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Art. 2409 — Denunzia al tribunale

Art. 2409 — Denunzia al tribunale

Se vi è fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione che possono arrecare danno alla società o a una o più società controllate, i soci che rappresentano il decimo del capitale sociale o, nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, il ventesimo del capitale sociale possono denunziare i fatti al tribunale [ 2392, 2400 ] con ricorso notificato anche alla società. Lo statuto può prevedere percentuali minori di partecipazione.

Il tribunale, sentiti in camera di consiglio gli amministratori e i sindaci, può ordinare l’ispezione dell’amministrazione della società a spese dei soci richiedenti, subordinandola, se del caso, alla prestazione di una cauzione [ 119 c.p.c. ]. Il provvedimento è reclamabile.

Il tribunale non ordina l’ispezione e sospende per un periodo determinato il procedimento se l’assemblea sostituisce gli amministratori e i sindaci con soggetti di adeguata professionalità, che si attivano senza indugio per accertare se le violazioni sussistono e, in caso positivo, per eliminarle, riferendo al tribunale sugli accertamenti e le attività compiute.

Se le violazioni denunziate sussistono ovvero se gli accertamenti e le attività compiute ai sensi del terzo comma risultano insufficienti alla loro eliminazione, il tribunale può disporre gli opportuni provvedimenti provvisori e convocare l’assemblea [ 2363, 2364, 2364 bis, 2366 ] per le conseguenti deliberazioni. Nei casi più gravi può revocare gli amministratori ed eventualmente anche i sindaci [ 2487 ] e nominare un amministratore giudiziario, determinandone i poteri e la durata.

L’amministratore giudiziario può proporre l’azione di responsabilità contro gli amministratori [ 2393, 2393 bis, 2394, 2394 bis ] e i sindaci [ 2407 ]. Si applica l’ultimo comma dell’articolo 2393.

Prima della scadenza del suo incarico l’amministratore giudiziario rende conto al tribunale che lo ha nominato; convoca e presiede l’assemblea per la nomina dei nuovi amministratori e sindaci o per proporre, se del caso, la messa in liquidazione della società o la sua ammissione ad una procedura concorsuale.

I provvedimenti previsti da questo articolo possono essere adottati anche su richiesta del collegio sindacale, del consiglio di sorveglianza o del comitato per il controllo sulla gestione, nonché, nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, del pubblico ministero; in questi casi le spese per l’ispezione sono a carico della società.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 403/2010

Il procedimento previsto dall’art. 2409 c.c. per il controllo giudiziario della società per azioni non è applicabile alla società a responsabilità limitata, in tal senso deponendo, oltre alla diversità dei connotati attribuiti a tale tipo di società dalla riforma organica di cui al D.L.vo 17 gennaio 2003, n. 6, la formulazione letterale dell’art. 2488 c.c. (nel testo introdotto dal D.L.vo n. 6 cit.) e dell’art. 92 disp. att. c.c., nonchè, per le ipotesi in cui sia obbligatoria la costituzione del collegio sindacale, la genericità del rinvio alla disciplina delle società per azioni contenuto nell’art. 2477 c.c., il quale va pertanto riferito ai soli requisiti professionali ed alle cause di ineleggibilità, incompatibilità e decadenza dei sindaci previste dagli artt. 2397 e ss. c.c., conformemente all’intento manifestato dal legislatore di privatizzare il controllo societario in favore dei singoli soci. L’ordinanza del tribunale, la quale abbia dichiarato inammissibile il ricorso proposto ai sensi dell’art. 2409 c.c., è impugnabile con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. unicamente per la parte della decisione contenente la condanna degli originari istanti alle spese del procedimento.

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Cass. civ. n. 17939/2009

E’ ammissibile il reclamo avverso il decreto, avente natura sostanziale di sentenza, con cui il tribunale abbia negato l’approvazione del conto della gestione dell’amministratore giudiziario, nominato
ex art. 2409 c.c. e poi revocato, se comunque il mezzo sia stato proposto dinanzi alla corte di appello, potendo il reclamo convertirsi in appello, in applicazione del principio di conservazione dettato dall’art. 159, terzo comma, c.p.c. Tale principio – per il quale, ove il vizio di nullità impedisca un determinato effetto, l’atto può produrre gli altri effetti ai quali è idoneo – opera, infatti, allorché l’atto non solo abbia i requisiti di forma e di sostanza dell’atto in cui vien convertito, ma sia stato proposto,come nella specie, dinanzi al giudice competente per il grado di giudizio, dovendosi escludere la conversione dell’atto solo se dall’esame del contenuto del mezzo utilizzato risulti inequivocabilmente la volontà della parte di utilizzare soltanto un mezzo diverso, ancorché inammissibile.

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Cass. civ. n. 22489/2004

Nei provvedimenti sulla denuncia di irregolarità nella gestione di società resi dal tribunale in camera di consiglio a norma dell’art. 2409 c.c., non è proponibile il ricorso per cassazione
ex art.111 Cost. avverso la statuizione sulle spese, perché questa, pur avendo natura decisoria in quanto costitutiva di un rapporto obbligatorio, è tuttavia priva di definitività, essendo parte integrante di un provvedimento assoggettato ad un diverso mezzo di impugnazione, quale il reclamo alla corte d’appello territorialmente competente ai sensi dell’art.739 c.p.c.

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Cass. civ. n. 10989/2004

I provvedimenti resi sulla denunzia di irregolarità nella gestione di una società ex art. 2409 c.c., ancorché comportino la nomina di un ispettore o di un amministratore con la revoca di quello prescelto dall’assemblea, ovvero risolvano questioni inerenti alla regolarità del relativo procedimento, sono privi di decisorietà in quanto, nell’ambito di attribuzioni di volontaria giurisdizione rivolte alla tutela di interessi anche generali ed esercitate senza un vero e proprio contraddittoreo, si risolvono in misure cautelari e provvisorie, coinvolgono diritti soggettivi, ma non statuiscono su di essi a definizione di un conflitto tra parti contrapposte, né hanno attitudine ad acquistare autorità di giudicato sostanziale. Ne consegue che tali provvedimenti non sono impugnabili con ricorso per cassazione ex art. 111 Costituzione, tranne che per la parte in cui rechino condanna alle spese, e tale principio non incontra deroga ove la corte d’appello abbia risolto in senso positivo o negativo le questioni inerenti all’ammissibilità del reclamo, incluse quelle che attengano alla legittimazione ed all’interesse del reclamante, dato che la pronuncia sull’osservanza delle norme che regolano il processo, disciplinando i presupposti, i modi ed i tempi con i quali la domanda può essere portata all’esame del giudice, ha necessariamente la medesima natura dell’atto giurisdizionale per cui il processo è predisposto, di modo che, se tale atto sia privo di decisorietà, non può avere autonoma valenza di provvedimento decisorio.

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Cass. civ. n. 9828/2002

Nel procedimento per il riassetto amministrativo e contabile delle società a responsabilità limitata o per azioni di cui all’art. 2409 c. c., la condanna al pagamento delle spese processuali pronunciata a favore di colui che le abbia anticipate partecipando al procedimento in forza di interessi giuridicamente qualificati dalla sua posizione rispetto alla corretta amministrazione della società, pur non essendo accessoria ad una decisione su diritti soggettivi, né collegabile a comportamenti anteriori al processo, è legittima nella parte in cui si fondi sulla soccombenza processuale dei controinteressati nel contrasto delle posizioni soggettive, anche se non può avere, comunque, ad oggetto le spese di ispezione giudiziale della società, che restano sempre a carico dei denuncianti.

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Cass. civ. n. 6365/2001

In tema di provvedimenti resi sulla denuncia cli irregolaritá nella gestione di una società (art. 2409 c.c.), i decreti della corte d’appello a seguito di reclamo avverso le statuizioni del tribunale non possono essere oggetto di ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., perché essi sono atti di volontaria giurisdizione e non assumono carattere contenzioso neppure quando contengano la revoca degli amministratori o dei sindaci, trattandosi di provvedimenti, disposti nell’interesse della società ad una corretta amministrazione, che si esauriscono in misure cautelare e provvisorie e che, pur coinvolgendo diritti soggettivi, non pronunciando al riguardo per definire un conflitto tra parti contrapposte con attitudine ad acquisire autorità di giudicato sostanziale. È viceversa ammissibile il ricorso per cassazione avverso la parte di detto provvedimento recante la condanna alle spese processuali, atteso che tale statuizione è costitutiva di un rapporto obbligatorio ed è munita dei connotati della pronunzia giurisdizionale idonea ad assumere valore di giudicato.

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Cass. civ. n. 3750/2001

Il procedimento di volontaria giurisdizione instaurato ex art. 2409 c.c. (di carattere non contenzioso anche nel caso in cui l’esito sia la revoca dell’amministratore), benché articolato in due gradi di giudizio, non postula la composizione di contrapposte posizioni di diritto soggettivo, sicché, rispetto al provvedimento che definisca il relativo giudizio, non può legittimamente configurarsi la posizione di «parte soccombente» tenuta al rimborso delle spese a favore di «altra parte» (vittoriosa) a norma dell’art. 91 c.p.c. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso per cassazione avverso il provvedimento conclusivo del menzionato procedimento ex art. 2409 che nulla abbia disposto in merito alle spese.

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Cass. civ. n. 10804/1999

L’oggetto e gli effetti dell’impugnazione di delibera assembleare (nella specie, di delibera di approvazione del bilancio) e del procedimento di cui all’articolo 2409 c.c. sono differenti e solo parzialmente coincidenti; infatti, nella prima si controverte e si decide, all’esito di un processo a cognizione piena ed esauriente concluso con sentenza idonea al giudicato, della rispondenza del bilancio a chiarezza e del rispetto dei principi di verità e correttezza, posti dall’articolo 2423 c.c. e valutati alla stregua dei criteri di cui agli artt. 2523 bis e seguenti dello stesso codice; nel secondo, si accerta sommariamente la fondatezza o meno della denuncia di gravi irregolarità nella gestione della società, nell’interesse esclusivo di quest’ultima, senza statuire definitivamente su diritti soggettivi dei soci o dei terzi; conseguentemente, il giudice dell’impugnazione, seppure può utilizzare per la formazione del suo convincimento le risultanze del procedimento camerale, non può pedissequamente riportarsi agli accertamenti ed alla valutazione in quella sede effettuati per ritenere non veritiero o falso il bilancio e dichiarare la nullità della delibera che lo ha approvato, ma deve procedere ad un accertamento autonomo o comunque ad una valutazione critica degli accertamenti compiuti e dei provvedimenti assunti in sede camerale. (Nella specie, la S.C., in applicazione dei principi esposti, ha cassato con rinvio la sentenza di merito, che si era limitata all’affermazione che il decreto di nomina di un amministratore giudiziario ex art. 2409 c.c. «attestava» la non corrispondenza della contabilità e del bilancio alla situazione reale e che l’attendibilità del bilancio e della relazione erano «inequivocabilmente» inficiati dagli accertamenti effettuati nel procedimento in camera di consiglio).

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Cass. civ. n. 9636/1997

Le spese del procedimento di volontaria giurisdizione, promosso ai sensi dell’art. 2409 c.c. per denunciare irregolarità nella gestione di società, restano a carico del soggetto che abbia assunto la relativa iniziativa, mentre si sottraggono alle regole degli artt. 91 ss. c.p.c., le quali postulano l’identificabilità di una parte vittoriosa e di una parte soccombente in esito alla definizione di un conflitto di tipo contenzioso.

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