10 Gen Art. 2053 — Rovina di edificio
Il proprietario di un edificio o di altra costruzione è responsabile dei danni cagionati dalla loro rovina, salvo che provi che questa non è dovuta a difetto di manutenzione o a vizio di costruzione [ 1669; 677 c.p. ].
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”8″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 23682/2008
La responsabilità del proprietario per la rovina di edificio, ai sensi dell’art. 2053 cod. civ., è configurabile quando i danni derivino, oltre che da difetti originari e da attività da lui svolte all’interno dell’immobile, anche dal comportamento di terzi immessi nel godimento dello stesso. La locazione, in particolare, poiché costituisce una delle possibili modalità di godimento dell’immobile, dalla quale il proprietario trae vantaggio economico, giustifica, a titolo oggettivo, ovvero a prescindere dalla sua colpa per omessa sorveglianza, la responsabilità del proprietario ai sensi del citato art. 2053 verso i terzi, i quali, pertanto, possono sempre invocare a loro tutela l’imputabilità al proprietario degli eventi dannosi. Peraltro il conduttore, nei confronti del quale il proprietario potrà rivalersi, nei rapporti interni, per i danni addebitatigli ai sensi del suddetto articolo a causa del suo comportamento, non può certo compiere nell’immobile locato interventi e modifiche senza il consenso del proprietario che, anche per questa via ne assume la responsabilità verso i terzi danneggiati. (Nella specie, confermandosi la sentenza di merito impugnata, è stato escluso che andasse esente da responsabilità, secondo l’art. 2053 cod. civ., il proprietario dell’immobile nel quale il locatario, cagionando danni agli appartamenti dei piani superiori, aveva parzialmente abbattuto un muro maestro per ricavarvi un’apertura maggiore di quella esistente).
Cass. civ. n. 22226/2006
A mente dell’art. 840, primo comma, c.c., il proprietario di un fondo risponde autonomamente e direttamente, in via generale ai sensi dell’art. 2043 c.c. e, nel caso di rovina di edificio o di altra costruzione, ai sensi dell’art. 2053 c.c., dei danni arrecati a terzi a seguito di opere o di escavazioni nel proprio fondo, indipendentemente dalla responsabilità dell’appaltatore che abbia eseguito tali lavori.
Cass. civ. n. 19975/2005
La responsabilità del proprietario per i danni cagionati a terzi dalla rovina dell’edificio sussiste, ai sensi dell’art. 2053 c.c., in dipendenza di ogni disgregazione, sia pure limitata, degli elementi strutturali della costruzione, ovvero degli elementi accessori in essa stabilmente incorporati; essa integra un’ipotesi particolare di danno da cose in custodia, che impedisce l’applicazione dell’art. 2051 c.c., per il principio di specialità, e può essere esclusa ove il proprietario fornisca la prova che la rovina non fu dovuta a difetto di manutenzione o a vizio di costruzione. Benché la norma non ne faccia menzione, ai fini dell’esonero dalla responsabilità è consentita anche la prova del caso fortuito, ovvero di un fatto dotato di efficacia causale autonoma rispetto alla condotta del proprietario medesimo, ivi compreso il fatto del terzo o dello stesso danneggiato. E inoltre configurabile il concorso tra la colpa presunta del proprietario e quella accertata in concreto del danneggiato, che con la propria condotta abbia agevolato o accelerato la rovina dell’immobile o di parte di esso. (In applicazione di tali principi, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno proposta nei confronti del titolare di un impianto sportivo per la morte di un calciatore che, arrampicatosi con una scala di legno sul tetto dello spogliatoio per recuperare il pallone uscito dal terreno di gioco, e superata una rete di recinzione manomessa in più punti proprio per consentire l’accesso al solaio, era caduto al suolo a seguito del crollo del parapetto, al quale si era appoggiato per guardare nella strada sottostante).
Cass. civ. n. 19974/2005
La responsabilità del proprietario per i danni cagionati a terzi dalla rovina dell’edificio sussiste, ai sensi dell’art. 2053 c.c., in dipendenza di ogni disgregazione, sia pure limitata, degli elementi strutturali della costruzione, ovvero degli elementi accessori in essa stabilmente incorporati, e può essere esclusa solo ove il proprietario fornisca la prova che la rovina non fu dovuta a difetto di manutenzione o a vizio di costruzione. Benché la norma non ne faccia menzione, ai fini dell’esonero del proprietario dalla responsabilità è consentita anche la prova del caso fortuito, ovvero di un fatto dotato di efficacia causale autonoma rispetto alla condotta del proprietario medesimo, ivi compreso il fatto del terzo o dello stesso danneggiato. Tale esimente, che, in quanto comune ad ogni forma di responsabilità assume portata generale, si pone sul medesimo piano ed in rapporto di alternatività con quella speciale prevista dall’art. 2053, potendo configurarsi il caso fortuito tanto in negativo, quale assenza del difetto di costruzione o manutenzione, quanto in positivo, quale evento imprevedibile ed inevitabile, dotato di una sua propria ed esclusiva autonomia causale, come ad esempio un fenomeno che, scatenando in modo improvviso ed impetuoso le forze distruttive della natura, assuma proporzioni cosa immani e sconvolgenti da travolgere ogni baluardo posto a salvaguardia di uomini e cose.
Cass. civ. n. 1666/2005
In tema di responsabilità del proprietario per danni derivanti, ex art. 2053 c.c., da rovina dell’edificio, per tale deve intendersi ogni disgregazione, sia pure limitata, degli elementi strutturali della costruzione, ovvero degli elementi accessori in essa stabilmente incorporati; responsabilità dalla quale il proprietario dell’edificio può andare esente solo fornendo la prova che la rovina non è dovuta a difetto di manutenzione o a vizio di costruzione. (Nella specie è stata ritenuta la rsponsabilità del proprietario in relazione alle infiltrazioni determinate dalla mancata o insufficiente copertura del tetto già demolito e privo anche del solaio).
Cass. civ. n. 5127/2004
L’art. 2053 c.c. pone a carico del proprietario di un edificio una responsabilità legale presunta, che può essere vinta, senza che si dia luogo necessariamente al concorso di responsabilità del proprietario dell’edificio, qualora si provi l’esistenza di un’altra causa dell’evento dannoso avente una efficienza causale del tutto autonoma ed esclusiva rispetto al vizio di costruzione o al difetto di manutenzione (nel caso di specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva escluso ogni responsabilità del proprietario di un edificio in corso di intervento manutentivo, a fronte della caduta dal tetto del tecnico, incaricato della manutenzione, e quindi a conoscenza dello stato di precarietà in cui versava l’immobile, non avendo questi adottato le doverose ed essenziali precauzioni volte ad assicurare che l’ispezione che si apprestava a compiere si svolgesse in situazione non pericolosa).
Cass. civ. n. 8876/1998
In virtù dell’art. 2053 c.c. che integra un’ipotesi particolare di danno da cose in custodia ex art. 2051 c.c., con la conseguenza che per il principio di specialità, il suo configurarsi impedisce l’applicazione della stessa disposizione sussiste la responsabilità del proprietario per il caso di danni provocati a terzi quale conseguenza della rovina dell’edificio, intendendosi come tale ogni disgregazione, sia pure limitata, degli elementi strutturali della costruzione, ovvero degli elementi accessori in essa stabilmente incorporati; responsabilità dalla quale il proprietario dell’edificio può andare esente solo fornendo la prova che la rovina non è dovuta a difetto di manutenzione o a vizio di costruzione
Cass. civ. n. 12251/1997
L’art. 2053 c.c. che contempla la responsabilità del proprietario per rovina di edificio comprende ogni disgregazione sia pure limitata dell’edificio stesso ovvero di elementi accessori in esso stabilmente collegati compresa la rottura dei tubi dell’impianto idrico-sanitario, ponendosi in rapporto di specialità rispetto all’art. 2051 c.c., consentendo, non diversamente da quest’ultimo, la prova del fortuito e l’esonero del proprietario dalla responsabilità.
Cass. civ. n. 212/1988
La responsabilità del proprietario d’un edificio o di altra costruzione per i danni cagionati dalla loro rovina può ravvisarsi solo in caso di danni derivanti dagli elementi (anche accessori ma) strutturali dell’edificio o di altra costruzione e perciò da parti essenziali degli stessi, ossia di danni derivanti dall’azione dinamica del materiale facente parte della struttura della costruzione e non da qualsiasi disgregazione sia pure limitata dell’edificio o di elementi o manufatti accessori non facenti parte della struttura della costruzione. Va, pertanto, esclusa la responsabilità del proprietario dell’edificio, a norma dell’art. 2053 c.c., per infiltrazioni di acqua in un appartamento dell’edificio, ove derivanti da una avaria che non riguardi la conduttura idrica strutturalmente incorporata nell’edificio stesso bensì l’impianto di scaldabagno dell’appartamento soprastante e così una pertinenza organicamente distinta dallo stes¬so.
Cass. civ. n. 4898/1977
La responsabilità legale presunta sancita dall’art. 2053 c.c. a carico del proprietario di un edificio o di altra costruzione peri danni cagionati dalla loro rovina è configurabile anche nei confronti della pubblica amministrazione, in quanto per la tutela del diritto del danneggiato non è necessario indagare sull’uso dei poteri discrezionali della P.A. Tale responsabilità inoltre può configurarsi a carico della P.A. anche per i danni derivati dalla rovina di un immobile demaniale. In mancanza di un provvedimento autoritativo che abbia ordinato la demolizione di costruzioni abusivamente edificate in appoggio ad un bene demaniale, la pubblica amministrazione è responsabile
ex art. 2053 c.c. dei danni cagionati dalla rovina totale o parziale del bene demaniale, anche nei confronti degli stessi proprietari, delle costruzioni abusive, salva la prova che la rovina non sia dovuta a difetto di manutenzione o a vizio di costruzione.
Cass. civ. n. 4694/1976
Nella nozione di «rovina», di cui all’art. 2053 c.c., se non può essere ricompresa ogni insidia pericolosa che possa trovarsi contenuta nell’edificio, è però da includere ogni disgregazione, sia pure limitata dell’edificio stesso o di elementi o manufatti accessori di esso, dalla quale possa derivare danno a terzi. L’art. 2053 c.c. pone a carico del proprietario una presunzione legale di responsabilità per i danni cagionati dalla rovina dell’edificio dovuta a vizi di costruzione o a difetto di manutenzione, a causa, cioè, che egli è tenuto ad evitare per il suo peculiare dovere di cura e di vigilanza in ordine a costruzioni potenzialmente dannose per i terzi. Tale responsabilità non vien meno solo perchè il proprietario abbia affidato ad un terzo la progettazione o la costruzione dell’edificio o abbia concesso ad altri il godimento temporaneo dell’immobile, ovvero ricorra il fatto colposo di un terzo o dello stesso danneggiato; circostanze, queste ultime, che di per sè sole, possono dar luogo soltanto ad un concorso di colpa ed a rivalsa verso il terzo o a una riduzione della responsabilità del proprietario. La responsabilità di quest’ultimo può infatti restare esclusa soltanto al di là del previsto ambito suo proprio, se ricorrano gli estremi peculiari del caso fortuito o della forza maggiore, o anche fatti del terzo o del danneggiato, sempre che essi si pongano come fattori estranei alla sfera di azione del proprietario dell’immobile.
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