Art. 460 – Codice civile – Poteri del chiamato prima dell’accettazione

Il chiamato all'eredità può esercitare le azioni possessorie a tutela dei beni ereditari, senza bisogno di materiale apprensione.

Egli inoltre può compiere atti conservativi, di vigilanza e di amministrazione temporanea, e può farsi autorizzare dall'autorità giudiziaria a vendere i beni che non si possono conservare o la cui conservazione importa grave dispendio.

Non può il chiamato compiere gli atti indicati nei commi precedenti, quando si è provveduto alla nomina di un curatore dell'eredità a norma dell'articolo 528.

Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.

Massime correlate

Cass. civ. n. 20878/2020

Per aversi accettazione tacita di eredità non basta che un atto sia compiuto dal chiamato all'eredità con l'implicita volontà di accettarla, ma è altresì necessario che si tratti di atto che egli non avrebbe diritto di porre in essere, se non nella qualità di erede. Pertanto, poiché il pagamento di un debito del "de cuius", che il chiamato all'eredita effettui con danaro proprio, non è un atto dispositivo e, comunque, suscettibile di menomare la consistenza dell'asse ereditario - tale, cioè, che solo l'erede abbia diritto a compiere - ne consegue che rispetto ad esso difetta il secondo dei suddetti requisiti, richiesti in via cumulativa e non disgiuntiva per l'accettazione tacita. (Nella specie, la S.C. ha escluso che il pagamento, ad opera di uno dei chiamati all'eredità, di una sanzione pecuniaria elevata nei confronti del "de cuius", per contravvenzione al codice della strada, potesse intendersi alla stregua di un atto di accettazione tacita, trattandosi di atto meramente conservativo e comunque compatibile, in tesi, con un'ipotesi di adempimento del terzo ex art. 1180 c.c.). (Cassa con rinvio, TRIBUNALE ROMA, 25/05/2016).

Cass. civ. n. 15663/2020

L'atto di accettazione dell'eredità, in applicazione del principio "semel heres semper heres", è irrevocabile e comporta in maniera definitiva l'acquisto della qualità di erede, la quale permane, non solo qualora l'accettante intenda revocare l'atto di accettazione in precedenza posto in essere, ma anche nell'ipotesi in cui questi compia un successivo atto di rinuncia all'eredità. La regola della retroattività della rinuncia deve, infatti, essere riferita alla sola ipotesi in cui nelle more tra l'apertura della successione e la data della rinuncia il chiamato non abbia ancora posto in essere atti idonei ad accettare l'eredità, e non anche al diverso caso in cui nelle more sia intervenuta l'accettazione dell'eredità.

Cass. civ. n. 10060/2018

Poiché l'accettazione tacita dell'eredità può desumersi dall'esplicazione di un'attività personale del chiamato incompatibile con la volontà di rinunciarvi, "id est" con un comportamento tale da presupporre la volontà di accettare l'eredità, essa può legittimamente reputarsi implicita nell'esperimento, da parte del chiamato, di azioni giudiziarie, che - essendo intese alla rivendica o alla difesa della proprietà o ai danni per la mancata disponibilità di beni ereditari - non rientrino negli atti conservativi e di gestione dei beni ereditari consentiti dall'art. 460 c.c., ma travalichino il semplice mantenimento dello stato di fatto quale esistente al momento dell'apertura della successione, e che, quindi, il chiamato non avrebbe diritto di proporle se non presupponendo di voler far propri i diritti successori.

Cass. civ. n. 16814/2018

Nel caso di azione proposta da un soggetto che si qualifichi erede del "de cuius" in virtù di un determinato rapporto parentale o di coniugio, la produzione del certificato dello stato di famiglia è idonea a dimostrare l'allegata relazione familiare e, dunque, la qualità di soggetto che deve ritenersi chiamato all'eredità, ma non anche la qualità di erede, posto che essa deriva dall'accettazione espressa o tacita, non evincibile dal certificato; tuttavia, tale produzione, unitamente alla allegazione della qualità di erede, costituisce una presunzione "iuris tantum" dell'intervenuta accettazione tacita dell'eredità, atteso che l'esercizio dell'azione giudiziale da parte di un soggetto che si deve considerare chiamato all'eredità, e che si proclami erede, va considerato come atto espressivo di siffatta accettazione e, quindi, idoneo a considerare dimostrata la qualità di erede.

Cass. civ. n. 18830/2016

Non possono essere ritenuti atti di accettazione tacita quelli di natura meramente conservativa, che il chiamato può compiere anche prima dell'accettazione ai sensi dell'art. 460 c.c.; la questione si sposta sull'indagine relativa alla esistenza di un comportamento qualificabile in termini di accettazione tacita, che si risolve in un accertamento di fatto riservato al giudice del merito, alla luce delle peculiarità della singola fattispecie, che non è censurabile in sede di legittimità, purché la relativa motivazione risulti immune da vizi logici o da errori di diritto.

Cass. civ. n. 22288/2013

L'accettazione tacita dell'eredità, ai sensi dell'art. 476 c.c., è implicita nell'esperimento, da parte del chiamato, di azioni giudiziarie, che, essendo intese alla divisione previa collazione dei beni ereditari, non rientrano negli atti conservativi e di gestione di detti beni consentiti dall'art. 460 c.c..

Cass. civ. n. 7464/2013

In ipotesi di interruzione del processo per morte di una parte, l'altra parte può operare la riassunzione, entro un anno dalla morte stessa, con notifica fatta collettivamente ed impersonalmente agli eredi del defunto, nell'ultimo domicilio di questo, ai sensi dell'art. 303, secondo comma, cod. proc. civ., comprendendosi in tale ambito il chiamato all'eredità che non abbia ancora accettato, la cui legittimazione deriva sia dalla norma di carattere generale sui poteri del chiamato all'eredità prima dell'accettazione, di cui all'art 460 cod. civ., sia, ove si tratti di eredità devoluta a minori, dall'art 486 cod. civ., secondo il quale il chiamato può stare in giudizio come convenuto per rappresentare l'eredità durante i termini per fare l'inventario e per deliberare.

Cass. civ. n. 263/2013

In tema di successioni "mortis causa", costituisce accettazione tacita dell'eredità l'istanza, avanzata dal chiamato, di voltura di una concessione edilizia già richiesta dal "de cuius", trattandosi di iniziativa che, non rientrando nell'ambito degli atti conservativi e di gestione dei beni ereditari, consentiti prima dell'accettazione dall'art. 460 c.c., travalica il semplice mantenimento dello stato di fatto esistente al momento dell'apertura della successione, e la cui proposizione dimostra, pertanto, l'avvenuta assunzione della qualità di erede.

Cass. civ. n. 3018/2005

L'immissione nel possesso dei beni ereditari non comporta di per sé accettazione dell'eredità, atteso che l'art. 460 c.c. attribuisce al chiamato, in quanto tale, e pertanto anche anteriormente all'accettazione e addirittura senza bisogno della loro materiale apprensione, il potere di esercitare le azioni possessorie a tutela degli stessi beni.

Cass. civ. n. 1741/2005

Il chiamato all'eredità subentra al de cuius nel possesso dei beni ereditari senza la necessità di materiale apprensione, come si desume dall'art. 460 c.c. che lo abilita, anche prima dell'accettazione, alla proposizione delle azioni possessorie a tutela degli stessi, così come l'erede, ex art. 1146 c.c., vi succede con effetto dall'apertura della successione. Ne consegue che, nell'uno e nell'altro caso, instauratasi una situazione di compossesso sui beni ereditari, qualora uno dei coeredi (o dei chiamati) impedisca agli altri di partecipare al godimento di un cespite, trattenendone le chiavi e rifiutandone la consegna di una copia, tale comportamento — che manifesta una pretesa possessoria esclusiva sul bene — va considerato atto di spoglio sanzionabile con l'azione di reintegrazione. (Nella specie la Corte Cass. ha cassato la sentenza di merito che, dopo aver erroneamente qualificato come chiamato all'eredità un coerede che aveva trattenuto le chiavi di un immobile rientrante nell'asse ereditario, aveva escluso che tale comportamento, accompagnato dalla pretesa di possesso esclusivo del bene, costituisse violazione del compossesso dei coeredi, qualificandolo come «ritenzione da godimento esclusivo a titolo di comproprietà per effetto del meccanismo successorio» senza considerare che la ritenzione è una forma eccezionale di autotutela insuscettibile di applicazione analogica fuori dalle ipotesi normativamente previste).

Cass. civ. n. 5597/2003

In tema di imposta sulle successioni, la previgente disciplina di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637 (applicabile ratione temporis), non prevedeva — a differenza di quanto ora dispone l'art. 28, comma quinto, del D.L.vo 31 ottobre 1990, n. 346, per le successioni aperte a partire dall'1 gennaio 1991 — alcun onere a carico del chiamato all'eredità giacente, al fine dell'esonero dall'obbligo della dichiarazione. Pertanto, l'esistenza di una curatela, ai sensi dell'art. 528 c.c., inibiva al chiamato, ex art. 460, terzo comma, del codice medesimo, la presentazione della dichiarazione di successione — da ritenersi atto di natura conservativa —, con conseguente esclusiva legittimazione del curatore al compimento dell'atto medesimo. Ne deriva che, in caso di omessa presentazione della dichiarazione da parte del curatore, è illegittima l'irrogazione della sanzione, prevista dall'art. 50 del citato D.P.R. n. 637 del 1972, a carico del chiamato, soggetto all'epoca non obbligato, in virtù dei principi di legalità e di personalità delle sanzioni amministrative tributarie introdotti dagli artt. 3 e 5 del D.L.vo 18 dicembre 1997, n. 472, ed applicabili ai rapporti non definiti in base alla norma transitoria di cui all'art. 25 del D.L.vo medesimo.

Cass. civ. n. 4991/2002

L'art. 460 c.c. dispone che i chiamati all'eredità possono, in quanto tali, esercitare le azioni possessorie a tutela dei beni ereditari senza bisogno di materiale apprensione degli stessi, obbedendo all'esigenza che, pur nel periodo tra la delazione e l'accettazione, l'eredità non sia lasciata indifesa contro gli spogli e le turbative; conseguentemente, in applicazione di detto principio, possono anche proseguire un giudizio possessorio iniziato dal proprio dante causa.

Cass. civ. n. 2432/1975

La trascrizione di un acquisto fatto dal de cuius, rientra fra gli atti conservativi, consentiti dalla norma dell'art. 460 c.c., al chiamato anche prima dell'accettazione, e quindi ii rappresentante legale dei minori è legittimato, senza bisogno di alcuna autorizzazione, ad esperire un'azione tendente ad ottenere detta trascrizione in base all'accertamento dell'acquisto.