Art. 2122 – Codice civile – Indennità in caso di morte
In caso di morte del prestatore di lavoro, le indennità indicate dagli articoli 2118 e 2120 devono corrispondersi al coniuge [548, 585], ai figli e, se vivevano a carico del prestatore di lavoro, ai parenti entro il terzo grado [74, 76] e agli affini [78] entro il secondo grado[78, 1751].
La ripartizione delle indennità, se non vi è accordo tra gli aventi diritto, deve farsi secondo il bisogno di ciascuno.
In mancanza delle persone indicate nel primo comma, le indennità sono attribuite secondo le norme della successione legittima [565].
È nullo ogni patto anteriore alla morte del prestatore di lavoro circa l'attribuzione e la ripartizione delle indennità [458].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 1222/2000
Ove, oltre al coniuge divorziato ed al coniuge superstite, esistano anche figli del lavoratore defunto (e/o altri parenti od affini a suo carico) aventi diritto alla indennità di buonuscita ai sensi dell'art. 2122 c.c., dal coordinamento di tale disposizione con l'art. 9 della legge 898/70 si estrae complessivamente la regola che al coniuge divorziato, nella fattispecie considerata (di concorso di plurimi aventi diritto), va attribuita una quota della quota del coniuge superstite; per cui, tra i due (od eventualmente più) coniugi, dovrà in pratica, suddividersi la quota di spettanza del coniuge superstite, come previamente determinata in ragione del concorso di questi con gli altri superstiti aventi diritto ex art. 2122, comma primo, c.c. Devesi, per altro, precisare, ai fini di tale preventiva determinazione, che dei due criteri all'uopo indicati dal predetto art. 2122 c.c. — secondo il quale «la ripartizione della indennità se non vi è accordo tra gli aventi diritto (primo), deve farsi secondo il bisogno di ciascuno (secondo)» —non risulta applicabile, giacché incompatibile, il primo, e rileva quindi unicamente il successivo (ripartizione «secondo il bisogno»).
Cass. civ. n. 3515/1981
In virtù della specifica disposizione del terzo comma dell'art. 2118 c.c.; l'obbligo del datore di lavoro di corrispondere, nel caso di morte del lavoratore, l'indennità sostitutiva del preavviso agli aventi diritto indicati dal primo comma dell'art. 2122 dello stesso codice — che l'acquisiscono iure proprio e non già iure successionis — è correlato alla prevalente funzione previdenziale o assistenziale di detta indennità, la quale, essendo collegata al solo fatto naturale del decesso del dipendente, è svincolata dai suoi ordinari presupposti ed è, pertanto, dovuta, indipendentemente dall'esistenza, nell'ambito del cessato rapporto di lavoro, di un potere di recesso del datore di lavoro con obbligo del preavviso e, in mancanza di questo, di un corrispondente diritto del lavoratore all'indennità sostitutiva.
L' azione promossa da alcuni dei superstiti del prestatore di lavoro, deceduto in costanza di rapporto, per conseguire, ai sensi dell'art. 2122, primo comma, c.c., le indennità indicate dagli artt. 2118 e 2120 dello stesso codice dà luogo ad un'ipotesi di litisconsorzio necessario. Infatti, poiché il secondo comma del citato art. 2122 stabilisce che la ripartizione delle indennità, se non vi è accordo tra gli aventi diritto, deve farsi secondo il bisogno di ciascuno, una decisione adottata nei confronti di alcuni soltanto degli interessati sarebbe inidonea a produrre un risultato utile o pratico. Pertanto, disposta l'integrazione del contraddittorio nei riguardi degli altri aventi diritto, originariamente non presenti in giudizio, la loro adesione alla domanda proposta dagli attori originari integra la manifestazione dell'intento di conseguire anche essi (aventi un interesse proprio non limitato a sostenere le ragioni delle parti originarie) l'intero importo dell'indennità in concorso con gli altri aventi diritto, con l'ulteriore conseguenza che il giudice, disponendo la corresponsione delle indennità anche ai soggetti chiamati ad integrare il contraddittorio, non incorre in alcuna violazione del principio della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato