiva di cui sono elementi costitutivi entrambi gli adempimenti ivi previsti; infatti, sia la prevista indifferenza della loro successione cronologica, sia la comune configurazione in termini di adempimenti necessari, sia la mancata di una distinta disciplina dei loro effetti, fanno apparire ingiustificata l’attribuzione all’uno dell’autonoma idoneità a dare luogo al beneficio, salvo il successivo suo venir meno, in caso di difetto dell’altro. Ne consegue che, se da un lato la dichiarazione di accettazione con beneficio d’inventario ha una propria immediata efficacia, determinando il definitivo acquisto della qualità di erede da parte del chiamato che subentra perciò in universum ius defuncti compresi i debiti del de cuius d’altro canto essa non incide sulla limitazione della responsabilità intra vires che è condizionata (anche) alla preesistenza o alla tempestiva sopravvenienza dell’inventario,in mancanza del quale l’accettante è considerato erede puro e semplice (artt. 485, 487, 488 c.c.) non perché abbia perduto ex post il beneficio, ma per non averlo mai conseguito. Infatti, le norme che impongono il compimento dell’inventario in determinati termini non ricollegano mai all’inutile decorso del termine stesso un effetto di decadenza ma sanciscono sempre come conseguenza che l’erede viene considerato accettante puro e semplice, mentre la decadenza è chiaramente ricollegata solo ed esclusivamente ad alcune altre condotte,che attengono alla fase della liquidazione e sono quindi necessariamente successive alla redazione dell’inventario. Poiché l’omessa redazione dell’inventario comporta il mancato acquisto del beneficio e non la decadenza dal medesimo, ne consegue che all’erede, il quale agisce contro i terzi non chiamati alla successione, è precluso l’esperimento dell’azione di riduzione, non sussistendo il presupposto al riguardo richiesto dall’art. 564, primo comma, ultima parte, c.c., cioè l’accettazione con beneficio d’inventario.
Cass. civ. n. 2689/1978
Dell’accettazione con beneficio d’inventario, di cui agli artt. 484 e segg. c.c., in quanto diretta ad evitare che il patrimonio del de cuius si confonda con quello del chiamato alla successione ereditaria, e che questi debba rispondere dei debiti ultra vires hereditatis, possono avvalersi esclusivamente gli eredi, e cioè, i soggetti che subirebbero detti effetti in caso di accettazione pura e semplice. La legittimazione ad accettare con beneficio di inventario, pertanto, deve essere negata ai successori a titolo particolare, ivi compreso il coniuge superstite che subentri in una quota d’usufrutto, quale legatario ex lege, ai sensi delle disposizioni del codice civile vigenti prima della riforma del diritto di famiglia di cui alla L. 19 maggio 1975, n. 151, giacché anche per le obbligazioni a suo carico a termini dell’art. 1010 c.c. non è esposto al pericolo di dover rispondere con il patrimonio personale.
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