16 Mar Art. 319 quater — Induzione indebita a dare o promettere utilità
, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da sei anni a dieci anni e sei mesi.
Nei casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione fino a tre anni.
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”12″]
Massime correlate
Cass. pen. n. 17988/2018
In tema di tentativo, l’idoneità degli atti non va valutata con riferimento ad un criterio probabilistico di realizzazione dell’intento delittuoso, bensì in relazione alla possibilità che alla condotta consegua lo scopo che l’agente si propone, configurandosi invece un reato impossibile per inidoneità degli atti, ai sensi dell’art. 49 cod. pen., in presenza di un’inefficienza strutturale e strumentale del mezzo usato che sia assoluta e indipendente da cause estranee ed estrinseche, di modo che l’azione, valutata “ex ante”e in relazione alla sua realizzazione secondo quanto originariamente voluto dall’agente, risulti del tutto priva della capacità di attuare il proposito criminoso. (Fattispecie in tema di induzione indebita a dare o promettere utilità di cui all’art. 319-quater cod. pen.).
Cass. pen. n. 6741/2018
Non è configurabile il concorso del reato di violenza sessuale commesso mediante costrizione della vittima, previsto dal comma primo dell’art. 609 bis cod. pen., con quello di induzione indebita, previsto dall’art. 319 quater cod. pen., essendo logicamente incompatibile la condotta di “costrizione”, di cui alla prima fattispecie, con quella di “induzione”, prevista nella seconda. (Fattispecie di atti sessuali commessi da un componente della commissione per il riconoscimento della protezione internazionale nei confronti di extracomunitari richiedenti asilo politico).
Cass. pen. n. 29713/2017
La riqualificazione, operata dalla Corte di appello in sede di giudizio di rinvio, del delitto di concussione di cui all’art. 317 cod. pen. in quello di indebita induzione previsto dall’art. 319-quater cod. pen., introdotto della legge n. 190 del 2012, non fa venir meno il diritto alla restituzione e al risarcimento del danno a favore di colui che, al momento della commissione del fatto, era da considerarsi persona offesa dal reato, dovendosi riconoscere continuità normativa fra le due fattispecie. (In motivazione, la Corte ha, altresì, affermato che, in tema di risarcimento del danno, non è applicabile la disciplina di cui all’art. 2 cod. pen., ma quella di cui all’art. 11 disp. prel. cod. civ., secondo cui agli effetti civili la legge non dispone che per l’avvenire).
Cass. pen. n. 53436/2016
Il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319 quater c.p.), è configurabile anche in presenza di una condotta ingannevole del soggetto investito di qualifica pubblicistica nei confronti del privato, quando essa sia finalizzata alla falsa rappresentazione non della doverosità della promessa o della dazione (nella quale ipotesi potrebbe configurarsi il reato di truffa), ma a quella dell’esistenza di una situazione costituente il presupposto perché il privato possa convincersi della convenienza per lui di addivenire a detta promessa o dazione. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha escluso che desse luogo alla configurabilità del reato di truffa aggravata anziché di quella del reato di induzione indebita a dare o promettere utilità il fatto che il pubblico ufficiale, appartenente alla guardia di Finanza, avesse prospettato al privato l’avvenuta rilevazione di una grave infrazione fiscale, in realtà inesistente).
Cass. pen. n. 50809/2016
Correttamente viene ritenuto ravvisabile il reato di cui all’art. 319 quater c.p. e non quello di cui all’art. 317 c.p. qualora il pubblico ufficiale solleciti la dazione di danaro o altra utilità in cambio di una condotta dalla quale anche il privato, cui detta sollecitazione venga rivolta, possa trarre vantaggio (principio affermato, nella specie, con riguardo ad un caso in cui il pubblico ufficiale, funzionario dell’agenzia delle entrate, aveva prospettato al privato, come contropartita della sua adesione alla richiesta di danaro, il differimento di accertamenti fiscali che sarebbero stati comunque inevitabili, attesa la tipologia dell’azienda di cui il medesimo privato era titolare).
Cass. pen. n. 35271/2016
Il delitto di induzione indebita a dare o promettere utilità, di cui all’art. 319 quater cod. pen. non integra un reato bilaterale, in quanto le condotte del soggetto pubblico che induce e del privato indotto si perfezionano autonomamente ed in tempi diversi, sicchè il reato si configura in forma tentata nel caso in cui l’evento non si verifichi per la resistenza opposta dal privato alle illecite pressioni del pubblico agente. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto corretta la qualificazione in termini di tentativo l’ipotesi in cui il soggetto passivo aveva denunciato la richiesta di denaro formulata dal pubblico ufficiale, consentendo anche la registrazione del colloquio nel corso del quale la richiesta veniva reiterata).
Cass. pen. n. 32594/2015
Nel delitto di induzione indebita, previsto dall’art. 319 quater cod. pen., introdotto dalla L. n. 190 del 2012, la condotta si configura come persuasione, suggestione, inganno, pressione morale con più tenue valore condizionante – rispetto all’abuso costrittivo tipico del delitto di concussione di cui all’art. 317 cod. pen., come modificato dalla predetta l. n. 190 – della libertà di autodeterminazione del destinatario il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perché motivato dalla prospettiva di conseguire un tornaconto personale, che giustifica la previsione di una sanzione a suo carico. (In applicazione del principio, la Corte ha qualificato come induzione indebita le condotte di un carabiniere che si era fatto consegnare delle somme di danaro, in un caso, dalla persona cui poche ore prima aveva contestato una violazione del codice della strada con sequestro amministrativo del veicolo, ed alla quale aveva prospettato l’opportunità di evitare, in tal modo, ulteriori controlli stradali nella zona; e, nell’altro caso, da un cittadino extracomunitario in attesa del rinnovo del permesso di soggiorno, in cambio del rilascio di una formale dichiarazione di ospitalità sottoscritta da un terzo, al fine di non dare impulso all’attivazione della procedura di espulsione).
Cass. pen. n. 6056/2015
La minaccia di un danno ingiusto del pubblico ufficiale finalizzata a farsi dare o promettere denaro o altra utilità, posta in essere con abuso della qualità o dei poteri, integra il delitto di concussione e non quello di induzione indebita pur quando la persona offesa, cedendo alle pretese dell’agente, consegue anche un vantaggio indebito, sempre che quest’ultimo resti marginale rispetto al danno ingiusto minacciato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che correttamente il giudice di merito avesse ravvisato la sussistenza del delitto di concussione nella condotta di un carabiniere che aveva ottenuto il versamento di ingenti somme di denaro minacciando un imprenditore di far fallire l’impresa, di arrestarlo o comunque di determinargli conseguenze gravemente pregiudizievoli a seguito della morte presso un cantiere di un lavoratore irregolarmente occupato, ma deceduto per cause naturali, ed aveva poi condizionato il corso delle indagini in favore del soggetto minacciato).
Cass. pen. n. 12228/2014
Il tentativo di induzione indebita a dare o promettere utilità si differenzia dall’istigazione alla corruzione attiva di cui all’art. 322, commi terzo e quarto, cod. pen., perché mentre quest’ultima fattispecie si inserisce sempre nell’ottica di instaurare un rapporto paritetico tra i soggetti coinvolti, diretto al mercimonio dei pubblici poteri, la prima presuppone che il funzionario pubblico, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, ponga potenzialmente il suo interlocutore in uno stato di soggezione, avanzando una richiesta perentoria, ripetuta, più insistente e con più elevato grado di pressione psicologica rispetto alla mera sollecitazione, che si concretizza nella proposta di un semplice scambio di favori.
Cass. pen. n. 28431/2013
La concussione per costrizione, quale ora prevista come unica figura di concussione dall’art. 317 c.p., a seguito della creazione della nuova figura di reato di cui all’art. 319 quater c.p. (induzione indebita a dare o promettere utilità), nella quale è stata trasfusa l’ipotesi della concussione per induzione, originariamente compresa nelle previsioni del citato art. 317 c.p., deve ritenersi ravvisabile ogni qual volta il pubblico ufficiale ponga in essere condotte di minaccia o intimidazione, quali concretizzatisi, in genere, nella prospettazione di un male ingiusto che vada ad incidere in misura grave sulla volontà del soggetto passivo, mettendolo di fronte ad una drammatica alternativa e determinandolo, in tal modo, ad effettuare la dazione o la promessa indebite. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che correttamente fosse stata riconosciuta la sussistenza della concussione per costrizione in un caso in cui l’agente, impiegato presso un’agenzia delle entrate, aveva ottenuto la indebita dazione di danaro a fronte della minaccia di una “persecuzione fiscale” alla quale, altrimenti, il soggetto passivo avrebbe potuto essere sottoposto, sulla base di un esposto anonimo relativo ad asserite inadempienze fiscali di cui egli si sarebbe reso responsabile).
Le condotte di costrizione e di induzione – che costituiscono l’elemento oggettivo rispettivamente dei delitti di cui gli artt. 319 quater e 317 c.p., a seguito delle modifiche introdotte dalla l. n. 190 del 2012 – non sono strutturalmente diverse da quelle che integravano la previgente unica fattispecie di concussione e si differenziano in relazione al mezzo usato dal pubblico agente per conseguire la dazione o la promessa di utilità; in particolare, la costrizione consiste in una minaccia o intimidazione, concretantesi in genere nella prospettazione di un male ingiusto, che va ad incidere in misura grave sulla volontà del soggetto passivo, l’induzione, invece, in forme più blande di pressione, caratterizzate da profili di persuasione, suggestione e fraudolenza. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto integrato il delitto di concussione nei confronti di un impiegato dell’agenzia delle entrate che, prospettando al titolare di un’attività commerciale la sottoposizione a controlli fiscali prolungati nel tempo, si era fatto consegnare una somma di denaro).
Cass. pen. n. 28412/2013
La induzione, richiesta per la realizzazione del delitto previsto dall’art. 319 quater c.p., così come introdotto dall’art. 1, comma 75, della legge n. 190 del 2012, non è diversa, sotto il profilo strutturale, da quella che già integrava una delle due possibili condotte del previgente delitto di concussione di cui all’art. 317 c.p. e consiste, quindi, nella condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio che, abusando delle funzioni o della qualità, attraverso le forme più varie di attività persuasiva, di suggestione, anche tacita, o di atti ingannatori, determini taluno, consapevole dell’indebita pretesa, a dare o promettere, a lui o a terzi, denaro o altra utilità.
Cass. pen. n. 21192/2013
Integra la condotta tipica del delitto di induzione indebita prevista dall’art. 319 quater c.p., così come introdotto dall’art. 1, comma 75 della l. n. 190 del 2012, la coazione psicologica, non ricollegabile ad una minaccia, né esplicita né implicita, che derivi dal timore di un ritardo nell’emanazione di un atto discrezionale collegato ad un abuso della qualità di pubblico ufficiale consistente, in particolare, nella deviazione delle regole di correttezza proprie dell’esercizio della pubblica funzione.
Cass. pen. n. 20428/2013
La induzione, richiesta per la realizzazione del delitto previsto dall’art. 319 quater cod. pen. (così come introdotto dall’art. 1, comma 75 della legge n. 190 del 2012), necessita di una pressione psichica posta in essere dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio che si caratterizza, a differenza della costrizione, che integra il delitto di concussione di cui all’art. 317 cod. pen., per la conservazione, da parte del destinatario di essa, di un significativo margine di autodeterminazione o perché la pretesa gli è stata rivolta con un’aggressione più tenue o in maniera solo suggestiva ovvero perché egli è interessato a soddisfare la pretesa del pubblico ufficiale, per conseguire un indebito beneficio. (In applicazione del principio, la Corte ha confermato la condanna per tentata concussione di un agente di polizia che, avendo mostrato ad una prostituta, straniera e priva di permesso di soggiorno, il proprio tesserino, pretendeva che essa salisse in macchina per consumare con lui un rapporto sessuale, prospettando tale soluzione come il modo “per non crearle problemi”).
Cass. pen. n. 17943/2013
Sussiste il delitto di induzione indebita, di cui all’art. 319 quater cod. pen., come introdotto dall’art. 1, comma 75 della legge n. 190 del 2012, quando la minaccia del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio si caratterizza per la prospettazione al privato di un danno giusto, in quanto conforme alla legge o alla particolare disciplina del settore, di guisa che il privato finisca per aderire alla pretesa intimidatoria del soggetto agente per conseguire, in tutto o in parte ovvero in forma diretta o indiretta, un suo personale beneficio o vantaggio. (conf. sent. n. 17944 del 2013, n.m.).
Cass. pen. n. 17285/2013
Il delitto di induzione indebita a dare o promettere utilità, di cui all’art. 319 quater cod. pen., così come introdotto dall’art. 1, comma 75, l. n. 190 del 2012, pur prevedendo la punibilità di due soggetti, non integra un reato bilaterale, in quanto le due condotte del soggetto pubblico che induce e del privato indotto si perfezionano autonomamente ed in tempi, almeno idealmente, diversi. (In applicazione del principio, la Corte ha affermato la continuità normativa fra l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 319 quater cod. pen e quella del precedente art. 317 cod. pen., in quanto il pubblico agente risponde attualmente per la medesima condotta, anche naturalisticamente considerata, punita in precedenza dalla norma incriminatrice della concussione).
La condotta di induzione, richiesta per la configurabilità del delitto di cui all’art. 319 quater cod. pen., così come introdotto dall’art. 1, comma 75, l. n. 190 del 2012, è integrata da un’attività di suggestione, di persuasione o di pressione morale, posta in essere da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio nei confronti del privato, che, avvertibile come illecita da quest’ultimo, non ne condiziona gravemente la libertà di autodeterminazione, rendendo a lui possibile di non accedere alla richiesta di denaro o di altra utilità. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto integrata l’ipotesi di induzione indebita con riferimento ad una richiesta di un funzionario dell’ispettorato provinciale dell’agricoltura, competente ad istruire una pratica per l’ottenimento di contributi comunitari, di pagare una percentuale del contributo per un celere e positivo accoglimento dell’istanza).
Cass. pen. n. 16566/2013
La condotta di induzione, che costituisce l’elemento oggettivo del delitto di cui all’art. 319 quater cod. pen., così come introdotto dall’art. 1, comma 75, l. n. 190 del 2012, consiste in un’attività di persuasione, basata sulla maggiore forza del soggetto con la qualifica pubblica (e, quindi, tale da integrare il “metus pubblicae potestatis”) che, prospettando una conseguenza dannosa derivante dall’applicazione della legge, induca il privato, senza reali spazi contrattuali sull’an, alla promessa o alla dazione della richiesta utilità.
Cass. pen. n. 16154/2013
Ai fini della consumazione del delitto di induzione indebita di cui all’art. 319 quater c.p., come introdotto dall’articolo 1, comma 75 della l. n. 190 del 2012, è sufficiente la promessa di denaro o altra utilità fatta dall’indotto al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio, senza che abbia rilevanza alcuna né la riserva mentale di non adempiere nè l’intendimento di sollecitare l’intervento della polizia giudiziaria affinché la dazione avvenga sotto il suo controllo.
La induzione, richiesta per la realizzazione del delitto previsto dall’art. 319 quater c.p., così come introdotto dall’art. 1, comma 75, della legge n. 190 del 2012, non è diversa, sotto il profilo strutturale, da quella che già integrava una delle due possibili condotte del previgente delitto di concussione di cui all’art. 317 c.p. e consiste, quindi, nella condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio che, abusando delle funzioni o della qualità, attraverso le forme più varie di attività persuasiva, di suggestione, anche tacita, o di atti ingannatori, determini taluno, consapevole dell’indebita pretesa e non indotto in errore dalla condotta persuasiva svolta dal pubblico agente, a dare o promettere, a lui o a terzi, denaro o altra utilità. (In motivazione, la Corte ha evidenziato che la prospettazione di conseguenze sfavorevoli da parte del pubblico agente per ottenere l’indebita promessa o pagamento può essere considerato un indice sintomatico della induzione indebita).
Cass. pen. n. 13047/2013
È consumato il delitto di indebita induzione, di cui all’art. 319 quater c.p., quando dopo aver promesso il pagamento di una somma di denaro, si sollecita l’intervento della polizia giudiziaria affinché l’effettiva dazione avvenga sotto il controllo della stessa.
Cass. pen. n. 12388/2013
La fattispecie di cui all’art. 319 quater c.p., come introdotta dall’art. 1, comma 75 della legge n. 190 del 2012, si pone in termini di continuità normativa rispetto alla precedente fattispecie concussiva per induzione, essendo stata, nella nuova norma, descritta in termini identici la condotta del pubblico ufficiale.
Cass. pen. n. 11794/2013
La induzione, richiesta per la realizzazione del delitto previsto dall’art. 319 quater c.p. (così come introdotto dall’art. 1, comma 75 della legge n. 190 del 2012), necessita di una pressione psichica posta in essere dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio che si caratterizza, a differenza della costrizione, che integra il delitto di concussione di cui all’art. 317 c.p., per la conservazione, da parte del destinatario di essa, di un significativo margine di autodeterminazione o perché la pretesa gli è stata rivolta con un’aggressione più tenue e/o in maniera solo suggestiva ovvero perché egli è interessato a soddisfare la pretesa del pubblico ufficiale, per conseguire un indebito beneficio.
Cass. pen. n. 11792/2013
La fattispecie di cui all’art. 319 quater c.p., come introdotta dall’art. 1, comma 75 della legge n. 190 del 2012, pur caratterizzandosi come reato bilaterale che punisce anche il destinatario dell’induzione, si pone in termini di continuità normativa rispetto alla precedente ipotesi di concussione per induzione, in quanto restano identici gli elementi costitutivi del delitto, con riferimento alla posizione del pubblico funzionario.
Cass. pen. n. 8695/2013
La induzione, richiesta per la realizzazione del delitto previsto dall’art. 319 quater c.p., così come introdotto dall’art. 1, comma 75, della legge n. 190 del 2012, non è diversa, sotto il profilo strutturale, da quella che già integrava una delle due possibili condotte del previgente delitto di concussione di cui all’art. 317 c.p. e consiste, quindi, nella condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio che, abusando delle funzioni o della qualità, attraverso le forme più varie di attività persuasiva, di suggestione, anche tacita, o di atti ingannatori, determini taluno, consapevole dell’indebita pretesa, a dare o promettere, a lui o a terzi, denaro o altra utilità.
Cass. pen. n. 7495/2013
L’induzione, che costituisce l’elemento oggettivo della fattispecie di cui all’art. 319 quater c.p., così come introdotta dall’art. 1, comma 75, legge 6 novembre 2012, n. 190, sussiste quando, in assenza di qualsivoglia minaccia, vengano prospettate, da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, conseguenze sfavorevoli derivanti dall’applicazione della legge, per ottenere il pagamento o la promessa indebita di denaro o altra utilità. (In motivazione, la Corte ha evidenziato che la prospettazione di un male che non si palesa come ingiusto per chi lo subisce giustifica la punizione del soggetto indotto).
Cass. pen. n. 16154/2003
Il reato previsto dall’art. 319 quater c.p., introdotto dalla legge 6 novembre 2012 n. 190 (induzione indebita, da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, a dare o promettere utilità), richiede, al pari di quello previsto dall’art. 317 c.p. (concussione), tanto nella formulazione introdotta dalla stessa legge n. 190/2012 quanto in quella preesistente, che il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio abbia agito con abuso della sua qualità o dei suoi poteri e quindi profittando, quali che siano le specifiche modalità della condotta, dello stato di difficoltà e di soggezione in cui si trova il privato; condizione, questa, in difetto della quale, può ravvisarsi soltanto il reato di istigazione alla corruzione previsto dall’art. 322, commi terzo e quarto, c. p., qualora vi sia stata una sollecitazione non accolta, ovvero quello di corruzione, qualora la sollecitazione sia stata invece accolta. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte, in un caso in cui l’imputato, all’esito del giudizio di merito, era stato dichiarato responsabile del reato di cui all’art. 317 c.p., nella formulazione all’epoca vigente, perché, con abuso della sua qualità di funzionario dell’azienda municipalizzata di distribuzione dell’acqua potabile, aveva indotto un utente a versargli una somma di danaro in cambio della riduzione dell’importo di una bolletta che allo stesso utente era apparsa esosa e tale da metterlo in difficoltà, ha ritenuto che fosse, nella fattispecie, applicabile, la nuova figura di reato prevista dall’art. 319 quater c.p., sussistendo, sulla base della suindicata interpretazione, anche il requisito della c.d. “continuità normativa”).
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