10 Gen Art. 1696 — Calcolo del danno in caso di perdita o di avaria
Il danno derivante da perdita o da avaria si calcola secondo il prezzo corrente delle cose trasportate nel luogo e nel tempo della riconsegna [ 1515 3 ].
Il risarcimento dovuto dal vettore non può essere superiore a un euro per ogni chilogrammo di peso lordo della merce perduta o avariata nei trasporti nazionali ed all’importo di cui all’articolo 23, comma 3, della Convenzione per il trasporto stradale di merci, ratificata con leggee 6 dicembre 1960, n. 1621, e successive modificazioni, nei trasporti internazionali.
La previsione di cui al comma precedente non è derogabile a favore del vettore se non nei casi e con le modalità previste dalle leggi speciali e dalle convenzioni internazionali applicabili.
Il vettore non può avvalersi della limitazione della responsabilità prevista a suo favore dal presente articolo ove sia fornita la prova che la predita o l’avaria della merce sono stati determinati da dolo o colpa grave del vettore o dei suoi dipendenti e preposti, ovvero di ogni altro soggetto di cui egli si sia avvalso per l’esecuzione del trasporto, quando tali soggetti abbiano agito nell’esercizio delle loro funzioni
[adrotate group=”6″]
Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”8″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 5700/1999
Il trasportatore obbligato ex recepto a risarcire il danno al destinatario della merce perché sottratta nei suoi magazzini ove l’aveva messa a sua disposizione per il ritiro deve corrispondergli anche l’Iva versata al venditore non potendo più egli riversarla sull’acquirente finale.
Cass. civ. n. 641/1990
La norma dell’art. 1696 c.c., per la quale il danno derivante da perdita o da avaria si calcola secondo il prezzo corrente delle cose trasportate nel luogo e nel tempo dalla riconsegna, non importa che l’obbligazione del vettore sia per ciò sottratta al principio dell’adeguamento dell’indennizzo al diminuito potere di acquisto della moneta.
Cass. civ. n. 4732/1986
Per stabilire lo stato, il valore ed il danno della merce, conseguenti alla perdita o all’avaria delle cose trasportate dal vettore marittimo, le perizie sulle condizioni del carico all’arrivo, benché redatte, ai fini del rapporto assicurativo, da tecnici di fiducia dell’assicuratore (cosiddetti commissari di avaria), possono essere utilizzate dal giudice del merito come fonte del proprio convincimento, purché il vettore o il suo raccomandatario siano intervenuti alla constatazione dei danni o siano stati messi in grado d’intervenire mediante tempestivo avviso. Il valore della merce, in tal caso, può ben essere desunto dalle fatture emesse dal mittente nei confronti del destinatario della merce, stante la presunzione semplice che nei normali rapporti tra imprenditori commerciali venga praticato il prezzo di mercato (nella specie trattavasi di balle di cotone, le cui quotazioni risultano da mercuriali o da contrattazioni largamente generalizzate).
Cass. civ. n. 289/1985
Nel caso di perdita, per colpa del vettore, di cosa individuata di cui non sia stato indicato il valore e che non abbia un prezzo corrente, cioè determinato in base a tariffe fissate dalla pubblica autorità oppure alla stregua di listini di borsa o di mercato, il danno va calcolato non a norma dell’art. 1696 cod. civ., ma con riferimento al valore effettivo della cosa trasportata.
Cass. civ. n. 5793/1980
La disposizione dell’art. 1696 c.c., secondo cui il danno derivante da perdita o avaria delle cose trasportate si calcola secondo il prezzo corrente di queste nel luogo e nel tempo della riconsegna, collega la liquidazione del danno emergente ad un criterio sicuro ed univoco — con la conseguente esclusione (per tale tipo di danno) di ogni altro diverso criterio, pure astrattamente ammissibile — ma non esclude la risarcibilità, secondo i principi generali di cui all’art. 1223 c.c., dell’eventuale ulteriore danno costituito dal lucro cessante, e cioè dal mancato guadagno che l’avente diritto contava di ritrarre dalle cose trasportate, sempre che esso costituisca conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento degli obblighi gravanti sul vettore.
Cass. civ. n. 1466/1978
Per la liquidazione del danno derivante da perdita o avaria delle cose trasportate non si applica la disciplina stabilita in via generale dell’art. 1223 c.c., neppure nell’ipotesi di dolo o di colpa grave del vettore, bensì la disciplina dell’art. 1696 c.c., la quale impone una valutazione da condurre sulla base di dati obbiettivamente accertabili (prezzo corrente delle cose nel luogo e nel tempo della riconsegna), senza alcuna possibilità di ricorrere ad elementi desumibili dalla violazione dell’interesse del creditore, quali quelli attinenti al danno emergente e al lucro cessante: tale criterio obiettivo non resta escluso neppure quando si tratti di cose il cui prezzo non risulti da listini di borsa o di mercato (mercuriali) o non sia stabilito per atto della pubblica autorità (art. 1515 c.c.), poiché, anche in tal caso, il danno deve essere calcolato sulla base di elementi obbiettivi, ossia desumendo il valore delle cose perdute o avariate dal raffronto che, secondo le particolari circostanze del caso concreto, sia possibile effettuare con i prezzi effettivamente pagati nel luogo della prestazione per cose della stessa natura.
Cass. civ. n. 4696/1976
Ai sensi dell’art. 1696 c.c., per stabilire il danno conseguente alla perdita o all’avaria delle cose trasportate, il giudice del merito può legittimamente fare riferimento alle risultanze della fattura emessa dal mittente (venditore) nei confronti del destinatario (acquirente), poiché corrisponde ad una presunzione semplice che nei normali rapporti fra imprenditori commerciali venga praticato il prezzo di mercato, quando si tratti di merci che hanno una quotazione risultante da mercuriali o quanto meno da contrattazioni largamente generalizzate.
[adrotate group=”7″]