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Art. 587 — Testamento

Art. 587 — Testamento

Il testamento è un atto revocabile [ 679 ss. c.c. ] con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse.

Le disposizioni di carattere non patrimoniale, che la legge consente siano contenute in un testamento, hanno efficacia, se contenute in un atto che ha la forma del testamento [ 601 c.c. ], anche se manchino disposizioni di carattere patrimoniale.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 10075/2018

Nell’interpretazione del testamento, la volontà del testatore deve essere ricostruita privilegiando gli elementi intrinseci alla scheda testamentaria, sulla base dell’esame globale della stessa, potendosi ricorrere a elementi estrinseci – quali ad esempio la personalità, la condizione sociale e l’ambiente di vita del testatore – solo in via sussidiaria, ove dal testo dell’atto non emerga con certezza l’effettiva intenzione del “de cuius”.

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Cass. civ. n. 1993/2016

L’atto contenente disposizioni di carattere esclusivamente non patrimoniale può essere qualificato alla stregua di un testamento purché di questo abbia contenuto, forma e funzione, la quale ultima, in particolare, consiste nell’esercizio, da parte dell’autore, del proprio generale potere di disporre “mortis causa”. (Nella specie, la S.C. ha escluso la ricorrenza di un testamento olografo in una scrittura privata contenente il riconoscimento di figlio naturale, non evincendosi univocamente da essa la volontà del “de cuius” di determinare l’effetto accertativo della filiazione dopo la propria morte).

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Cass. civ. n. 15931/2015

In tema di interpretazione di un testamento, la volontà del testatore, alla stregua del principio generale di ermeneutica di cui all’art. 1362 c.c., va individuata sulla base dell’esame globale della scheda testamentaria e non di ciascuna singola disposizione, sicché il giudice di merito può attribuire alle parole usate dal testatore un significato diverso da quello tecnico e letterale, purché non contrastante e antitetico. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto corretta la motivazione del giudice di merito secondo cui l’espressione “somma”, utilizzata dal testatore, dovesse intendersi nel significato proprio di “somma di denaro”, e la generica dichiarazione di revoca espressa delle precedenti disposizioni dovesse ritenersi circoscritta alla sola frazione mobiliare del patrimonio del “de cuius”).

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Cass. civ. n. 150/2014

Perché un atto costituisca manifestazione di ultima volontà, riconducibile ai negozi “mortis causa”, non è necessario che il dichiarante faccia espresso riferimento alla sua morte ed all’intento di disporre dei suoi beni dopo la sua scomparsa, essendo sufficiente che lo scritto sia espressione di una volontà definitiva dell’autore, compiutamente e incondizionatamente manifestata allo scopo di disporre attualmente dei suoi beni, in tutto o in parte, per il tempo successivo alla propria morte. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha respinto il ricorso avverso la decisione di merito che aveva qualificato come testamento olografo un biglietto autografo del “de cuius” recante la clausola “nessuno faccia osservazione a questo biglietto essendo scritto di sua propria mano”).

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Cass. civ. n. 6449/2008

Ai fini dell’attuazione delle disposizioni testamentarie, occorre far riferimento alla situazione patrimoniale esistente al momento dell’apertura della successione, ben potendo il testatore disporre anche di beni che non gli appartengono al momento della redazione del testamento ma rientranti nel suo patrimonio al momento della sua morte.

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Cass. civ. n. 20204/2005

In tema di interpretazione del testamento,qualora dall’indagine di fatto riservata al giudice di merito risulti già chiara,in base al contenuto dell’atto, la volontà del testatore, non è consentito — alla stregua del primario criterio ermeneutico della letteralità — il ricorso ad elementi tratti aliunde ed estranei alla scheda testamentaria.

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Cass. civ. n. 15130/2005

In tema di interpretazione del testamento,al fine di stabilire se sia stata prevista l’attribuzione separata e simultanea a soggetti diversi della nuda proprietà e dell’usufrutto dei beni ereditari ovvero se sia configurabile la sostituzione fedecommissaria di colui che, essendo stato designato erede universale, sia obbligato — in virtú di una duplice chiamata secondo un ordine successivo — a conservare e restituire alla propria morte i beni a favore del sostituito, al quale viene trasmesso il medesimo diritto attribuito all’istituito, l’indagine non può limitarsi a valorizzare esclusivamente l’espressione «vita natural durante» usata dal testatore con riferimento alla disposizione a favore di uno dei soggetti onorati; infatti, la durata della vita del beneficiario assume rilievo sia nel caso in cui sia attribuito il diritto di usufrutto, sia nell’ipotesi in cui venga conferito il diritto di proprietà piena a favore dell’istituito nella sostituzione fedecommissaria, atteso che la durata della vita dell’usufruttuario costituisce la misura temporale del diritto reale conferito ed è al termine della vita dell’onorato che diventa operante la chiamata dei sostituiti nella sostituzione fedecommissaria.

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Cass. civ. n. 7422/2005

L’interpretazione della volontà del testatore espressa nella scheda testamentaria, risolvendosi in un accertamento di fatto demandato al giudice di merito, è compito esclusivo di questo, nel senso che a lui è riservata la scelta e la valutazione degli elementi di giudizio più idonei a ricostruire la predetta volontà, potendo egli avvalersi in tale attività interpretativa, ovviamente con opportuni adattamenti per la particolare natura dell’atto, delle stesse regole ermeneutiche di cui all’art. 1362 c.c.; con la conseguenza che, se siffatta operazione è compiuta nel rispetto del predette regole e se le conclusioni che vengono tratte sono aderenti alle risultanze processuali e sorrette da logica e convincente motivazione, il giudizio formulato in quella sede non è sindacabile in sede di legittimità.

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Cass. civ. n. 14548/2004

Nell’interpretazione di una scheda testamentaria, da condurre essenzialmente sulla base del dato testuale, possono legittimamente assumere rilievo anche elementi estrinseci (purchè riferibili al testatore), quali, ad esempio, il grado di cultura del de cuius atteso che l’interpretazione degli atti di ultima volontà è sempre caratterizzata, rispetto all’ermeneutica contrattuale, da una più intensa ricerca della volontà concreta e da un più frequente ricorso all’integrazione con elementi estrinseci ad essi, sicchè l’identificazione della persona onorata dalla disposizione testamentaria, fatta dal testatore in modo impreciso ed incompleto, non rende nulla la disposizione stessa quando, dal contesto del testamento o altrimenti, sia possibile determinare, in modo serio e senza possibilità di equivoci, il soggetto che il testatore ha voluto beneficiare.

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Cass. civ. n. 3939/2001

L’esistenza o meno di un patrimonio nella disponibilità del de cuius non incide sulla validità del testamento non essendo prescritta detta condizione da alcuna norma di legge. Peraltro, di tale patrimonio possono far parte non solo i beni che appartengono al testatore al momento della morte, ma anche l’eventuale diritto di veder riconosciuta la proprietà su beni che apparentemente appartengono ad altri, nel qual caso l’erede istituito è legittimato a proporre tutte le azioni che avrebbe potuto iniziare il suo dante causa per conseguire la proprietà contestata, nonché a coltivare tutte le azioni che quest’ultimo aveva già proposto.

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Cass. civ. n. 12861/1993

L’interpretazione del testamento è caratterizzata, rispetto a quella contrattuale, da una più penetrante ricerca, al di là della mera dichiarazione, della volontà del testatore, la quale, alla stregua delle regole ermeneutiche di cui all’art. 1362 c.c. (applicabili, con gli opportuni adattamenti, anche in materia testamentaria), va individuata sulla base dell’esame globale della scheda testamentaria, con riferimento, essenzialmente casi dubbi, anche ad elementi estrinseci della cheda, come la cultura, la mentalità e l’ambiente i vita del testatore. Ne deriva che il giudice di ferito può attribuire alle parole usate dal testatore un significato diverso da quello tecnico letterale, quando si manifesti evidente, nella valutazione complessiva dell’atto, che esse siano state adoperate in senso diverso, purché non contrastante ed antitetico, e si prestino ad esprimere, in modo più adeguato e coerente, la reale intenzione del de cuius (nel ribadire tali principi, la S.C. ha annullato la decisione di merito che, in relazione ad un’istituzione di erede risolutivamente condizionata, aveva equiparato, al fine dell’avveramento della condizione si sine liberis decesserit, i figli adottivi a quelli legittimi, alla stregua esclusivamente dei parametri normativi di cui agli artt. 536 e 567 c.c.).

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Cass. civ. n. 8668/1990

Nell’interpretazione del testamento il ricorso ad elementi estrinseci è consentito soltanto in via sussidiaria, ove cioè dal testo dell’atto non emerga con certezza l’effettiva volontà del de cuius, sempreché trattisi di elementi riferibili allo stesso, quali ad esempio la sua mentalità, cultura, condizione sociale, consuetudine di rapporti ecc., e non anche ai fini dell’indagine volta a stabilire se una lettera, e cioè uno scritto non avente la veste formale di un testamento, abbia il contenuto di una disposizione di ultima volontà dell’autore, senza che al riguardo possa attribuirsi rilevanza ad una dichiarazione resa ad un notaio dal coniuge del de cuius, dovendo l’anzidetta indagine essere condotta alla stregua dell’esclusivo esame dell’atto. Perché si abbia una disposizione di ultima volontà e quindi esista un negozio mortis causa, è necessario che lo scritto contenga la manifestazione di una volontà definitiva dell’autore nel senso che essa si sia compiutamente ed incondizionalmente formata e manifestata e sia diretta a disporre attualmente, in tutto o in parte, dei propri beni per il tempo successivo alla morte.

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Cass. civ. n. 2107/1990

Il giudice del merito, nell’interpretazione del testamento, la quale si risolve in un accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità se immune da vizi logici e giuridici, può attribuire alle espressioni adoperate nell’atto un significato diverso da quello tecnico o letterale, purché non contrastante o antitetico, quando valutando la scheda nel suo complesso e tenendo conto dell’ambiente di vita del de cuius, tale diverso significato si presti ad esprimere in modo più adeguato e coerente la reale intenzione del defunto.

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Cass. civ. n. 2632/1984

Per l’esistenza di un legato non basta l’espressione della volontà del testatore che quel determinato bene sia di proprietà del beneficiario, ma occorre la volontà di attribuire il bene per causa di morte, secondo l’espresso disposto dell’art. 587 c.c., con la conseguenza che non può configurarsi un siffatto negozio testamentario, qualora il testatore, nella scheda testamentaria, abbia adottato una dichiarazione di scienza col riconoscere la proprietà attuale di determinati beni in capo ad un determinato soggetto al momento della confezione del testamento. (Nella specie, il testatore nel lasciare in eredità ad un terzo un proprio immobile, aveva dichiarato, nel testamento, che tutto ciò che si trovava in tale immobile era già di proprietà del terzo istituito. In tale dichiarazione il giudice del merito, sulla base del rilievo che intenzione del testatore era quella di attribuire al terzo la proprietà anche di tali mobili, aveva ravvisato l’istituzione di un legato, attesa la consapevolezza del testatore circa la non rispondenza della dichiarazione alla reale situazione e per l’irrilevanza giuridica della formulazione letterale della disposizione. La S.C., sulla base del principio di cui alla massima ha cassato la decisione).

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