16 Mar Art. 478 — Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti
Il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, supponendo esistente un atto pubblico o privato, ne simula una copia e la rilascia in forma legale, ovvero rilascia una copia di un atto pubblico o privato diversa dall’originale, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
Se la falsità concerne un atto o parte di un atto, che faccia fede fino a querela di falso, la reclusione è da tre a otto anni.
Se la falsità è commessa dal pubblico ufficiale in un attestato sul contenuto di atti, pubblici o privati, la pena è della reclusione da uno a tre anni.
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”12″]
Massime correlate
Cass. pen. n. 38381/2017
Integra il reato di falso ideologico in atto pubblico, mediante induzione in errore del pubblico ufficiale, la presentazione alla conservatoria dell’Agenzia del Territorio di falsi atti giudiziari di trasferimento delle proprietà di beni immobili, determinando in tal modo il funzionario delegato alla relativa trascrizione nei pubblici registri, ai sensi degli artt. 2657 e ss. cod. civ. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso che la condotta si riferisse ad un’ipotesi di falsità materiale di cui all’art. 478 cod. pen.).
Cass. pen. n. 12731/2000
L’alterazione della copia autentica di un atto non rientra nella previsione di cui all’art. 478 c.p. (falsità materiale commessa da un pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti), che punisce la formazione di copie false, ma integra il reato di cui all’art. 476 c.p. in relazione all’art. 482 dello stesso codice (falsità materiale commessa dal privato in atto pubblico), poiché tale norma, pur non applicabile agli atti derivativi, comprende certamente l’alterazione della copia dopo il rilascio della stessa in forma legale, atteso che questa incide sull’autenticazione, che è atto pubblico originale. (Fattispecie relativa ad alterazione, commessa da un privato, di copia notarile di un contratto).
Cass. pen. n. 7701/1990
Sussiste il reato di cui all’art. 478 c.p. nel caso di rilascio da parte del pubblico ufficiale di copia autentica di atto che non esiste, né rileva che esso sia ricostruibile dall’esame di quelli esistenti. Infatti, l’atto deve avere tutti i requisiti previsti dalla legge e deve essere completo ed autonomo per consentire la riproduzione e la copia legale. (Fattispecie concernente copia di inesistente atto relativo al suicidio di un detenuto, rilasciata da direttore di casa circondariale, il quale pretendeva che l’atto, anche se insussistente in forma e in termini autonomi, era ricostruibile dall’esame del registro da cui risultavano i rapporti).
Cass. pen. n. 2769/1990
Nell’ipotesi in cui vengono rilasciate copie autentiche di originali inesistenti, perché privi delle necessarie sottoscrizioni, il reato configuratosi è quello di falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici e non quello di cui all’art. 479 c.p.
Cass. pen. n. 1366/1987
Risponde di falsità in copia di atto pubblico di fede privilegiata colui che, inducendo in errore il notaio, ottenga da questi la copia autentica di un inesistente certificato di invalidità civile.
Cass. pen. n. 3671/1986
In caso di contraffazione di copia non autenticata di atto pubblico il cui originale sia realmente esistente, pur se difforme dalla copia stessa, non è ravvisabile alcuna delle ipotesi di reato previste dal legislatore in tema di falsità documentale in quanto la copia assume il carattere di documento solo in seguito alla pubblica autenticazione di tutto il contenuto dell’atto.
Cass. pen. n. 5342/1984
In tema di reato di falsità materiale in copie autentiche di atti pubblici, previsto dall’art. 478 c.p., la falsa attestazione di conformità apposta dal pubblico ufficiale costituisce elemento integrante della fattispecie in argomento, e non reato autonomo.
Cass. pen. n. 5822/1982
Agli effetti del reato di cui all’art. 478 c.p. il «rilascio» implica che la copia esca dalla sfera individuale dell’autore, per fatto volontario di questo, in modo che essa cominci a produrre nei rapporti esterni quell’efficacia probatoria che è attribuita alle copie autentiche vere. Sicché commette il reato predetto il segretario comunale che rilasci copie del verbale di una seduta del consiglio comunale difformi dall’originale per farle affiggere all’albo pretorio ed inoltrarle poi agli organi di controllo.
Il delitto di cui all’art. 478 c.p. si perfeziona con il rilascio della copia difforme dall’originale, sicché è irrilevante ai fini del dolo la certezza morale che l’atto originale sarebbe stato in seguito completato. (Nella specie, con l’apposizione della firma da parte dell’autore).
Cass. pen. n. 10901/1981
La supposizione dell’agente che la difformità tra copia e originale limitata alla riproduzione di firme inesistenti possa rientrare tra le imperfezioni meramente formali inidonee ad impedire un giudizio di sostanziale conformità, integra un errore sulla reale portata della disposizione dell’art. 478 c.p., come tale non scusabile.
Cass. pen. n. 6770/1981
Commette il reato di falsità materiale in atti pubblici previsto e punito dall’art. 476 c.p. e non quello di falsità in attestati sul contenuto di atti di cui all’ultimo comma dell’art. 478 stesso codice, il pubblico ufficiale che, nell’esercizio delle sue funzioni, aggiungendo documenti a determinati verbali di delibera di atti pubblici, fa apparire, contrariamente al vero, che i verbali stessi i quali, compresi nella figura dell’atto-procedimento, tali documenti devono recepire, hanno ricevuto l’approvazione dell’organo di controllo.
Cass. pen. n. 10447/1980
Per la sussistenza del reato di cui all’art. 478 c.p. è sufficiente che l’autenticazione avvenga ad opera di pubblico ufficiale cui sia riconosciuto dall’ordinamento il potere di autenticazione, a nulla rilevando che egli abbia competenza specifica a rilasciare copia autentica soltanto degli atti esistenti nel proprio ufficio, perché anche l’autenticazione da parte di un pubblico ufficiale incompetente contribuisce a dare all’atto supposto esistente ed alla sua copia parvenza di legalità e quindi idoneità ad ingannare la pubblica fede.
Cass. pen. n. 3023/1980
La norma contenuta nell’art. 478, comma primo, c.p. punisce la formazione ed il rilascio in forma legale della pretesa copia di un atto inesistente, sicché l’autenticazione del pubblico ufficiale e cioè la falsa attestazione di conformità costituisce elemento integrativo della fattispecie delittuosa e non l’autonoma figura delittuosa di cui all’art. 476 stesso codice. Poiché la falsificazione di un’atto è causa di nullità e non di inesistenza giuridica, nel caso in cui l’originale sia stato falsamente formato e successivamente riprodotto in copia, il fatto non può ricondursi sotto la previsione normativa dell’art. 478 c.p., che punisce la creazione artificiosa della copia di un originale solo supposto, perché tale previsione postula che l’originale sia «supposto» esistente e che quindi in realtà non esista, bensì sotto la previsione della norma che punisce la falsificazione dell’originale. La riproduzione fotografica di un falso originale ben può essere considerata prova della contraffazione del documento riprodotto allorquando la riproduzione stessa riveli la precedente materiale formazione di un falso originale completo in tutti i suoi elementi, compresa la sottoscrizione, e quindi munito di tutti i requisiti di individuazione e di contenuto propri dell’atto falsamente creato e successivamente riprodotto in copia.
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