17 Mar Articolo 496 Codice di procedura civile — Riduzione del pignoramento
Su istanza del debitore o anche di ufficio, quando il valore dei beni pignorati è superiore all’importo delle spese e dei crediti di cui all’articolo precedente, il giudice, sentiti il creditore pignorante e i creditori intervenuti [ 485 ], può disporre la riduzione del pignoramento [ 558 ].
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”16″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 21325/2010
L’ordinanza di riduzione del pignoramento, sebbene per legge modificabile e revocabile finché non abbia avuto esecuzione, ha effetto immediato ed il rimedio esperibile avverso la medesima è quello dell’opposizione agli atti esecutivi.
Cass. civ. n. 3952/2006
. . . il creditore pignorante è legittimato ad espropriare più di quanto sarebbe necessario per soddisfare il suo credito e il giudice cui sia richiesta la riduzione del pignoramento deve tener conto di questa eventualità nell’esercizio del potere discrezionale di cui all’art. 496 c.p.c., senza che possa ritenersi sussistente l’illegittimità del procedimento per il solo fatto del pignoramento di beni immobili in eccesso. . . .
Cass. civ. n. 702/2006
In virtù dell’espressa previsione desumibile dall’art. 496 c.p.c., il giudice dell’esecuzione può procedere alla riduzione del pignoramento anche d’ufficio, sicché, trattandosi di materia sottratta alla esclusiva disponibilità delle parti interessate, non è configurabile il vizio di ultrapetizione nel caso in cui tale riduzione disposta, nell’ambito di procedura esecutiva con più debitori assoggettati all’espropriazione, su istanza non formulata da tutti i soggetti legittimati a richiederla.
La riduzione del pignoramento, purché restino assoggettati ad esecuzione solo immobili ipotecati, può essere disposta in base all’art. 496 c.p.c., sebbene ciò comporti che ad essere liberati siano altri beni ipotecati, senza che ciò significhi sottrarre il bene al vincolo della causa di prelazione (che potrà tornare ad essere fatta valere esclusivamente se il credito risulterà insoddisfatto). Difatti, gli artt. 2911 c.c. e 558 c.p.c. perseguono lo scopo che, ad essere pignorati, siano prima gli immobili ipotecati e poi gli altri immobili ma, purché d’espropriazione restino assoggettati immobili ipotecati, non escludono che altri immobili, ipotecati o meno, vi siano sottratti, se si delinea una situazione di eccesso nel ricorso all’espropriazione. (Nella specie, la S.C., sulla scorta del suddetto principio, ha confermato l’impugnata sentenza con la quale era stata rigettata l’opposizione agli atti esecutivi del creditore procedente avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione che, con riguardo ad un procedimento di espropriazione relativo ad immobili ipotecati, aveva disposto la riduzione del pignoramento, rilevando l’ammissibilità di quest’ultimo rimedio anche quando i beni assoggettati all’esecuzione risultino tutti ipotecati a garanzia del credito azionato e ciò, a maggior ragione. quando, come nel caso di specie, non si trattava di ipoteca volontaria, bensì di ipoteca iscritta in virtù del medesimo titolo giudiziale con il quale si era proceduto al pignoramento).
Cass. civ. n. 563/2003
In tema di esecuzione forzata, la sentenza con la quale il giudice dell’esecuzione, nel decidere l’opposizione all’esecuzione ovvero agli atti esecutivi proposta dal debitore il quale eccepisca, tra l’altro, che l’importo dei beni pignorati è superiore all’importo delle spese dell’esecuzione e del credito, ometta di pronunciare su siffatto motivo non può ritenersi viziata per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, in quanto la riduzione del pignoramento deve costituire oggetto di specifica e separata istanza (art. 496, c.p.c.) ed il debitore può proporre opposizione agli atti esecutivi avverso il provvedimento che, eventualmente, non soddisfi il suo interesse.
Cass. civ. n. 12618/1999
La norma di cui all’art. 496 c.p.c., integra gli estremi di una «misura speciale di salvaguardia» a tutela del debitore volta ad evitare eccessi nell’uso del procedimento di esecuzione forzata, e non presuppone, pertanto, neppure implicitamente, l’esistenza di un qualsivoglia limite temporale alla possibilità di richiedere (da parte del debitore) e di disporre (da parte del giudice dell’esecuzione) la riduzione del pignoramento. Ne consegue che il provvedimento de quo ben può essere emesso anche prima del termine fissato per l’intervento dei creditore, senza che a ciò osti il (diverso) dettato del precedente art. 495 stesso codice — a mente del quale, in tema di conversione del pignoramento, il legislatore ha operato un esplicito riferimento al «momento anteriore alla vendita» —, attesa la evidente eterogeneità degli istituti processuali della conversione e della riduzione del pignoramento.
Cass. civ. n. 8221/1999
La riduzione del pignoramento ex art. 496 c.p.c., dovendo essere effettuata con riferimento esclusivo all’importo dei crediti e delle spese del creditore procedente e dei creditori già intervenuti, al momento della richiesta del debitore esecutato o del provvedimento del giudice dell’esecuzione, che devono essere previamente sentiti, può essere domandata o disposta d’ufficio anche prima della udienza per l’autorizzazione alla vendita (o per l’assegnazione), senza che possa aver rilievo l’eventualità del successivo intervento di altri creditori in tale fase.
Cass. civ. n. 2604/1995
L’istanza con cui il debitore esecutato, senza contestare il diritto della controparte a procedere ad esecuzione forzata né dedurre vizi formali della procedura, lamenti che il creditore abbia proceduto (nella specie sulla base di un titolo esecutivo fino ad allora non azionato, di cui peraltro era dedotta la connessione con titolo già fatto valere) al pignoramento di un ulteriore bene immobile, quando invece il credito avrebbe dovuto ritenersi sufficientemente garantito da un precedente pignoramento immobiliare, integrando una richiesta di limitare i beni sottoposti a pignoramento va inquadrata tra quelle misure speciali che sono previste dagli artt. 483, 496, 504 e 508 c.p.c., nonché dall’art. 2911 c.c., per evitare eccessi nell’uso del procedimento di espropriazione forzata, e appartengono alla competenza del giudice dell’esecuzione. Il provvedimento, negativo o positivo, al riguardo emanato dal giudice dell’esecuzione, in quanto atto esecutivo, è impugnabile con l’opposizione ex artt. 617 c.p.c. con riferimento sia ad irregolarità formali che alla sua inopportunità. Più specificamente l’istanza suindicata va ricondotta non alla previsione di cui all’art. 483 c.p.c., volta a disciplinare il cumulo di «diversi» mezzi di espropriazione (come, ad esempio, il cumulo dell’espropriazione mobiliare con quella immobiliare), ma alla previsione di cui all’art. 496, la quale sotto la rubrica «riduzione del pignoramento» disciplina la limitazione dell’espropriazione nell’ambito di uno stesso mezzo di espropriazione, senza che rilevi la circostanza che i beni siano colpiti con un solo atto di pignoramento o con più successivi pignoramenti.
Cass. civ. n. 8464/1994
Nel sistema processuale vigente non esiste nessun principio attraverso il quale si possa qualificare come illecita la richiesta di pignoramento da chiunque provenga e comunque sia stata posta in essere, poiché in presenza di discrezionalità del giudice, quale prevista dall’art. 496 c.p.c., in materia di riduzione, anche d’ufficio, del pignoramento, è da escludere qualsiasi forma di illegittimità o invalidità del pignoramento.
Cass. civ. n. 1305/1986
La valutazione delle condizioni che autorizzano la riduzione del pignoramento o del sequestro conservativo è affidata al discrezionale apprezzamento del giudice del merito, anche relativamente alla eventuale concentrazione della misura cautelare sui beni di uno soltanto di più condebitori in solido. E, in tal caso, il proprietario dei beni rimasti sequestrati non è abilitato a dolersi della adozione del provvedimento che, se pur vantaggioso per i coobbligati, non lo espone a rischi più gravi di quelli originariamente compresi nella sua posizione di condebitore solidale, tenuto come tale per l’intero e soggetto ad escussione per il corrispondente importo. La sentenza di appello che in sede di convalida abbia disposto la riduzione del sequestro conservativo concesso sui beni di più condebitori solidali, è impugnabile, da parte del debitore proprietario dei beni per cui il vincolo è stato mantenuto, con il ricorso ordinario per cassazione in relazione alla disposta riduzione, avendo anche la relativa statuizione forma e sostanza di sentenza.
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