Art. 1905 – Codice civile – Limiti del risarcimento
L'assicuratore è tenuto a risarcire, nei modi e nei limiti stabiliti dal contratto, il danno sofferto dall'assicurato in conseguenza del sinistro [1223, 1900, 1908].
L'assicuratore risponde del profitto sperato solo se si è espressamente obbligato.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 12565/2018
Nell'assicurazione contro i danni, il danno da fatto illecito deve essere liquidato sottraendo dall'ammontare del danno risarcibile l'importo dell'indennità che il danneggiato-assicurato abbia riscosso in conseguenza di quel fatto, in quanto detta indennità è erogata in funzione di risarcimento del pregiudizio subito dall'assicurato in conseguenza del verificarsi dell'evento dannoso ed essa soddisfa, neutralizzandola in tutto o in parte, la medesima perdita al cui integrale ristoro mira la disciplina della responsabilità risarcitoria del terzo autore del fatto illecito.
Cass. civ. n. 23210/2015
In tema di contratto di assicurazione, qualora sia intervenuta una modifica del massimale tra la data di verificazione e quella di denuncia di un sinistro, continua ad applicarsi il massimale originario poiché i principi di aleatorietà, mutualità ed inversione del ciclo produttivo che caratterizzano l'attività assicurativa impongono una permanente coerenza tra premio pagato e rischio garantito, la quale può essere soddisfatta solo se l'assicuratore conosca in anticipo il limite di quanto potrà essere chiamato a pagare per ciascun sinistro.
Cass. civ. n. 15868/2015
In tema di assicurazione contro i danni, il pagamento dell'indennizzo costituisce debito di valore poiché assolve ad una funzione di reintegrazione della perdita subita dal patrimonio dell'assicurato, sicché è soggetto all'automatica rivalutazione per il periodo intercorso tra il sinistro e la liquidazione, senza che abbia rilevanza l'inadempimento o il ritardo colpevole dell'assicuratore.
Cass. civ. n. 2469/2015
Qualora le parti del contratto abbiano espressamente subordinato l'operatività della garanzia assicurativa all'adozione, da parte dell'assicurato, di determinate misure di sicurezza, il giudice non può sindacare la loro concreta idoneità ad evitare l'evento dannoso, e quindi - ove questo si verifichi indipendentemente da tale inosservanza - non può riconoscere l'obbligo dell'assicuratore a corrispondere l'indennizzo, pur a fronte della mancata adozione delle misure pattuite per la difesa del bene protetto. Dette clausole, infatti, non realizzano una limitazione di responsabilità dell'assicuratore, ma individuano e delimitano l'oggetto stesso del contratto ed il rischio dell'assicuratore stesso. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso l'obbligo di indennizzo in relazione ad un furto avvenuto mediante l'uso fraudolento delle chiavi autentiche di una cassaforte, in presenza di una clausola contrattuale che escludeva il rischio garantito nell'ipotesi di impiego sia pur fraudolento di chiavi vere).
Cass. civ. n. 10596/2010
L'interpretazione di un contratto di assicurazione deve procedere, in ragione della natura sinallagmatica del vincolo, alla luce del principio di necessaria corrispondenza tra ammontare del premio dovuto dall'assicurato e contenuto dell'obbligazione dell'assicuratore, sicché proprio la determinazione del premio di polizza assume valore determinante ai fini dell'individuazione del tipo e del limite massimo del rischio assicurato, onde possa reputarsi in concreto rispettato l'equilibrio sinallagmatico tra le reciproche prestazioni. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, con motivazione carente e contrastante con gli ordinari canoni ermeneutici, aveva attribuito insufficiente rilievo alla circostanza costituita dalla corrispondenza del premio corrisposto dall'assicurato per una polizza-furto al tipo di garanzia cd. "a primo rischio assoluto", che la compagnia assicuratrice aveva asserito non essere coperta dallo stipulato contratto di assicurazione contro i danni).
Cass. civ. n. 395/2007
In tema di assicurazione contro i danni, nel cui ambito deve essere ricondotta l'assicurazione contro gli infortuni, il debito di indennizzo dell'assicuratore, ancorché venga convenzionalmente contenuto, nella sua espressione monetaria, nei limiti di un massimale, configura debito di valore, non di valuta, in quanto assolve una funzione reintegrativa della perdita subita dal patrimonio dell'assicurato, e, pertanto, è suscettibile di automatico adeguamento alla stregua della sopravvenuta svalutazione monetaria. Tale effetto deriva anche in virtù del costante riferimento al risarcimento del danno ed al valore della cosa assicurata in tutte le disposizioni normative che regolano la materia, con particolare riguardo a quelle contenute negli artt. 1905 e 1908 c.c..
Cass. civ. n. 14909/2002
In tema di assicurazione contro i danni, qualora le parti affidino ad un terzo l'incarico di esprimere un apprezzamento tecnico sulla entità delle conseguenze di un evento al quale è collegata la prestazione dell'indennizzo, impegnandosi a considerare tale apprezzamento come reciprocamente vincolante ma escludendo — esplicitamente od implicitamente — dai poteri di detto terzo la soluzione delle questioni attinenti alla validità ed operatività della garanzia assicurativa, il relativo patto esula dall'ambito dell'arbitrato, rituale o irrituale, e configura una ipotesi di cosiddetta «perizia contrattuale», che non interferisce sull'azione giudiziaria rivolta alla definizione delle indicate questioni.
Cass. civ. n. 4753/2001
L'obbligazione assunta dall'assicuratore contro i danni è un debito di valore, come emerge dal costante riferimento al risarcimento del danno ed al valore della cosa assicurata in tutte le disposizioni normative che regolano la materia, ed in particolare negli artt. 1905 e 1908 c.c. Tale debito assolve la funzione reintegrativa della perdita subita dal patrimonio dell'assicurato ed è pertanto suscettibile di automatico adeguamento alla stregua della sopravvenuta svalutazione monetaria. La previsione di un massimale come limite della responsabilità dell'assicuratore è inidonea a trasformare l'obbligazione di risarcimento del danno in quella di pagamento di una somma determinata.
Cass. civ. n. 15407/2000
Con riguardo ad un contratto di assicurazione contro gli infortuni nel quale viene assicurato un determinato capitale a fronte della morte, dell'inabilità permanente o di quella temporanea — la prestazione dell'assicuratore costituisce un debito di valuta e, pertanto, può essere rivalutato soltanto se il creditore dimostri di aver subito un danno maggiore di quello compensato con gli interessi legali, secondo quanto stabilito dall'art. 1224 c.c.
Cass. civ. n. 11228/2000
In materia di assicurazione della responsabilità civile, la clausola che esclude dal novero dei danni indennizzabili una categoria di danni non è idonea ad escludere anche quelli, riconducibili alla categoria del danno indennizzabile, che nello sviluppo della catena causale siano conseguenti al danno escluso. (Nella specie, la Suprema Corte ha ritenuto compreso nel danno indennizzabile - responsabilità nascente dall'attività di riparazione di navi con esclusione della responsabilità per morte o lesioni - il danno derivante da sosta tecnica in dipendenza del sequestro penale disposto a seguito del decesso, nell'incendio di una nave in riparazione, di numerosi lavoratori).
Cass. civ. n. 13342/1999
L'assicuratore contro i danni non è costituito in mora ipso facto, per il solo verificarsi del sinistro, ma lo è dal momento in cui l'assicurato avanza formale richiesta di indennizzo, ex art. 1219 c.c.
Cass. civ. n. 1437/1996
La clausola che nella polizza di assicurazione esclude la garanzia assicurativa per danni a terzi nell'ipotesi in cui il veicolo sia condotto da persona di età inferiore a quella richiesta dalla legge, non rientra fra quelle indicate dall'art. 1341 c.c. e non è quindi soggetta alla specifica approvazione per iscritto ivi prevista, perché non riduce l'ambito obiettivo della responsabilità rispetto alle previsioni di legge o di contratto ma determina soltanto i limiti entro i quali l'obbligazione assunta deve ritenersi operante, fissando con l'esclusione di alcuni casi l'effettiva portata della copertura assicurativa.
Cass. civ. n. 3388/1995
Nell'ambito di contratti di assicurazioni contro i danni, il danno alla vita di relazione ed il danno biologico, ancorché non derivanti da illecito, ben possono costituire situazioni di pregiudizio risarcibili; ne deriva che, in caso di controversia circa i limiti del risarcimento (art. 1905 c.c.), è compito del giudice di merito interpretare i contratti assicurativi dedotti in lite, al fine di valutare in concreto se la copertura assicurativa si estenda, o meno, anche alle indicate situazioni di pregiudizio.
Cass. civ. n. 9745/1994
La clausola con la quale si stabilisce nella polizza di assicurazione in quali limiti l'assicuratore è tenuto a rivalere l'assicurato del danno prodottogli dal sinistro non fa che precisare l'oggetto del contratto assicurativo senza creare delle limitazioni di responsabilità a favore dell'assicuratore medesimo riguardo il risarcimento del danno assicurato. Tale clausola non rientra perciò tra quelle limitatrici di responsabilità soggetta alla disciplina dell'art. 1341, comma 2, c.c., onde non può dirsi che essa non ha effetto a favore del contraente che l'ha predisposta nelle condizioni generali del contratto (assicuratore) ove non sia pacificamente approvata per iscritto dal contraente per adesione (assicurato).
Cass. civ. n. 1962/1984
In tema di assicurazione di responsabilità civile per danni prodotti a terzi da cose, il valore dell'edificio per il quale l'assicurato intende essere coperto da assicurazione non incide né sul rischio in senso tecnico (cioè sulla probabilità di verificazione del sinistro), né sulla stessa entità della prestazione dell'assicuratore (e quindi sul premio), in quanto in tale tipo di contratto l'ammontare massimo dell'eventuale esposizione debitoria dell'assicurato — e perciò dell'obbligazione dell'assicuratore di liberarlo dal debito che lo ha colpito — non è determinato in funzione del valore del bene, ma dei danni subiti dal terzo.
Cass. civ. n. 572/1973
Il debito dell'assicuratore contro i danni è debito di valore e non di valuta perché l'oggetto dell'assicurazione è costituito, a norma dell'art. 1905 c.c., dal risarcimento del danno sofferto dall'assicurato. Il riferimento al risarcimento del danno ed al valore della cosa assicurata è difatti costante in tutte le disposizioni di legge che regolano la soggetta materia, e segnatamente negli artt. da 1904 e 1909 c.c. sicché a nulla rileva che l'adempimento dell'assicuratore, anziché consistere nella reintegrazione in forma specifica, avvenga mediante l'esborso di una somma di denaro, questa non essendo predeterminata ma risultando invece dalla valutazione del danno e costituendo il modo normale di risarcimento. Questo principio deve essere applicato anche nei casi in cui le parti abbiano convenuto un «massimale», espresso in moneta, come limite (assolutamente lecito ai sensi dell'art. 1322 c.c.) della responsabilità dell'assicuratore, non apparendo sufficiente la fissazione di un tal limite a trasformare l'obbligo di risarcimento in quello di pagamento di una somma (asseritamente) predeterminata al momento del contratto.