16 Mar Art. 619 — Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza commesse da persona addetta al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni
L’addetto al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni, il quale, abusando di tale qualità, commette alcuno dei fatti preveduti dalla prima parte dell’articolo 616, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se il colpevole, senza giusta causa, rivela, in tutto o in parte, il contenuto della corrispondenza[ 616 4 ], è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave reato, con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da trenta euro a cinquecentosedici euro.
Nel caso previsto dal primo comma il delitto è punibile a querela della persona offesa.
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”12″]
Massime correlate
Cass. pen. n. 887/1971
Soggetto attivo del reato di violazione di corrispondenza postale, telegrafica o telefonica può essere qualsiasi addetto al servizio postale, telegrafico o telefonico, indipendentemente dalle mansioni svolte. (Fattispecie in cui l’autore del reato era un addetto a servizi amministrativi dell’azienda telefonica).
Cass. pen. n. 838/1969
La violazione di corrispondenza, concretante una delle ipotesi previste dall’art. 619 c.p., non si realizza unicamente con la effettiva lettura della corrispondenza manomessa, essendo sufficiente a concretare l’elemento costitutivo materiale di quel reato la semplice presa di cognizione del contenuto del plico, quale si realizza con l’apertura dello stesso e con l’esame del suo contenuto, per verificarne l’esistenza eventuale di valori od altre utilità.
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