10 Gen Art. 1627 — Morte dell’affittuario
Nel caso di morte dell’affittuario, il locatore e gli eredi dell’affittuario possono, entro tre mesi dalla morte, recedere dal contratto [ 1373 ] mediante disdetta comunicata all’altra parte con preavviso di sei mesi [ 1614 ].
Se l’affitto ha per oggetto un fondo rustico, la disdetta ha effetto per la fine dell’anno agrario in corso alla scadenza del termine di preavviso [ 1625 ].
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”8″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 5627/1983
Ai sensi dell’art. 2 della L. 28 marzo 1957, n. 244, che deroga all’art. 1627 c.c., nel caso di morte dell’affittuario coltivatore diretto non avviene il subentro automatico degli eredi, ma chi di essi intende conseguire il beneficio della proroga del contratto deve dimostrare la sussistenza di tutti i requisiti voluti dalla legge, e cioè, oltre la condizione di coniuge o di erede legittimo dell’affittuario defunto, la qualità di coltivatore diretto e quella sua sufficiente forza lavorativa che costituisca almeno un terzo di quella necessaria per le normali esigenze di coltivazione del fondo.
Cass. civ. n. 4964/1983
L’art. 2 della L. 28 marzo 1957, n. 244 — il quale dispone che, in caso di morte dell’affittuario coltivatore diretto, il contratto continua con il coniuge e con gli altri eredi legittimi, sempre che siano coltivatori diretti e dispongano di forza lavorativa costituente almeno un terzo di quella necessaria per le normali esigenze di coltivazione del fondo — è privo di efficacia retroattiva, avendo carattere innovativo, e non interpretativo, rispetto all’art. 1627 c.c., in quanto disciplina in modo del tutto nuovo la materia specifica della morte dell’affittuario coltivatore diretto (diversamente dall’art. 1627 cit., avente oggetto la morte di qualsiasi affittuario, anche se non coltivatore diretto), non solo stabilendo che il rapporto continua con il coniuge e con gli altri eredi legittimi, ma anche introducendo requisiti nuovi, cioè che questi soggetti siano pure essi coltivatori diretti e dispongano della forza lavorativa suindicata.
Cass. civ. n. 3976/1983
Nel caso di decesso del coltivatore diretto, affittuario del fondo rustico, e di subentro degli eredi di costui nella conduzione e coltivazione, il giudizio instaurato dal concedente per la cessazione del rapporto agrario a norma dell’art. 1627 c.c. ha quali litisconsorti necessari soltanto quegli eredi che siano effettivamente subentrati nella conduzione del fondo, senza che di conseguenza sia necessaria, in sede di gravame, l’integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c. nei confronti dell’erede che, ancorché parte nel giudizio di primo grado, non abbia interesse alla controversia per non essere dedito alla detta coltivazione.
Cass. civ. n. 6580/1981
Derogando all’art. 1627 c.c., l’art. 2 della L. 28 marzo 1957, n. 244 (in materia di proroga dei contratti agrari) stabilisce che, «in caso di morte dell’affittuario coltivatore diretto, il contratto continua con il coniuge e con gli altri eredi legittimi, sempreché siano coltivatori diretti e dispongano di forza lavorativa che costituisca almeno un terzo di quella necessaria per le normali esigenze di coltivazione del fondo». Tuttavia, poiché tale norma condiziona il diritto degli eredi dell’affittuario deceduto a prenderne il posto nella conduzione del fondo al possesso del requisito della forza lavorativa nella misura suddetta, qualora nel contratto già facente capo all’affittuario deceduto sia di fatto subentrata soltanto la moglie, comportatasi in concreto per anni come unica titolare del rapporto, è da escludere che, al giudizio contro questa promosso dal concedente al fine di ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento, debbano prendere parte, come litisconsorti necessari, anche i figli della convenuta.
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