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Art. 2729 — Presunzioni semplici

Art. 2729 — Presunzioni semplici

Le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice [ 116 c.p.c. ], il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti.

Le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni[ 2721, 2722 ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 6387/2018

In tema di prova per presunzioni, nel dedurre il fatto ignoto dal fatto noto, la valutazione del giudice del merito incontra il solo limite della probabilità, con la conseguenza che i fatti su cui la presunzione si fonda non devono essere tali da far apparire l’esistenza del fatto ignoto come l’unica conseguenza possibile dei fatti accertati secondo un legame di necessità assoluta ed esclusiva, ma è sufficiente che l’operata inferenza sia effettuata alla stregua di un canone di ragionevole probabilità con riferimento alla connessione degli accadimenti, la cui normale sequenza e ricorrenza può verificarsi secondo regole di esperienza, basate sull'”id quod plerumque accidit”. Ne consegue che, anche se il giudizio valutativo svolto dal giudice del merito sugli indizi è insindacabile, essendo il controllo di legittimità circoscritto alla verifica della correttezza logico giuridica del ragionamento seguito, tuttavia, in relazione all’utilizzo di massime o regole d’esperienza, anche in sede di giudizio di legittimità, si deve verificare che il giudizio probatorio non sia fondato su congetture, ovvero ipotesi non fondate sull'”id quod plerum accidit” o regole generali prive di una sia pur minima plausibilità invece che su vere e proprie massime di esperienza.

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Cass. civ. n. 10973/2017

In materia di prova presuntiva, compete alla Corte di cassazione, nell’esercizio della funzione nomofilattica, il controllo che i principi contenuti nell’art. 2729 c.c. siano applicati alla fattispecie concreta al fine della ascrivibilità di questa a quella astratta. Se è vero che è devoluta al giudice di merito la valutazione della ricorrenza dei requisiti enucleabili dagli artt. 2727 e 2729 c.c. per valorizzare gli elementi di fatto quale fonte di presunzione, tuttavia, tale giudizio non può sottrarsi al controllo in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., se risulti che, violando i criteri giuridici in tema di formazione della prova critica, il giudice si sia limitato a negare valore indiziario a singoli elementi acquisiti in giudizio, senza accertarne l’effettiva rilevanza in una valutazione di sintesi.

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Cass. civ. n. 5374/2017

In tema di prova per presunzioni, il giudice, dovendo esercitare la sua discrezionalità nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento, è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi. Ne consegue che deve ritenersi censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento.

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Cass. civ. n. 4241/2016

La presunzione semplice e la presunzione legale “iuris tantum” si distinguono unicamente in ordine al modo di insorgenza, perché mentre il fatto sul quale si fonda la prima dev’essere provato in giudizio ed il relativo onere grava su colui che intende trarne vantaggio, la seconda è stabilita dalla legge e, quindi, non abbisogna della prova di un fatto sul quale possa fondarsi e giustificarsi. Una volta, tuttavia, che la presunzione semplice si sia formata e sia stata rilevata, essa ha la medesima efficacia che deve riconoscersi alla presunzione legale “iuris tantum”, quando viene rilevata, in quanto l’una e l’altra trasferiscono a colui, contro il quale esse depongono, l’onere della prova contraria, la cui omissione impone al giudice di ritenere provato il fatto previsto, senza consentirgli la valutazione ai sensi dell’art. 116 c.p.c.. (In applicazione dell’anzidetto principio, la S.C. ha riscontrato la violazione del regime della prova presuntiva in relazione alla circostanza dell’avvenuto pagamento del canone di locazione, pur avendo l’Amministrazione finanziaria fornito la prova di ogni rilevante fatto storico, che potesse avere valore di premessa del ragionamento inferenziale).

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Cass. civ. n. 5787/2014

La valutazione della prova presuntiva esige che il giudice di merito esamini tutti gli indizi di cui disponga non già considerandoli isolatamente, ma valutandoli complessivamente ed alla luce l’uno dell’altro, senza negare valore ad uno o più di essi sol perché equivoci, cosi da stabilire se sia comunque possibile ritenere accettabilmente probabile l’esistenza del fatto da provare.

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Cass. pen. n. 8837/2014

In tema di riesame, non costituisce violazione dell’art. 309 comma Quinto c.p.p. La circostanza che il PM, selezionando gli atti da produrre a sostegno della richiesta di applicazione della misura cautelare, abbia trasmesso, in luogo della videoregistrazione del fatto oggetto di indagine, annotazioni di servizio in cui erano riportati i dati relativi a quanto videoregistrato, posto che all’accusa compete la direzione dell’inchiesta e la scelta degli atti su cui basare la richiesta della misura. (Nella fattispecie la Corte ha rilevato che il GIP non aveva comunque mai preso visione della videoregistrazione ed aveva considerato per l’emissione della misura le annotazioni di servizio della P.G., regolarmente trasmesse al Tribunale del riesame).

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Cass. civ. n. 12248/2013

Il ricorso alla presunzione deve ritenersi consentito al giudice alla sola condizione che i fatti su cui essa si fonda siano stati allegati e possano ritenersi provati, potendo il giudice avvalersene, in presenza di tale evenienza, senza apposita sollecitazione delle parti e in difetto di contraddittorio tra le stesse.

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Cass. civ. n. 23096/2012

I requisiti di gravità, precisione e concordanza, richiesti dall’art. 2729 c.c. perché gli indizi possano assurgere al rango di prova presuntiva debbono valutarsi con riferimento ai fatti noti, dai quali risalire con deduzioni logiche ai fatti ignorati; quei requisiti, invece, sono inconcepibili rispetto alle regole statistiche o matematiche attraverso le quali si sviluppa il ragionamento logico deduttivo, le quali devono essere corrette e coerenti, ma non “gravi, precise e concordanti”. (Nella specie, l’amministrazione finanziaria aveva ritenuto esistenti redditi non dichiarati, desumendoli dalla sproporzione tra i costi ed i ricavi dell’impresa contribuente, ed aveva quindi determinato il “quantum” del reddito non dichiarato, in assenza di scritture contabili, attraverso un calcolo aritmetico di media tra costi e prodotti venduti; il giudice di merito aveva tuttavia annullato il relativo avviso di accertamento, ritenendo che i calcoli compiuti dell’erario costituissero una “presunzione priva di gravità e precisione”; la S.C., in applicazione del principio di cui alla massima, ha cassato tale decisione).

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Cass. civ. n. 9108/2012

In tema di prova per presunzioni, il giudice, posto che deve esercitare la sua discrezionalità nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento, è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi. Ne consegue che deve ritenersi censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento. Le presunzioni semplici costituiscono una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza anche in via esclusiva ai fini della formazione del proprio convincimento, nell’esercizio del potere discrezionale, istituzionalmente demandatogli, di scegliere, fra gli elementi probatori sottoposti al suo esame, quelli ritenuti più idonei a dimostrare i fatti costitutivi della domanda o dell’eccezione, non occorrendo l’acquisizione, a conforto, di ulteriori elementi presuntivi o probatori desunti dall’esame della documentazione contabile o bancaria del contribuente, in quanto, se gli indizi hanno raggiunto la consistenza di prova presuntiva, non vi è necessità di ricercarne altri o di assumere ulteriori fonti di prova.

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Cass. civ. n. 6181/2009

Ai fini del raggiungimento della prova per presunzioni, le soglie minime di gravità, precisione e concordanza richieste dall’art. 2729 cod. civ. e la possibilità di ritenere come ammessi, ai sensi dell’art. 232 c.p.c., i fatti dedotti nell’interrogatorio formale, cui il convenuto non abbia ingiustificatamente risposto, sono valutate dal giudice di merito alla luce del complessivo contesto, sostanziale e processuale, con la conseguenza che i fatti possono ritenersi di volta in volta provati o non provati all’esito di una valutazione caso per caso e che quest’ultima non è sindacabile in sede di legittimità purchè adeguatamente e congruamente motivata. (Nella specie, proposta azione risarcitoria da parte di persona che, nel badare alla manutenzione dell’appartamento di un parente assente, era inciampata in un tappeto lasciato arrotolato sul pavimento, il giudice di merito, con valutazione considerata corretta dalla S.C., aveva ritenuto non raggiunta la prova sia del nesso di causalità tra la caduta della persona e la posizione dell’oggetto sia della colpa del proprietario dell’immobile).

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Cass. civ. n. 26331/2008

Il ricorso alla prova presuntiva esige indefettibilmente che a fondamento di essa il giudice ponga una pluralità di elementi, caratterizzati dai requisiti della gravità, precisione e concordanza. Pertanto l’indicazione, nella sentenza di merito, di un solo ed equivoco elemento presuntivo dal quale è stata ricavata la prova del fatto ignorato costituisce un vizio motivazionale, censurabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c. (in base a tale principio la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, nell’accogliere un’azione revocatoria, aveva ritenuto provata la scientia fraudis sulla base della sola sproporzione tra il prezzo dichiarato nell’atto di vendita ed il valore commerciale del bene del quale il debitore si era disfatto).

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Cass. civ. n. 17535/2008

In tema di presunzioni, qualora il giudice di merito sussuma erroneamente sotto i tre caratteri individuatori della presunzione (gravità, precisione e concordanza) fatti concreti che non sono invece rispondenti a quei requisiti, il relativo ragionamento è censurabile in base all’art. 360, n. 3, c.p.c. (e non già alla stregua del n. 5 dello stesso art. 360), competendo alla Corte di cassazione, nell’esercizio della funzione di nomofilachia, controllare se la norma dell’art. 2729 c.c., oltre ad essere applicata esattamente a livello di proclamazione astratta, lo sia stata anche sotto il profilo dell’applicazione a fattispecie concrete che effettivamente risultino ascrivibili alla fattispecie astratta.

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Cass. civ. n. 19088/2007

In tema di presunzioni semplici, gli elementi assunti a fonte di prova non debbono essere necessariamente più d’uno, potendo il convincimento del giudice fondarsi anche su di un solo elemento purché grave e preciso, dovendosi il requisito della «concordanza» ritenersi menzionato dalla legge solo in previsione di un eventuale ma non necessario concorso di più elementi presuntivi. (Nella specie la S.C. ha confermato la decisione di merito che ha desunto la conoscenza dello stato d’insolvenza di un imprenditore, successivamente dichiarato fallito, in capo alla banca, da un unico fatto costituito dall’improvvisa revoca di tutte le linee di credito e richiesta d’immediato soddisfacimento di tutti i suoi crediti).

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Cass. civ. n. 3646/2004

L’esistenza di una presunzione sulla quale sia possibile fondare la decisione di una causa può validamente desumersi in presenza di una pluralità di elementi di valutazione gravi precisi e concordanti, nei quali il requisito della gravità è ravvisabile per il grado di convincimento che ciascuno di essi è idoneo a produrre a fronte di un fatto ignoto, la cui esistenza deve poter essere dimostrata in termini di ragionevole certezza, il requisito della precisione impone che i fatti noti e l’iter logico del ragionamento probabilistico ben determinati nella loro realtà storica, ed il requisito unificante della concordanza richiede che il fatto ignoto sia di regola desunto da una pluralità di fatti noti gravi e precisi, univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, mentre la sommatoria di una serie di dati in sé insignificanti e privi di precisione e gravità non può assumere rilevanza alcuna. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto provato il conferimento di un incarico professionale relativo alla stima di un immobile ed alla redazione di un computo metrico — estimativo [ e non alla semplice redazione di un preventivo per le spese burocratiche di ristrutturazione, come sostenuto dai convenuti ] sulla base della effettiva redazione del computo, del possesso in capo al professionista di piantine e fotografie dell’immobile, e della attribuzione di valore confessorio ad alcune frasi pronunciate dai presunti committenti in corso di causa).

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Cass. civ. n. 18719/2003

Nella decisione della causa di merito, il giudice è libero di fondare il proprio convincimento su prove presuntive a differenza di altri mezzi di prova, ove le ritenga più attendibili, e non è tenuto ad ammettere gli ulteriori mezzi di prova richiesti dalle parti, se è già in grado di formarsi un convincimento sulla base delle risultanze acquisite al processo, essendo tuttavia in ogni caso tenuto a motivare le proprie scelte, e ad ammettere l’eventuale prova contraria al fatto ignoto che si pretende provare tramite presunzioni, ove ciò sia richiesto da una delle parti e la prova non sia né inammissibile o ininfluente. (Nella specie, la S.C. ha cassato per vizio di motivazione la sentenza di merito che non aveva ammesso alcune prove testimoniali, volte a dimostrare l’esistenza di un accordo, sul presupposto che già emergesse in via presuntiva la prova della inesistenza di tale accordo).

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Cass. civ. n. 15737/2003

Le presunzioni semplici costituiscono una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza, anche in via esclusiva, ai fini della formazione del proprio convincimento, nell’esercizio del potere discrezionale, istituzionalmente demandatogli, di individuare le fonti di prova, controllarne l’attendibilità e la concludenza e, infine, scegliere, fra gli elementi probatori sottoposti al suo esame, quelli ritenuti più idonei a dimostrare i fatti costitutivi della domanda o dell’eccezione. Spetta pertanto al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità, dovendosi tuttavia rilevare che la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso che il ritiro del libretto nominativo da parte dell’invalido potesse costituire presunzione della ricezione della comunicazione relativa all’emissione di pagamento dei ratei arretrati dell’indennità di accompagnamento).

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Cass. civ. n. 5045/2002

In tema di prove, è inammissibile la c.d. praesumptio de praesumpto, non potendosi valorizzare una presunzione come fatto noto, per derivarne da essa un’altra presunzione. (Nella specie, alla stregua del principio di cui alla massima, la S.C. ha confermato la decisione dei giudici di merito che avevano ritenuta non provata la pretesa del ricorrente, imprenditore commerciale, di ottenere la somma di trecento milioni di lire quale, liquidazione del proprio credito nei confronti di un istituto di credito — somma corrispondente al valore di preziosi che lo stesso assumeva depositati nella cassetta di sicurezza concessa in uso dall’istituto, che era stata aperta da ignoti e svuotata del suo contenuto — pretesa in relazione alla quale era stata invocata la prova per presunzioni in base alla considerazione che per un imprenditore commerciale sarebbe «cosa assai poco probabile» depositare in una cassetta di sicurezza gioielli per un tale valore. Nell’occasione, la Corte territoriale, con motivazione ritenuta corretta dalla S.C., aveva escluso che si potesse presumere la conservazione in cassetta di preziosi di elevato valore in base al solo fatto che il ricorrente godesse di altri redditi, dato a sua volta presuntivamente ricavabile dall’esercizio di un determinato commercio; e che si sarebbe dovuto saldare, ai fini dell’accoglimento della richiesta del ricorrente, alle ulteriori presunzioni della utilizzazione di siffatti redditi per l’acquisto di gioielli, al momento del furto, nella cassetta di cui si trattava).

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Cass. civ. n. 13291/1999

La presunzione semplice e la presunzione legale iuris tantum si distinguono unicamente in ordine al modo di insorgenza, perché mentre il fatto sul quale si fonda la prima dev’essere provato in giudizio ed il relativo onere grava su colui che intende trarne vantaggio, la seconda è stabilita dalla legge e, quindi, non abbisogna della prova di un fatto sul quale possa fondarsi e giustificarsi. Una volta, tuttavia, che la presunzione semplice si sia formata e sia stata rilevata (cioè, una volta che del fatto sul quale si fonda sia stata data o risulti la prova), essa ha la medesima efficacia che deve riconoscersi alla presunzione legale iuris tantum, quando viene rilevata, in quanto l’una e l’altra trasferiscono a colui, contro il quale esse depongono, l’onere della prova contraria.

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Cass. civ. n. 9782/1999

Perché possa ritenersi correttamente desunta una presunzione semplice è sufficiente che i fatti sui quali essa si fonda siano tali da far apparire l’esistenza del fatto ignoto come una conseguenza del fatto noto, già accertato in giudizio, alla stregua di canoni di ragionevole probabilità, dovendosi cioè ravvisare una connessione fra la verificazione del fatto già accertato e quella del fatto ancora ignoto secondo regole di esperienza che convincano il giudice circa la probabilità e verosimiglianza della verificazione del secondo quale conseguenza del primo, potendo, dunque, il relativo accertamento presentare qualche margine di opinabilità, poiché il procedimento logico di deduzione non è quello rigido che è imposto, viceversa, in caso di presunzione legale. Il giudizio in base al quale il giudice di merito ragiona per presunzione semplice sottrae al sindacato di legittimità, se convenientemente motivato alla stregua di detti criteri. (Principi affermati dalla Suprema Corte con riguardo ad un caso, in cui, in relazione ad acquisto a non domino, si era desunta per presunzioni la prova dell’inesistenza della buona fede dell’acquirente).

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Cass. civ. n. 4777/1998

Al di fuori dei casi di prova legale, non esiste nel nostro ordinamento una gerarchia delle prove, per cui i risultati di talune di esse debbano necessariamente prevalere nei confronti di altri dati probatori, essendo la valutazione delle prove rimessa al prudente apprezzamento del giudice. Ne deriva che il convincimento del giudice di merito sulla verità di un fatto può fondarsi anche su una presunzione che sia in contrasto con le altre prove acquisite, se da lui ritenuta di tale precisione e gravità da rendere inattendibili gli altri elementi di giudizio ad esso contrari, alla sola condizione che egli fornisca del convincimento cosa attinto una giustificazione adeguata e logicamente non contraddittoria.

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Cass. civ. n. 2061/1998

In tema di prova civile, prima di avvalersi delle presunzioni il giudice non è tenuto ad invitare la parte contro cui esse operano a fornire la prova contraria. Costituendo le presunzioni unicamente un procedimento logico cui la legge consente di collegare determinati effetti sul piano probatorio, la parte interessata può in sede di merito evidenziare gli elementi idonei a mostrarne le possibili carenze o le eventuali contraddizioni, ma non può addebitare al giudice un obbligo che non gli compete.

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