10 Gen Art. 467 — Nozione
La rappresentazione fa subentrare i discendenti [ legittimi e naturali ] nel luogo e nel grado del loro ascendente, in tutti i casi in cui questi non può [ 463 ] o non vuole accettare l’eredità o il legato.
Si ha rappresentazione nella successione testamentaria quando il testatore non ha provveduto per il caso in cui l’istituito non possa o non voglia accettare l’eredità o il legato, e sempre che non si tratti di legato di usufrutto o di altro diritto di natura personale.
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”8″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 594/2015
In tema di successione per rappresentazione, il discendente legittimo o naturale (rappresentante), nel subentrare nel luogo e nel grado dell’ascendente (rappresentato) – che non possa o non voglia accettare l’eredità – succede direttamente al “de cuius”, sicché egli in qualità di successore “jure proprio” nell’eredità, è legittimato all’esercizio del retratto successorio.
Cass. civ. n. 5508/2012
L’indicazione dei soggetti a favore dei quali ha luogo la successione per rappresentazione, quale preveduta dagli artt. 467 e 468 c.c., è tassativa, essendo il risultato d’una scelta operata dal legislatore, sicché non è data rappresentazione quando la persona cui ci si vuole sostituire non è un discendente, fratello o sorella del defunto, ma il coniuge di questi.
Cass. civ. n. 4621/2012
In tema di successioni per causa di morte, deve escludersi che chi non sia ancora concepito al momento dell’apertura della successione e, quidi, sia privo della capacità di rendersi potenziale destinatario della successione “ex lege” del “de cuius”, possa succedere per rappresentazione, essendo necessario, affinché operi la vocazione indiretta, che il discendente, in quel momento, sia già nato o almeno concepito.
Cass. civ. n. 11195/1996
La diseredazione, al pari della indegnità a succedere, non esclude l’operatività della rappresentazione a favore dei discendenti del diseredato.
Cass. civ. n. 3300/1976
L’istituto della successione per rappresentazione non opera a favore dei figli di cugini del de cuius.
Cass. civ. n. 1366/1975
La successione per rappresentazione costituisce un caso di vocazione indiretta in ragione della quale la posizione dell’erede rappresentante si determina in base al contenuto (luogo e grado) della vocazione del chiamato (rappresentato), nel presupposto determinante e qualificante che egli non possa o non voglia venire alla successione, e nei limiti soggettivi specificamente dettati dagli artt. 467 e 468 c.c. I suddetti limiti richiedono per la rappresentazione in linea retta che il c.d. rappresentato sia figlio (senza distinzione tra figli legittimi, legittimati, adottivi, naturali) del de cuius, e che il c.d. rappresentante sia discendente anche naturale del rappresentante, e per la rappresentazione in linea collaterale che il c.d. rappresentato sia fratello o sorella del de cuius e che il c.d. rappresentante sia discendente naturale del medesimo (tenendo anche presente la sentenza della Corte costituzionale n. 79 del 1969, la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 467 e 468 c.c. — oltre che dell’art. 577 — limitatamente alla parte in cui esclude dalla rappresentazione il figlio naturale di chi, a sua volta figlio o fratello del de cuius, non potendo o non volendo accettare, non lasci o non abbia discendenti legittimi). È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 467 e 468 c.c. per violazione dell’art. 3 della Costituzione, in quanto sono stabiliti limiti soggettivi, in tema di rappresentazione, a proposito sia del rappresentato sia del rappresentante.
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