Art. 535 – Codice civile – Possessore di beni ereditari

Le disposizioni in materia di possesso si applicano anche al possessore di beni ereditari, per quanto riguarda la restituzione dei frutti, le spese, i miglioramenti e le addizioni [1148 ss. c.c.].

Il possessore in buona fede, che ha alienato pure in buona fede una cosa dell'eredità [1153, 1260 c.c.], è solo obbligato a restituire all'erede il prezzo o il corrispettivo ricevuto. Se il prezzo o il corrispettivo è ancora dovuto, l'erede subentra nel diritto di conseguirlo [2038] [1203 n.5, 2038 c.c.].

È possessore in buona fede colui che ha acquistato il possesso dei beni ereditari, ritenendo per errore di essere erede. La buona fede non giova se l'errore dipende da colpa grave [1147 c.c.].

Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 22005/2016

L'accoglimento dell'azione di petizione ereditaria comporta non già la semplice restituzione alla massa dei beni oggetto della domanda, ma la reintegrazione delle quote lese, sicché, ove sia ordinata la restituzione di somme di denaro, sul relativo importo deve essere riconosciuta la rivalutazione, trattandosi di credito di valore. (Nella specie, il principio è stato affermato con riguardo al "quantum" in denaro, corrispondente alle somme portate da buoni fruttiferi incassati dal soggetto passivo della domanda di petizione ereditaria, del quale era stata ordinata la restituzione).

Cass. civ. n. 640/2014

L'art. 535, primo comma, cod. civ., che rinvia alle disposizioni sul possesso in ordine a restituzione dei frutti, spese, miglioramenti e addizioni, si riferisce al possessore di beni ereditari convenuto in petizione di eredità ex art. 533 cod. civ., mentre è estraneo allo scioglimento della comunione ereditaria; esso non si applica, quindi, al condividente che, avendo goduto il bene comune in via esclusiva senza titolo giustificativo, è tenuto alla corresponsione dei frutti civili agli altri condividenti, quale ristoro della privazione del godimento "pro quota".

Cass. civ. n. 5091/2010

Il principio della presunzione di buona fede di cui all'art. 1147 c.c. ha portata generale e non limitata all'istituto del possesso in relazione al quale è enunciato; pertanto, poiché l'art. 535 c.c. stabilisce che le disposizioni in materia di possesso si applichino anche al possessore dei beni ereditari, chi agisce, con l'azione di petizione, per la rivendicazione dei beni ereditari - eventualmente previo annullamento del testamento in base al quale è stato chiamato all'eredità il possessore di buona fede - non può pretendere da quest'ultimo il risarcimento dei danni, ma soltanto i frutti indebitamente percepiti, nei limiti fissati dall'art. 1148 c.c.

Cass. civ. n. 837/1986

Al possessore di beni ereditari, al quale si applicano le disposizioni in materia di possesso concernenti la restituzione dei frutti, le spese, i miglioramenti e le addizioni, non può essere riconosciuto anche il diritto di ritenzione nei confronti dell'attore in petizione di eredità, perché tale diritto, che attua un'eccezionale forma di autotutela, è insuscettibile di applicazione analogica a casi non contemplati dalla legge.