16 Mar Art. 319 ter — Corruzione in atti giudiziari
Se i fatti indicati negli articoli 318 e 319 sono commessi per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo, si applica la pena della reclusione da sei a dodici anni.
Se dal fatto deriva l’ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque anni, la pena è della reclusione da sei a quattordici anni; se deriva l’ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o all’ergastolo, la pena è della reclusione da otto a venti anni.
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”12″]
Massime correlate
Cass. pen. n. 40759/2016
Integra il reato di corruzione in atti giudiziari “ex”art. 319-ter cod.pen. la promessa o la dazione di denaro rivolta al teste, e da questi accettata, affinchè con la sua falsa testimonianza favorisca una parte del processo penale. (In motivazione, la Corte ha escluso che tale condotta integri il meno grave reato di intralcio alla giustizia, previsto dall’art.377 cod.pen., che è invece configurabile nel caso in cui l’offerta o la promessa di denaro o di altra utilità, volta al condizionamento delle dichiarazioni dei testimoni, non sia accettata).
Cass. pen. n. 30542/2013
Integra il reato di corruzione in atti giudiziari l’accordo intercorso tra un ispettore del Ministero delle attività produttive, pubblico ufficiale, ed il presidente di un consorzio di cooperative edilizie, finalizzato a formare, in cambio di un corrispettivo in danaro, una relazione ispettiva compiacente rispetto alla sua situazione di difficoltà economica già registrata in precedenti, sfavorevoli relazioni del suo ufficio, al fine di evitarne la declaratoria di fallimento o la liquidazione coatta amministrativa nella pendente procedura giudiziaria, ottenendo con il deposito di tale relazione un rinvio dell’udienza.
Cass. pen. n. 13048/2013
Nel delitto di corruzione in atti giudiziari, non essendo applicabile l’ipotesi di cui all’art. 322 c.p., è configurabile il tentativo, quando sia posta in essere la condotta tipica con atti idonei e non equivoci (l’offerta o la promessa) e l’evento non si verifichi (ad esempio per mancata accettazione).
Cass. pen. n. 10443/2012
In tema di corruzione in atti giudiziari, il direttore sanitario presso una casa circondariale è pubblico ufficiale anche se non legato dall’Amministrazione Penitenziaria da un rapporto di pubblico impiego.
Cass. pen. n. 15208/2010
Ai fini della configurabilità del delitto di cui all’art. 319 ter c.p., è “atto giudiziario”l’atto funzionale ad un procedimento giudiziario, sicché rientra nello stesso anche la deposizione testimoniale resa nell’ambito di un processo penale.
Il delitto di corruzione in atti giudiziari si configura pur quando il denaro o l’utilità siano ricevuti, o di essi sia accettata la promessa, per un atto già compiuto, cosiddetta corruzione susseguente. (Fattispecie relativa a falsa deposizione testimoniale resa nell’ambito di un processo penale).
Il delitto di corruzione si perfeziona alternativamente con l’accettazione della promessa ovvero con la dazione – ricezione dell’utilità, e tuttavia, ove alla promessa faccia seguito la dazione – ricezione, è solo in tale ultimo momento che, approfondendosi l’offesa tipica, il reato viene a consumazione. (Nella specie, relativa a promessa e successiva dazione di somma di denaro mediante il versamento della stessa in un conto societario non intestato all’imputato, il momento consumativo è stato individuato in quello di utilizzazione di fatto della somma quale comportamento da lui tenuto “uti dominus”).
Cass. pen. n. 36323/2009
Ai fini della configurabilità del delitto di corruzione in atti giudiziari rileva la natura dell’atto compiuto, nel senso che lo stesso deve essere funzionale ad un procedimento giudiziario e porsi quale strumento per arrecare un favore o un danno nei confronti di una delle parti di un processo civile, penale o amministrativo. (Fattispecie in cui la funzione giudiziaria si è estrinsecata in favore di una serie di professionisti, e in danno dei creditori e della massa attiva, attraverso una illecita gestione delle procedure concorsuali).
Cass. pen. n. 19143/2009
Integra il reato di corruzione in atti giudiziari (art. 319 ter c.p.) la condotta del medico della direzione sanitaria di una casa circondariale che, dietro il versamento di un corrispettivo, rilasci all’imputato detenuto, ai fini del procedimento previsto dall’art. 299, comma quarto ter c.p.p., un parere sulle sue condizioni di salute, attestando patologie inesistenti. (Nell’affermare tale principio, la Corte ha chiarito che la suddetta certificazione costituisce un atto essenzialmente peritale, che si inserisce per il suo contenuto accertativo, tra gli atti concatenati ed unificati funzionalmente dal concorso nell’emanazione da parte del giudice del provvedimento finale di regolamentazione del regime detentivo)
Cass. pen. n. 39290/2008
Ai fini della configurabilità del delitto di corruzione in atti giudiziari, non tutte le informazioni sugli atti di ufficio assumono carattere segreto o riservato, tali non potendosi ritenere quelle sullo stato dei procedimenti pendenti presso la Corte di cassazione, ed inerenti alla data d’iscrizione dei ricorsi, alla sezione di destinazione, all’ordine di trattazione dei medesimi durante le udienze ed al relativo esito, ovvero quelle che chiunque può legittimamente conoscere consultando la rubrica alfabetica dell’ufficio informazioni e rivolgendosi al personale ivi addetto, o comunque utilizzando direttamente i terminali collegati al sistema informatizzato del registro generale. (Fattispecie relativa alla consegna a terzi di un documento cartaceo di “visualizzazione sintetica del procedimento”da parte di un addetto alla cancelleria, contenente notizie sulla data d’iscrizione dei ricorsi, sulla sezione di destinazione, sull’udienza di trattazione, ecc.).
Cass. pen. n. 35118/2007
Ai fini della configurabilità del delitto di corruzione in atti giudiziari, è da considerare «processo» anche il procedimento che si celebra dinanzi al giudice fallimentare (nella specie procedura di concordato preventivo), in quanto in esso intervengono soggetti portatori di contrapposti interessi e ben può realizzarsi, con particolare pericolosità, quella compravendita della funzione giudiziaria considerata nel suo complessivo svolgimento, che costituisce la condotta incriminata dalla norma di cui all’art. 319 ter c.p. (Fattispecie relativa a procedimento di cautela reale).
Anche la corruzione in atti giudiziari impropria può integrare il delitto previsto dall’art. 319 ter c.p., giusta il richiamo in esso contenuto agli artt. 318 e 319 stesso codice, là dove le utilità economiche costituiscano il prezzo della compravendita della funzione giudiziaria, considerata nel suo complessivo svolgimento, sia trascorso sia futuro.
Cass. pen. n. 25418/2007
Il delitto di corruzione in atti giudiziari può essere realizzato anche nella forma della corruzione c.d. susseguente, ed è indifferente, ai fini della sua configurabilità, che l’atto compiuto sia conforme, o non, ai doveri di ufficio. (Fattispecie relativa a procedimento incidentale de libertate).
Cass. pen. n. 12409/2007
L’ipotesi di tentativo è configurabile nel delitto di corruzione in atti giudiziari previsto dall’art. 319 ter c.p., attesa la natura di questo quale figura autonoma di reato, allorchè sia posta in essere la condotta tipica con atti idonei e non equivoci (l’offerta o la promessa) e l’evento non si verifichi (ad esempio per mancata accettazione). Nell’affermare tale principio la Corte ha considerato non decisiva la mancanza di una figura di reato parallela a quella delineata nell’art. 322 c.p.
Cass. pen. n. 33435/2006
La fattispecie di corruzione in atti giudiziari si caratterizza per essere diretta a un risultato e non è compatibile con l’interesse già soddisfatto su cui è modulato lo schema della corruzione susseguente, perché la disposizione normativa richiede che il fatto sia commesso «per favorire o danneggiare una parte» sicché resta fuori dall’area della tipicità la mera remunerazione di atti già compiuti. (La Corte precisa che la corruzione susseguente con riferimento ad un atto giudiziario rimane comunque sanzionata dalle norme che disciplinano la corruzione ordinaria).
Nel delitto di corruzione in atti giudiziari, per stabilire se la decisione giurisdizionale sia conforme o contraria ai doveri di ufficio deve aversi riguardo non al suo contenuto ma al metodo con cui a essa si perviene, nel senso che il giudice, che riceve da una parte in causa denaro o altra utilità o ne accetta la promessa, rimane inevitabilmente condizionato nei suoi orientamenti valutativi, e la soluzione del caso portato al suo esame, pur accettabile sul piano della formale correttezza giuridica, soffre comunque dell’inquinamento metodologico a monte.
Cass. pen. n. 44971/2005
Il delitto di corruzione in atti giudiziari si perfeziona non solo quando il pubblico ufficiale riceve un’utilità per compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio, ma anche nell’ipotesi in cui accetta una retribuzione o una prestazione patrimoniale per compiere un atto del proprio ufficio; in tal caso l’accertamento del collegamento causale tra l’erogazione dell’utilità diretta ad alterare la dialettica processuale e l’atto del pubblico ufficiale è sufficiente ad integrare il reato, senza che sia necessario verificare se l’atto compiuto fosse o meno legittimo. (Fattispecie in materia di corruzione in atti giudiziari contestata ad un componente di un organo collegiale giurisdizionale).
Cass. pen. n. 13919/2005
È configurabile il reato di corruzione in atti giudiziari nella condotta del giudice delegato ai fallimenti a carico del quale siano state accertate reiterate violazioni dei doveri nell’esecuzione della funzione giudiziaria, anche se non siano individuati singoli fatti corruttivi ma una disponibilità continuativa ad elargire benefici a singoli o a gruppi dietro contropartita economica con danno patrimoniale per i creditori dei fallimenti trattati.
Il delitto di corruzione in atti giudiziari si configura anche nella ripetuta dazione di utilità economiche al giudice delegato ai fallimenti ancorchè talvolta successiva al compimento di atti giudiziari contrari ai doveri del suo ufficio — da parte di singoli professionisti privati in vista di corrispettivi vantaggi patrimoniali costituiti dal conferimento di sempre nuovi incarichi di curatori nelle procedure fallimentari.
Cass. pen. n. 46780/2003
In tema di corruzione, costituiscono “profitto” del reato di cui all’art. 319 ter c.p. i beni legati da un rapporto di pertinenzialità diretta con l’accordo corruttivo. Ne consegue che, in relazione alla corruzione di funzionari di cancelleria ad opera di avvocati al fine di pilotare l’assegnazione di procedure esecutive a giudici – estranei all’accordo illecito – maggiormente propensi a liquidare in misura più elevata i compensi legali, questi ultimi, in quanto determinati nell’ambito del potere discrezionale del magistrato, sono sottratti alla confisca obbligatoria prevista dall’art. 322 ter c.p.
Cass. pen. n. 1425/1998
In tema di corruzione in atti giudiziari, tenuto conto dello scopo della norma incriminatrice, consistente nel garantire che l’attività giudiziaria sia svolta imparzialmente, deve ritenersi che la qualità di «parte» in un processo penale, presa in considerazione dall’art. 319 ter, comma primo, c.p., sia da riconoscere non solo all’imputato ma anche all’indagato e a chi dovrebbe rivestire tale qualità.
Cass. pen. n. 3442/1995
L’art. 319 ter c.p. (Corruzione in atti giudiziari) configura un reato autonomo e non una circostanza aggravante ad effetto speciale rispetto ai delitti di corruzione previsti dagli artt. 318 e 319 c.p. Quanto sopra si ricava dalla circostanza che il legislatore nel citato art. 319 ter ha attribuito alla ipotesi criminosa configurata un proprio titolo di reato nonché dalla considerazione che nel capoverso del suddetto articolo sono previste altre specifiche ipotesi con indicazione di autonome pene. Se dette ipotesi dovessero ritenersi autonome figure di reato, a maggior ragione ciò varrebbe per l’ipotesi base di cui al comma 1; se invece esse dovessero essere ritenute aggravanti di tale ipotesi, ne conseguirebbe ugualmente l’impossibilità di configurare quest’ultima come aggravante, non essendo ipotizzabile l’aggravante di un’aggravante.
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