10 Gen Art. 2052 — Danno cagionato da animali
Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni [ 2056 ] cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito [ 1218, 1256, 2051 ].
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”8″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 16642/2016
In materia di responsabilità civile, i poteri di protezione e gestione della fauna selvatica attribuiti alle Province toscane ai sensi della L.R. Toscana n. 3 del 1994, da cui discende la responsabilità delle medesime per i danni cagionati da animali selvatici anche a protezione degli utenti della strada per i rischi riconducibili al ripopolamento della fauna, non determinano l’assunzione di specifici doveri di diligenza, al di là di quello generale assolto con la segnaletica stradale, non potendo discendere in capo all’ente delegato doveri diversi da quelli previsti da specifiche disposizioni normative. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione di merito che, in relazione al danno subito da un’autovettura a seguito dell’impatto con un cinghiale, aveva rigettato la domanda risarcitoria proposta nei confronti della Provincia di Siena, risultando che questa si era attivata per l’installazione lungo la strada di un segnale stradale di pericolo, attestante l’attraversamento di animali selvatici).
Cass. civ. n. 12727/2016
La responsabilità per danni provocati da animali selvatici deve essere imputata all’ente cui siano stati affidati i poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna ivi insediata, sicché si deve indagare, di volta in volta, se l’ente delegato sia stato posto in condizioni di adempiere ai compiti affidatigli, o sia un “nudus minister”, senza alcuna concreta ed effettiva possibilità operativa. Ne consegue che per i danni a coltivazioni nel territorio emiliano-romagnolo provocati da caprioli, rispondono le aziende venatorie di cui all’art. 43 della l.r. Emilia-Romagna n. 8 del 1994 trattandosi di animali “cacciabili”, mentre le Province sono responsabili dei danni provocati nell’intero territorio da specie il cui prelievo venatorio sia vietato, anche temporaneamente, per ragioni di pubblico interesse.
Cass. civ. n. 10402/2016
La responsabilità del proprietario, o di chi si serve di un animale, di cui all’art. 2052 c.c., si fonda non su un comportamento o un’attività – commissiva od omissiva – ma su una relazione intercorrente tra i predetti e l’animale, il cui limite risiede nel caso fortuito, la prova del quale – a carico del convenuto – può anche avere ad oggetto il comportamento del danneggiato, purché avente carattere di imprevedibilità, inevitabilità e assoluta eccezionalità. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, di condanna del proprietario di un cane che aveva morso un’amica di famiglia, introdottasi in casa, e che gli aveva dato una carezza, nonostante l’invito della moglie del proprietario ad allontanarsi, dando rilievo al fatto che la danneggiata conosceva l’animale fin da cucciolo).
Cass. civ. n. 2414/2014
La responsabilità di chi si serve dell’animale per il tempo in cui lo ha in uso, ai sensi dell’art. 2052 cod. civ., prescinde sia dalla continuità dell’uso, sia dalla presenza dell’utilizzatore al momento in cui l’animale arreca il danno.
Cass. civ. n. 10189/2010
La norma dell’art. 2052 c.c. – in base alla quale chi si serve di un animale è responsabile dei danni dallo stesso cagionati per il tempo in cui lo ha in uso – trova il proprio fondamento nel principio per cui chi fa uso dell’animale nell’interesse proprio e per il perseguimento di proprie finalità, anche se non economiche, è tenuto risarcire i danni arrecati ai terzi che siano causalmente collegati al suddetto uso; in tale situazione, peraltro, non rientra colui il quale utilizzi l’animale per svolgere mansioni inerenti alla propria attività di lavoro, che gli siano state affidate dal proprietario dell’animale alle cui dipendenze egli presti tale attività. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva respinto la domanda, avanzata da un componente del corpo di polizia municipale, di risarcimento dei danni conseguenti alla caduta dovuta all’impennata del cavallo da lui montato, sul rilievo che in quel momento l’animale era affidato alla custodia dello stesso danneggiato).
Cass. civ. n. 9037/2010
La responsabilità di cui all’art. 2052 c.c., prevista a carico del proprietario o di chi si serve dell’animale per il periodo in cui lo ha in uso, in relazione ai danni cagionati dallo stesso, trova un limite solo nel caso fortuito, ossia nell’intervento di un fattore esterno nella causazione del danno, che presenti i caratteri della imprevedibilità, della inevitabilità e della assoluta eccezionalità: con la conseguenza che all’attore compete solo di provare l’esistenza del rapporto eziologico tra il comportamento dell’animale e l’evento lesivo, mentre il convenuto, per liberarsi, deve provare l’esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere detto nesso causale, non essendo sufficiente la prova di aver usato la comune diligenza nella custodia dell’animale. (Nella specie, il giudice del merito aveva ritenuto che integrasse l’ipotesi di caso fortuito la condotta del danneggiato, vittima di lesioni per l’aggressione da parte di un cane “pitbull” che si trovava all’interno di uno stabile, al quale il danneggiato stesso aveva avuto accesso tramite il cancello di ingresso aperto, assumendo che i proprietari e custodi del cane avevano adottato tutte le misure idonee ad evitare, in regime di normalità, l’aggressione – apposizione sul cancello di un cartello con la scritta “attenti al cane”, sebbene non visibile proprio per essere il cancello aperto; catena lunga tre metri alla quale il cane era legato; posizionamento del cane in luogo distante dal cancello di ingresso – mentre era da reputarsi imprevedibile la circostanza della visita per affari da parte della vittima la mattina del 26 dicembre, allorché i proprietari del cane erano assenti dall’abitazione, e rilevando altresì la sua età – ottanta anni – tale da non consentirgli di ritirarsi con prontezza dall’attacco di un cane legato ad una catena. La S.C., in applicazione del principio sopra riportato, ha cassato la sentenza impugnata, reputando inconferente l’argomentazione relativa all’età del danneggiato ed osservando che, in un contesto in cui il cartello di pericolo non era visibile, non poteva assumersi come atto determinante l’aggressione del cane il solo fatto di varcare un cancello aperto con accesso ad uno stabile).
Cass. civ. n. 6454/2007
In tema di danno cagionato da animali, ai sensi dell’articolo 2052 c.c., la responsabilità del proprietario dell’animale, prevista dalla suddetta norma, è presunta, fondata non sulla colpa, ma sul rapporto di fatto con l’animale. Ne consegue che, per i danni cagionati dall’animale al terzo, il proprietario risponde in ogni caso e in toto, a meno che non dia la prova del caso fortuito, ossia dell’intervento di un fattore esterno idoneo a interrompere il nesso di causalità tra il comportamento dell’animale e l’evento lesivo, comprensivo anche del fatto del terzo o del fatto colposo del danneggiato che abbia avuto efficacia causale esclusiva nella produzione del danno. Pertanto, se la prova liberatoria richiesta dalla norma non viene fornita, non rimane al giudice che condannare il proprietario dell’animale al risarcimento dei danni per l’intero (nella specie, era stato chiesto il risarcimento ai proprietari di un cane a causa di un morso al volto inferto alla ricorrente mentre era in visita alla loro abitazione, e la corte di merito aveva dato maggior rilievo alla imprudenza della danneggiata nella produzione dell’evento: sulla base dell’enunciato principio la Suprema Corte ha accolto il ricorso e cassato con rinvio la sentenza impugnata).
Cass. civ. n. 14743/2002
In tema di responsabilità per danni causati da animali, perché la responsabilità del proprietario gravi su di un altro soggetto, occorre che il proprietario giuridicamente o di fatto si sia spogliato della facoltà di far uso dello stesso (intendendo tale locuzione nel senso di trarne un profitto economico), trasferendolo ad un terzo. Qualora, invece, il proprietario continui a far uso dell’animale sia pure tramite un terzo e, quindi, abbia ingerenza nel governo dello stesso, resta responsabile dei danni arretrati dallo stesso di qualunque danno (nella specie, la S.C. ha ritenuto un centro ippico responsabile dei danni subiti da un’amazzone a seguito di caduta da un cavallo di proprietà del centro stesso).
Cass. civ. n. 200/2002
Il proprietario di un animale (o di chi ne abbia l’uso) risponde ai sensi dell’art. 2052 c.c. sulla base non già di un proprio comportamento o di una propria attività, ma sulla base della mera relazione (di proprietà o di uso) intercorrente fra lui e l’animale, nonché del .nesso di causalità sussistente fra il comportamento di quest’ultimo e l’evento dannoso, fattori – questi – di cui deve dare prova il danneggiato. Il limite di un tal tipo di responsabilità è rappresentato unicamente dal caso fortuito, di cui incombe prova al medesimo proprietario (o utilizzatore), e che non può attenere propriamente al comportamento del medesimo, ma a quello dell’animale.
Cass. civ. n. 4742/2001
La responsabilità ex art. 2052 c.c. del proprietario dell’animale (o dell’utilizzatore che se ne serva in modo autonomo, tale da escludere l’ingerenza del proprietario nel governo dell’animale) postula il nesso causale tra il fatto dell’animale medesimo ed il danno subito dall’attore, il quale, pertanto, al fine di far valere detta responsabilità, è tenuto a provare la sussistenza di tale nesso. Solo a seguito di siffatta dimostrazione, il convenuto è tenuto, per sottrarsi alla responsabilità ex art. 2052 c.c. — la quale è presunta, e prescinde, pertanto, dalla sussistenza della colpa — a fornire la prova del caso fortuito, costituito da un fattore esterno, che può consistere anche nel fatto del terzo, o nella colpa del danneggiato, ma che deve comunque presentare i caratteri della imprevedibilità, inevitabilità e assoluta eccezionalità. Detta imprevedibilità, ai fini della individuazione del caso fortuito, opera sotto il profilo oggettivo, nel senso di accertare l’eccezionalità del fattore esterno, e non già come elemento idoneo ad escludere la colpa del proprietario, che, per quanto precisato, è irrilevante a detti fini.
Cass. civ. n. 13016/1992
In tema di responsabilità per danni derivanti dall’urto tra un autoveicolo ed un animale, la presunzione di colpa a carico del proprietario dell’animale di cui all’art. 2052 c.c., concorre con quella posta dal primo comma del successivo art. 2054 a carico del conducente del veicolo con la conseguente prova liberatoria a carico di quest’ultimo, a meno che il sinistro non si sia verificato mentre l’animale era al traino di un carretto (veicolo) e non debba, pertanto, applicarsi al conducente del mezzo meccanico il secondo comma dell’art. 2054 che pone a suo carico la presunzione di responsabilità solo concorrente. La responsabilità del proprietario dell’animale prevista dall’art. 2052 c.c., essendo alternativa rispetto a quella del soggetto che ha in uso l’animale, è esclusa in tutti i casi in cui il danno sia cagionato mentre l’animale, in virtù di un rapporto anche di mero fatto, sia utilizzato da altri, con il consenso del proprietario, per la realizzazione di un interesse autonomo, ancorchè diverso da quello che il proprietario avrebbe tratto o di fatto traeva. (Nella specie, in base all’enunciato principio la C.S. ha confermato la decisione dei giudici del merito da cui si è affermata la responsabilità esclusiva del mezzadro, restando irrilevante la circostanza che il proprietario divida con il mezzadro la responsabilità delle scorte del fondo).
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