Art. 296 – Codice di procedura penale – Latitanza
1. È latitante chi volontariamente si sottrae alla custodia cautelare [285, 286], agli arresti domiciliari [284], al divieto di espatrio [281], all'obbligo di dimora [283] o a un ordine con cui si dispone la carcerazione [656].
2. La latitanza è dichiarata con decreto motivato. Se la dichiarazione consegue alla mancata esecuzione di un'ordinanza applicativa di misure cautelari, nel decreto sono indicati gli elementi che dimostrano l'effettiva conoscenza della misura e la volontà di sottrarvisi. Con il provvedimento che dichiara la latitanza, il giudice designa un difensore di ufficio al latitante che ne sia privo e ordina che sia depositata in cancelleria copia dell'ordinanza con la quale è stata disposta la misura rimasta ineseguita. Avviso del deposito è notificato al difensore..
3. Gli effetti processuali conseguenti alla latitanza operano soltanto nel procedimento penale nel quale essa è stata dichiarata.
4. La qualità di latitante permane fino a che il provvedimento che vi ha dato causa sia stato revocato a norma dell'articolo 299 o abbia altrimenti perso efficacia ovvero siano estinti il reato [150-170 c.p.] o la pena [171-181 c.p.] per cui il provvedimento è stato emesso.
4-bis. Quando il provvedimento che ha dato causa alla dichiarazione di latitanza è eseguito, se il processo è in corso, all'imputato è comunicata la data dell'udienza successiva.
5. Al latitante per ogni effetto è equiparato l'evaso [385 c.p.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 25943/2024
In sede di incidente di esecuzione può essere dedotta la questione della validità del decreto di latitanza, all'esclusivo fine di contestare la validità della notifica dell'estratto contumaciale e, conseguentemente, l'avvenuta formazione del titolo esecutivo.
Cass. civ. n. 25935/2024
In tema di impugnazioni, l'art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., in virtù del quale il difensore deve depositare, a pena di inammissibilità, lo specifico mandato ad impugnare contenente la dichiarazione o elezione di domicilio, si applica anche all'imputato assente che sia stato dichiarato latitante, non essendo configurabile alcuna compressione del diritto di difesa, poiché il latitante non è giuridicamente impossibilitato a mantenere contatti con il proprio difensore al fine di concordare le strategie difensive.
Cass. civ. n. 23425/2024
La domanda giudiziale è idonea ad impedire la decadenza di un diritto non in quanto manifestazione di volontà sostanziale, ma in quanto atto d'impulso di un rapporto processuale volto ad ottenere l'effettivo intervento del giudice, di talché, qualora il rapporto processuale venga meno senza che si pervenga alla decisione di merito (nella specie, in ragione della pronunzia di improcedibilità del ricorso), il diritto non è sottratto alla maturazione della decadenza, non essendo applicabile, ai sensi dell'art. 2964 c.c., la disciplina dell'effetto interruttivo della prescrizione.
Cass. civ. n. 14569/2024
In tema di contratto di appalto, la decadenza del committente dall'azione di garanzia per i vizi e difformità dell'opera, prevista dall'art. 1667 c.c., non è rilevabile d'ufficio, pertanto la relativa eccezione deve essere proposta dal convenuto ai sensi dell'art. 167 c.p.c., a pena di decadenza, nella comparsa di risposta da depositarsi almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione.
Cass. civ. n. 12901/2024
In tema di rapporti tra giudizio civile risarcitorio e giudizio penale, l'efficacia probatoria della sentenza penale dibattimentale di condanna passata in giudicato non è circoscritta all'interno dei limiti oggettivi del giudicato penale di condanna, segnati dall'art. 651 c.p.p., attinenti alla sussistenza del fatto materiale, alla sua illiceità penale ed alla sua ascrivibilità all'imputato, potendo il giudice civile utilizzare le prove assunte nel processo penale, delle quali la sentenza ivi pronunciata costituisce documentazione, ai fini dell'autonomo accertamento degli ulteriori elementi costitutivi dell'illecito civile sui quali egli è chiamato ad indagare, con particolare riferimento al nesso causale, al danno risarcibile e all'elemento soggettivo civilistico.
Cass. civ. n. 3760/2024
La natura perentoria di un termine fissato per l'esercizio di un diritto, non espressamente prevista dalla legge, può desumersi anche in via interpretativa, purché la legge stessa autorizzi tale interpretazione, comminando, sia pure implicitamente, ma in modo univoco, la perdita del diritto in caso di mancata osservanza del termine di cui si tratta. (In applicazione del principio, le Sezioni Unite hanno confermato la decisione del TSAP che aveva escluso la natura perentoria del termine di tre mesi decorrente dalla data di entrata in vigore della legge della regione Lombardia, per la denuncia delle opere esistenti non autorizzate, in materia di costruzione ed esercizio degli sbarramenti di ritenuta e dei bacini di accumulo).
Cass. civ. n. 2028/2024
In tema di sospensione del processo a seguito di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, il dies a quo del termine per la riassunzione del giudizio deve essere diversamente individuato nelle ipotesi di sospensione necessaria e di sospensione anomala del giudizio: nel primo caso - relativo al giudizio da cui è promanato l'incidente di costituzionalità -, esso è rappresentato dal giorno in cui avviene la comunicazione alla parte, ad opera della cancelleria del giudice che ha disposto la sospensione, della pronuncia della Corte costituzionale che ha definito la questione di legittimità costituzionalità ad essa rimessa, mentre, nel secondo caso - di pendenza di un giudizio di legittimità costituzionale sulla disciplina applicabile nella causa a seguito di questione sollevata da altro giudice -, esso è rappresentato dal giorno di pubblicazione della predetta pronuncia nella Gazzetta Ufficiale.
Cass. civ. n. 46380/2023
L'ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare per complessità, adottata ai sensi dell'art. 304, comma 2, cod. proc. pen., non spiega i suoi effetti nei confronti dell'imputato libero, perché scarcerato per decorrenza dei termini di custodia in forza di provvedimento in seguito annullato dalla Corte di cassazione. (In motivazione la Corte ha precisato che non può configurarsi un interesse concreto ed attuale da parte di tale imputato ad impugnare la sospensione, in mancanza del ripristino della misura e della adozione di un provvedimento sospensivo "ex novo").
Cass. civ. n. 38953/2023
Le misure cautelari personali in corso di esecuzione, ivi comprese quelle disposte nei confronti di soggetto dichiarato latitante a seguito dell'evasione dagli arresti domiciliari, se emesse per reati commessi antecedentemente all'entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 e per effetto dello stesso divenuti perseguibili a querela, conservano ultrattività ex art. 85 d.lgs. citato, in attesa della presentazione della querela, fino a venti giorni dall'entrata in vigore del decreto medesimo, e perdono efficacia decorso inutilmente tale termine.
Cass. civ. n. 37154/2023
È inapplicabile l'esimente di cui all'art. 384, comma primo, cod. pen. alla condotta di favoreggiamento personale aggravato ai sensi dell'art. 416-bis.1 cod. pen. realizzata dalla moglie di soggetto latitante il quale rivesta una posizione apicale all'interno di un gruppo criminale mafioso, ove caratterizzata da una generalizzata, preventiva e continuativa messa a disposizione (nella specie, mediante appoggi logistici e la fornitura di veicoli "bonificati" da microspie per gli spostamenti, schede telefoniche, denaro) volta ad eludere le ricerche dell'autorità giudiziaria, trattandosi di condotta non necessitata né riconducibile ai soli rapporti affettivo-familiari.
Cass. civ. n. 30561/2023
L'azione di ripetizione di contributi Inps proposta dal datore di lavoro è assoggettata alla decadenza quinquennale ex art. 8 d.P.R. n. 818 del 1957, che è rilevabile d'ufficio, ai sensi dell'art. 2969 c.c., a tutela del beneficiario della contribuzione, la cui situazione, anche in presenza di versamenti indebiti emersi dopo un determinato lasso di tempo, va salvaguardata con l'intangibilità della relativa posizione.
Cass. civ. n. 24888/2023
In tema di adozione di maggiorenni, l'art. 311, comma 1, c.c., nel richiedere il necessario consenso dell'adottante, da prestarsi dinanzi al presidente del Tribunale, configura tale manifestazione di volontà come atto personalissimo, cosicché, ove intervenga il decesso dell'adottante prima che detto incombente abbia avuto luogo, l'adozione non può essere pronunciata e, se pronunciata, deve ritenersi affetta da nullità.
Cass. civ. n. 22518/2023
Per il computo del termine di decadenza dall'impugnazione ex art. 327 c.p.c., si osserva, a norma degli artt. 155, comma 2, c.p.c. e 2963, comma 4, c.c., il sistema della computazione civile, non "ex numero" bensì "ex nominatione dierum", sicché il termine scade nell'ultimo istante del giorno del mese corrispondente a quello in cui il fatto si è verificato, dovendosi considerare il giorno del mese iniziale quale riferimento per determinare il giorno di scadenza. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione, poiché la sentenza d'appello, non notificata, era stata pubblicata il 5 ottobre 2017 ed il termine semestrale era scaduto alle ore 23:59:59 del 5 aprile 2018, mentre il ricorso era stato notificato, a mezzo p.e.c., il 6 aprile 2018, come risultante dalla ricevuta di accettazione, e, quindi, tardivamente).
Cass. civ. n. 20242/2023
L'eccezione di prescrizione può essere proposta in via surrogatoria, ai sensi dell'art. 2939 c.c., dagli aventi causa del debitore, anche in caso di prescrizione presuntiva, poiché essa, al pari di quella estintiva, mira a mantenere la garanzia patrimoniale del creditore, paralizzando una pretesa nei confronti del debitore, ed essendo astrattamente deferibile il giuramento decisorio anche nei confronti del terzo surrogante, il quale, con la surroga, viene messo nella condizione di disporre del diritto che il debitore non esercita.
Cass. pen. n. 43962/2013
Ai fini dell'accertamento della volontarietà della sottrazione ad un provvedimento restrittivo della libertà personale, che costituisce il presupposto psicologico della declaratoria di latitanza, non occorre dimostrare la conoscenza della avvenuta emissione di tale provvedimento, ma è sufficiente che l'interessato si ponga in condizioni di irreperibilità, sapendo che quel provvedimento può essere emesso.
Cass. pen. n. 3032/2008
Ai fini della decorrenza del termine per presentare richiesta di riesame avverso un'ordinanza cautelare, l'arresto ai fini estradizionali eseguito su ordine del giudice estero non è assimilabile all'esecuzione della misura disposta dal giudice italiano. Pertanto nell'ipotesi del latitante arrestato all'estero, il suddetto termine inizia a decorrere dal momento in cui allo stesso, una volta estradato, viene notificata nel territorio nazionale l'ordinanza applicativa della misura cautelare.
Cass. pen. n. 35767/2007
La sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, in pendenza dei termini per il deposito della motivazione della sentenza, opera nei confronti della situazione processuale obiettivamente considerata ed esplica, pertanto, i suoi effetti nei confronti di tutti coloro che vi sono sottoposti, sia degli imputati già detenuti nel corso del giudizio, sia di quelli che, giudicati in stato di latitanza o di libertà, siano sottoposti a misura cautelare dopo la lettura del dispositivo.
Cass. pen. n. 1382/2006
In tema di titolo esecutivo, la notifica dell'estratto della sentenza contumaciale è validamente effettuata al difensore di fiducia, qualora, in fase dibattimentale, nei confronti dell'imputato latitante sia stato erroneamente emesso il decreto di irreperibilità anziché il provvedimento dichiarativo dello stato di latitanza ai sensi dell'art. 296 c.p.p. (In motivazione la Corte osserva che le notifiche devono essere eseguite a mani del difensore sia in caso di irreperibilità che di latitanza e che in entrambi i casi l'imputato è rappresentato a tutti gli effetti dal difensore a norma degli artt. 159, comma secondo, e 165, comma terzo, c.p.p.).
Cass. pen. n. 10367/2004
In tema di liquidazione del compenso al difensore di ufficio, la disciplina prevista a favore del professionista nominato all'imputato irreperibile, che gli consente di rivolgersi direttamente al giudice, secondo le regole dettate per il patrocinio dei non abbienti, esonerandolo dall'onere di esperire previamente le procedure di recupero del credito, si applica anche nel caso di imputato latitante, in quanto la dichiarazione di latitanza presuppone le vane ricerche, ad opera della polizia giudiziaria, della persona colpita da misura cautelare personale, e tale situazione è assimilabile, ai fini della possibilità di azionare utilmente quelle procedure, alla condizione di irreperibilità.
Cass. pen. n. 21035/2003
L'arresto dell'imputato all'estero nell'ambito di una procedura estradizionale o per altra causa comporta la cessazione dello stato di latitanza.
Cass. pen. n. 33283/2002
Lo stato di latitanza dell'imputato, quando si risolve in un negativo comportamento processuale, può essere valutato dal giudice che può tenerne conto ai fini dell'applicazione ovvero della misura dell'incidenza delle circostanze attenuanti generiche.
Cass. pen. n. 31253/2002
Lo stato di latitanza viene meno, oltre che per le cause previste dall'art. 296, comma 4, c.p.p., soltanto con la cattura o la costituzione spontanea in Italia ovvero con l'arresto dell'imputato all'estero a fini estradizionali, in relazione al reato per il quale si procede, poiché in questo modo l'imputato viene a trovarsi anche nella disponibilità dell'autorità giudiziaria italiana.
Cass. pen. n. 283/2000
Il provvedimento dichiarativo della latitanza ha carattere strumentale, in funzione del perseguimento di ben precise finalità; ne consegue che non avrebbe senso una dichiarazione di latitanza fine a sé stessa, avulsa dalle esigenze di rispetto delle garanzie di legge, in relazione sia alla sussidiaria procedura notificatoria che al conferimento al difensore della rappresentanza del condannato. Dall'interpretazione dell'art. 296 c.p.p. si ricavano due distinti profili della disciplina della latitanza: uno sostanziale, afferente alla qualità del latitante, connessa alla consapevole sottrazione ad una delle misure previste nel primo comma (compreso l'ordine di carcerazione), ed un profilo formale, inerente alla mera declaratoria di quella condizione, i cui effetti processuali sono previsti per il solo latitante rispetto ad una misura custodiale e non già per il latitante rispetto ad una sentenza definitiva, per il quale il legislatore non ha previsto, neppure nell'art. 656 c.p.p., relativo all'esecuzione delle pene detentive, alcun riferimento alla disciplina del decreto di latinanza, posto che in questo secondo caso è da ritenere sufficiente che lo stato di latitanza risulti dal verbale di vane ricerche. (Nella fattispecie la Corte ha rigettato il ricorso avverso il provvedimento con cui il Tribunale, in qualità di giudice dell'esecuzione, aveva respinto la richiesta del P.M. di dichiarazione di latitanza per il condannato che si sottrae all'ordine di carcerazione).
Cass. pen. n. 4666/1999
L'ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare che, a norma dell'art. 304, comma 2, c.p.p., riconosca in via generale la particolare complessità del dibattimento, opera anche nei confronti del latitante, impedendo che il suo successivo arresto faccia iniziare il decorso dei termini di cui all'art. 303 c.p.p. fino a quando non venga a cessare la causa di sospensione e salvi, ovviamente, i limiti di cui al comma 6 del medesimo art. 304 c.p.p. D'altra parte, ove così non fosse, la persona volontariamente sottrattasi alla esecuzione del provvedimento coercitivo verrebbe ad essere paradossalmente favorita rispetto a coloro nei cui confronti il provvedimento sia stato invece eseguito.
Cass. pen. n. 2978/1992
Alla stregua del principio sulla tassatività e tipicità dei mezzi di impugnazione stabilito dall'art. 568, comma primo, c.p.p. si devono ritenere non impugnabili tutti quei provvedimenti per i quali non è previsto uno specifico gravame: e tale è, appunto, il decreto motivato previsto dall'art. 415, comma secondo, c.p.p. contro il quale tale norma non ha previsto alcun mezzo di gravame. (Fattispecie in cui il giudice, nell'autorizzare la prosecuzione delle indagini contro ignoti, aveva fissato un termine per l'esecuzione delle stesse, nonostante una tale facoltà non sia prevista dall'art. 415 c.p.p.; la Cassazione ha escluso l'impugnabilità del relativo provvedimento sulla scorta del principio di cui in massima ed ha altresì negato che lo stesso potesse essere ritenuto ricorribile per cassazione quale provvedimento abnorme, osservando che la fissazione del termine suddetto non rendeva il provvedimento abnorme ma solo illegittimo).
Il provvedimento che dichiara la latitanza presuppone il verbale di vane ricerche, che la polizia giudiziaria redige a seguito della mancata esecuzione dell'ordinanza di custodia cautelare, indicando in modo specifico le indagini svolte nei luoghi nei quali si presume che l'imputato possa trovarsi, senza essere vincolata, quanto ai luoghi di ricerca, dai criteri indicati in tema di irreperibilità. Sulla base di tale verbale il giudice dichiara lo stato di latitanza, qualora ritenga esaurienti le ricerche eseguite, salvo integrazioni, come si evince dall'ultimo comma dell'art. 295 c.p.p., compiendo una valutazione ispirata ad un criterio - rebus sic stantibus - di certezza, cioè con riferimento alla situazione concreta accertata in quel momento, senza che possano avere rilevanza, ai fini della legittimità del provvedimento, e quindi delle notificazioni in virtù di questo eseguite, le eventuali informazioni successivamente pervenute.