16 Mar Art. 177 — Revoca della liberazione condizionale o estinzione della pena
Nei confronti del condannato ammesso alla liberazione condizionaleresta sospesa l’esecuzione della misura di sicurezza detentiva cui il condannato stesso sia stato sottoposto con la sentenza di condanna o con un provvedimento successivo. La liberazione condizionale è revocata, se la persona liberata commette un delitto o una contravvenzione della stessa indole [ 101 ], ovvero trasgredisce agli obblighi inerenti alla libertà vigilata, disposta a termini dell’articolo 230, n. 2. In tal caso, il tempo trascorso in libertà condizionale non è computato nella durata della pena e il condannato non può essere riammesso alla liberazione condizionale.
Decorso tutto il tempo della pena inflitta, ovvero cinque anni dalla data del provvedimento di liberazione condizionale, se trattasi di condannato all’ergastolo, senza che sia intervenuta alcuna causa di revoca, la pena rimane estinta e sono revocate le misure di sicurezza personali [ 215 ], ordinate dal giudice con la sentenza di condanna o con provvedimento successivo.
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”12″]
Massime correlate
Cass. pen. n. 11771/2012
L’estinzione della pena, in esito a positiva esecuzione della liberazione condizionale ai sensi del comma secondo dell’art. 177 c.p., non fa venir meno gli altri effetti penali della condanna, non potendo accedersi ad un’interpretazione analogica, sia pure “in bonam partem”, di altri istituti clemenziali.
Cass. pen. n. 48823/2003
In caso di revoca della liberazione condizionale a seguito di condanna per un altro reato, il giudice di sorveglianza non può sostituire, in contrasto con il giudicato, alla pena dell’ergastolo altra pena detentiva, tenendo conto del periodo di liberazione, rideterminando la pena detentiva ancora da espiare.
Cass. pen. n. 7184/1998
Ai fini della revoca automatica della liberazione condizionale, è necessario che il nuovo reato che ne è causa venga commesso durante il periodo di libertà, ma non anche la sentenza di condanna per tale reato divenga irrevocabile durante questo periodo.
L’art. 177 c.p. subordina la revoca della liberazione condizionale a due essenziali condizioni, in relazione di alternatività, e cioé la commissione di un delitto o di una contravvenzione della stessa indole, accertata con sentenza irrevocabile, oppure la trasgressione degli obblighi inerenti alla libertà vigilata, con la differenza che, mentre nel primo caso la revoca ha carattere automatico, nel secondo caso occorre che le trasgressioni siano tali da far ritenere il mancato ravvedimento della persona cui sia stata concessa la liberazione condizionale, nel senso che il giudice deve compiere una penetrante indagine diretta ad accertare, senza ombra di dubbio, se l’addebito possa concretare, o non, una grave trasgressione al regime di vita cui il liberato è stato sottoposto, e se costituisca un sicuro elemento rivelatore della mancanza di ravvedimento e della non meritevolezza dell’anticipato reinserimento nella vita sociale.
Cass. pen. n. 5563/1997
L’art. 177 c.p. prevede tassativamente i casi in cui può farsi luogo alla revoca della liberazione condizionale, con la conseguenza che non è consentito applicare la disposizione stessa, peraltro di stretta interpretazione trattandosi di istituto sfavorevole al condannato, al di fuori delle ipotesi espressamente previste dalla legge. (Nella fattispecie il tribunale di sorveglianza aveva revocato il beneficio della liberazione condizionale nei confronti di un soggetto il quale era stato tratto in arresto — e condannato con sentenza non definitiva — per il reato di spaccio di droga, in ordine al quale aveva ammesso la propria responsabilità. Il tribunale aveva in particolare osservato che, pur non ricorrendo le condizioni per la revoca del beneficio della liberazione condizionale previste dall’art. 177, comma primo, c.p., il beneficio poteva ugualmente essere revocato, dovendosi ravvisare una terza categoria di comportamenti che, «ancorché non giudicati con sentenza irrevocabile alla stregua di illeciti penali — per i quali la prova del mancato ravvedimento opera evidentemente iuris et de iure — né configurabili quali gravi trasgressioni alle prescrizioni connesse alla libertà vigilata, siano però idonei a determinare la risoluzione del beneficio», consistendo in comportamenti «… così palesemente contrastanti con gli interessi della collettività da dimostrare senza ombra di dubbio che il liberato sia tuttora pericoloso». La Suprema Corte, in accoglimento del ricorso proposto dall’interessato, ha annullato senza rinvio l’impugnata ordinanza enunciando il principio di cui in massima).
Cass. pen. n. 1620/1996
In tema di liberazione condizionale, alla stregua della sentenza della Corte costituzionale n. 282 del 25 maggio 1989 (che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 1 dell’art. 177 c.p. nella parte in cui, in caso di revoca della liberazione condizionale, non consente al tribunale di sorveglianza di determinare la pena detentiva ancora da espiare, tenendo conto del tempo trascorso in libertà condizionale, nonché delle restrizioni di libertà subite dal condannato e del suo comportamento durante tale periodo), in caso di revoca della liberazione condizionale deve escludersi la possibilità di rifiutare al condannato una sia pur minima riduzione della pena detentiva originaria.
Cass. pen. n. 2117/1996
A seguito della sentenza della Corte costituzionale del 17 maggio 1989, n. 282 con la quale è stata dichiarata la parziale illegittimità costituzionale dell’art. 177 c.p., nel caso di revoca della liberazione condizionale, compete al tribunale di sorveglianza determinare la pena detentiva ancora da espiare, tenendo conto del tempo trascorso in libertà condizionale, nonché delle restrizioni di libertà subite dal condannato e del suo comportamento durante tale periodo.
Cass. pen. n. 3201/1995
Ai fini della revoca della liberazione condizionale deve aversi riguardo al momento in cui sia intervenuta la causa che la determina. (Fattispecie relativa a causa di revoca intervenuta nel periodo di osservazione, che sarebbe scaduto alla fine di durata della pena originariamente inflitta, ma accertata successivamente alla scadenza stessa, circostanza, questa, ritenuta irrilevante dalla Cassazione).
Cass. pen. n. 1068/1994
In caso di revoca della liberazione condizionale interessante un condannato alla pena dell’ergastolo, non è possibile, allo stato attuale della legislazione, trattandosi di pena perpetua, determinare la parte di essa ancora da espiare; il che trova conferma anche nella sentenza della Corte costituzionale 4 giugno 1993 n. 274 la quale, nel dichiarare inammissibile la relativa questione di illegittimità costituzionale, ha rilevato che essa implicherebbe un’attività di integrazione legislativa riservata, come tale, al legislatore, in assenza di soluzioni costituzionalmente obbligate.
Cass. pen. n. 4060/1992
In caso di revoca della liberazione condizionale, la determinazione della residua pena da espiare, tenendo conto del tempo trascorso in libertà condizionale, delle restrizioni di libertà subite dal condannato e del suo comportamento durante tale periodo, secondo quanto stabilito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 282 del 1989, va effettuata avendo riguardo al periodo trascorso dall’inizio dell’esperimento alla data della violazione che ha dato causa alla revoca, e non anche all’ulteriore periodo intercorso fra detta data e l’adozione formale del provvedimento di revoca.
Cass. pen. n. 451/1992
In tema di liberazione condizionale, qualora risulti accertata la violazione di obblighi inerenti alla libertà vigilata, la valutazione del grado di gravità di detta violazione, ai fini della revoca o meno del beneficio, secondo quanto previsto dall’art. 177 comma 1 c.p., va operata dal giudice tenendo conto anche di ogni elemento circostanziale atto a fornire utili indicazioni, ivi compresa la personalità degli altri soggetti eventualmente coinvolti nella violazione stessa, quando il coinvolgimento non sia puramente occasionale, ma sia frutto, al contrario, di una scelta volontaria dell’interessato. (Nella specie il liberato condizionalmente aveva violato l’obbligo di non uscire da un determinato territorio, recandosi fuori di detto territorio a rilevare il proprio datore di lavoro, sospettato di essere dedito a traffico di stupefacenti; la S.C. ha confermato la statuizione del tribunale di sorveglianza che, ritenuta la gravità della violazione, aveva revocato il beneficio).
Cass. pen. n. 4659/1992
In tema di revoca della liberazione condizionale, la declaratoria di incostituzionalità (parziale) dell’art. 177, primo comma, c.p. — nella parte in cui, nel caso di revoca della liberazione condizionale, non consente al tribunale di sorveglianza di determinare la pena detentiva ancora da espiare, tenendo conto del tempo trascorso in libertà condizionale — pronunciata dalla Corte costituzionale con sentenza n. 282 del 1989, esplica i suoi effetti anche allorché la revoca del beneficio sia stata disposta con provvedimento divenuto irrevocabile anteriormente a detta sentenza. La efficacia retroattiva della suindicata pronuncia della Corte costituzionale ha il suo logico fondamento nel fatto che la illegittimità dichiarata attiene a una disposizione — quella, appunto, di cui all’art. 177, primo comma, ultima parte, c.p. — che disciplina il computo della durata della pena e che, quindi, presuppone che il rapporto punitivo non sia ancora estinto.
Cass. pen. n. 2243/1988
Per la revoca della liberazione condizionale disposta in conseguenza della successiva commissione di reato, la medesimezza dell’indole è richiesta solo per le contravvenzioni e non anche per i delitti. Ne consegue che, qualora la persona ammessa alla liberazione condizionale commetta un delitto, la revoca del beneficio scatta automaticamente, quali che ne siano l’indole e la gravità.
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