Art. 121 – Codice di procedura civile – Libertà di forme. Chiarezza e sinteticità degli atti.
Gli atti del processo, per i quali la legge non richiede forme determinate, possono essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo [disp. att. 46]. Tutti gli atti del processo sono redatti in modo chiaro e sintetico.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 27026/2008
In tema di giuramento decisorio, non comportano nullità la mancata verbalizzazione della formula e l'omessa pronuncia della parola «giuro » atteso che detta nullità, ipotizzabile solo nei casi tipizzati dalla legge a norma dell'art. 156 c.p.c., non è prevista dagli artt. 238 e 239 c.p.c., sempre che l'atto presenti tutti i requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo per il quale è stato introdotto, a norma dell'art. 156, terzo comma, c.p.c. (Fattispecie relativa all'attestazione, nel verbale di prestazione negativa del giuramento decisorio deferito sull'intervenuto recesso del lavoratore per dimissioni, dell'affermazione «nego » anziché l'affermazione solenne «giuro e giurando nego » in controversia in cui l'atto aveva raggiunto lo scopo cui era diretto, di obbligare il dichiarante ad affermare/negare le circostanze dedotte nei capitoli dell'avversario e ad assumersi piena responsabilità, a tutti gli effetti di legge, della propria dichiarazione ).
Cass. civ. n. 9507/1997
La disposizione dell'art. 113 c.p.p., relativa alla «ricostituzione di atti» — applicabile per analogia al rito civile, nel quale mancano specifiche norme che disciplinino la materia — prevede l'emissione di un provvedimento di natura amministrativa (o ordinatoria), assolutamente privo di contenuto decisorio, che non realizza una statuizione sostitutiva di quella già contenuta nel provvedimento mancante, bensì interviene a riprodurlo nella sua materialità e secondo il decisum che a quell'atto già apparteneva. Ne consegue che: a) il provvedimento di ricostituzione è sottratto ad ogni autonoma impugnazione, essendo modificabile e revocabile dallo stesso giudice che l'ha emesso, ed essendo ammissibile la riproposizione di un'istanza di ricostituzione originariamente respinta; b) l'eventuale impugnazione va, quindi, diretta nei confronti del provvedimento rinnovato (nella specie, una sentenza andata smarrita presso l'Ufficio del Registro) con il quale il provvedimento di ricostituzione finisce con il fare corpo unico; c) il giudice che deve emettere il provvedimento di ricostituzione è il medesimo organo giurisdizionale che emise l'atto mancante (senza necessità di identità fisica tra la persona o le persone che parteciparono alla sua emanazione e quelle che pongono in essere il provvedimento di ricostituzione); d) il giudice, per dare concreta attuazione alla ricostituzione, è libero di dettarne i modi tendenti alla ricerca di ogni elemento utile per ricostruire fedelmente l'originario contenuto dell'atto mancante, sia nella sua veste formale, sia nel suo contenuto decisorio.
Cass. civ. n. 2325/1992
Per il principio della libertà di forme vigente nel nostro sistema processuale, che consente alle parti di proporre le loro domande, difese ed eccezioni senza l'osservanza di particolari formulari, deve aversi riguardo al contenuto sostanziale delle domande e conclusioni delle parti in una valutazione complessiva anche del loro effettivo interesse, tal ché deve ritenersi che l'eccezione con la quale il responsabile di un sinistro derivante dalla circolazione stradale oppone di non essere obbligato a corrispondere il risarcimento del danno, per esservi tenuto l'assicuratore, con lui convenuto nel medesimo processo dal danneggiato, contiene una inequivoca domanda di garanzia nei confronti del predetto assicuratore.
Cass. civ. n. 1606/1972
Negli atti processuali la volontà non ha lo stesso rilievo che negli atti di diritto sostanziale, in quanto la struttura del processo, nel quale domina l'attività dell'organo giurisdizionale, condiziona l'autonomia delle parti, vincolando gli effetti della loro attività entro schemi tipici prestabiliti, di guisa che gli atti processuali, pur essendo volontari nel loro compimento, spiegano i loro effetti secondo le modalità che a ciascun tipo la legge riconnette, senza che sia normalmente ammissibile una divergenza della manifestazione rispetto all'intenzione dell'agente.
Cass. civ. n. 1978/1963
Poiché la legge non richiede alcuna determinata forma per l'attestazione, da parte del cancelliere, della restituzione del fascicolo di parte ritirato all'atto della rimessione della causa al collegio ai sensi del secondo comma dell'art. 169 c.p.c., tale attestazione, in virtù del principio sancito dall'art. 121 c.p.c., deve ritenersi un atto a forma libera, e può quindi essere compiuto in qualsiasi forma idonea al raggiungimento del suo scopo. (Nella specie, il cancelliere aveva apposto sul fascicolo di parte un timbro a calendario e la propria firma).