Art. 1355 – Codice civile – Condizione meramente potestativa

È nulla [1418] l'alienazione di un diritto o l'assunzione di un obbligo subordinata a una condizione sospensiva che la faccia dipendere dalla mera volontà dell'alienante o, rispettivamente, da quella del debitore [645].

Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 21111/2022

Il lodo, promosso dal promittente venditore ai sensi dell'art. 2932 c.c., per l'inadempimento del promittente acquirente, che abbia disposto il trasferimento di un immobile in favore di quest'ultimo, subordinatamente al pagamento da parte sua del corrispettivo pattuito, è soggetto a imposta in misura fissa, in applicazione dell'art. 27, comma 1, del d.P.R. n. 131 del 1986, ove venga accertato che il lodo abbia subordinato l'efficacia del trasferimento alla volontà di una parte che è sempre rimasta inadempiente non avendo mai voluto, né potuto, adempiere l'obbligazione assunta con il contratto preliminare, sicché tale condizione sospensiva non può qualificarsi come meramente potestativa.

Cass. civ. n. 31319/2021

In tema di locazione tra persone giuridiche, ove le parti stipulino un negozio di accertamento per eliminare la "res dubia" relativa ai crediti da essa nascenti, la clausola di tale negozio che ne subordini l'esigibilità alla condizione sospensiva di carattere negativo che un nuovo contratto di locazione, con cui la locatrice abbia concesso il godimento della "res locata" ad altro conduttore di cui essa sia socia di maggioranza, "non giunga a buon fine", è meramente potestativa, poiché dà luogo ad una ipotesi di abuso della personalità giuridica, e deve pertanto ritenersi nulla ai sensi dell'art. 1355 c.c.

Cass. civ. n. 30143/2019

La condizione è "meramente potestativa" quando consiste in un fatto volontario il cui compimento o la cui omissione non dipende da seri o apprezzabili motivi, ma dal mero arbitrio della parte, svincolato da qualsiasi razionale valutazione di opportunità e convenienza, sì da manifestare l'assenza di una seria volontà della parte di ritenersi vincolata dal contratto, mentre si qualifica "potestativa" quando l'evento dedotto in condizione è collegato a valutazioni di interesse e di convenienza e si presenta come alternativa capace di soddisfare anche l'interesse proprio del contraente, soprattutto se la decisione è affidata al concorso di fattori estrinseci, idonei ad influire sulla determinazione della volontà, pur se la relativa valutazione è rimessa all'esclusivo apprezzamento dell'interessato. (Nella specie, la S.C. ha reputato potestativa la condizione sospensiva apposta ad un contratto di compravendita di un terreno, avente ad oggetto la conclusione di un contratto di locazione sui fabbricati da costruire, entro un certo termine, con un terzo conduttore non identificato, sussistendo un apprezzabile interesse ed essendo il suo avveramento alla volontà di un terzo).

Cass. civ. n. 9879/2018

La costituzione di una servitù volontaria ben può essere subordinata a condizione risolutiva, che non è incompatibile con la costituzione di una servitù poiché non incide sul requisito della permanenza, connaturale al contenuto reale dell'asservimento tra due fondi, ma si risolve in un modo convenzionale di estinzione della servitù stessa. Tale condizione è valida anche se meramente potestativa, in quanto l'art. 1355 c.c. limita la nullità, nell'ambito delle condizioni meramente potestative, a quelle sospensive. (Rigetta, CORTE D'APPELLO GENOVA, 13/08/2013).

Cass. civ. n. 17770/2016

In tema di contratto di agenzia, la clausola contrattuale che prevede la facoltà della società mandante di tenere l'agente vincolato al divieto di concorrenza nei suoi confronti ed il correlato obbligo della medesima società di corrispondere un corrispettivo in caso di esercizio di tale facoltà, non integra una condizione meramente potestativa, in quanto l'efficacia dell' obbligazione non dipende dalla volontà dello stesso debitore, ossia dell'agente sul quale grava l'obbligo di non-concorrenza, bensì da quella della parte creditrice, ovvero della casa mandante, sicché tale patto non rientra nella previsione di nullità di cui all'art. 1355 c.c., ma va qualificato come patto di opzione ex art. 1331 c.c.

Cass. civ. n. 19045/2015

In tema di lavoro pubblico negli enti locali, il riferimento alla futura adozione di un atto organizzativo attuativo del contratto collettivo regionale di lavoro, contenuto nel provvedimento di originario conferimento di incarico dirigenziale, è qualificabile non come condizione risolutiva meramente potestativa (da ritenersi nulla e non apposta), ma come indicazione, ove il Comune non abbia ancora dato attuazione alle disposizioni collettive (nella specie, gli artt. 31-34 del c.c.r.l. Enti locali biennio 2000/2001), di un termine incerto nel "quando" ma certo nell'"an" dovendo l'ente locale provvedervi, sicché gli incarichi dirigenziali conferiti anteriormente, a norma dell'art. 109, comma 2, del d.lgs. n. 267 del 2000, sono destinati a perdere ogni effetto dal momento dell'adozione dei nuovi provvedimenti organizzativi.

Cass. civ. n. 20735/2014

In materia di pubblico impiego, il bando di concorso per l'assunzione di personale ha duplice natura giuridica di provvedimento amministrativo e di atto negoziale (offerta al pubblico) vincolante nei confronti dei partecipanti al concorso. Ne consegue che l'atto di approvazione della graduatoria è illegittimo qualora si ponga in contraddizione con la delibera di indizione e con il bando ("lex specialis" del concorso), mentre la clausola con cui la P.A. si riservi la facoltà di non procedere all'assunzione è nulla perché integra una condizione meramente potestativa ai sensi dell'art. 1355 cod. civ. Né, in assenza di un "contrarius actus", è possibile attribuire efficacia alcuna alla volontà della P.A. di annullare o revocare il bando, risultando l'autotutela esercitata in carenza di potere e con atti illegittimi per difetto di forma.

Cass. civ. n. 18239/2014

La condizione è "meramente potestativa" quando consiste in un fatto volontario il cui compimento o la cui omissione non dipende da seri o apprezzabili motivi, ma dal mero arbitrio della parte, svincolato da qualsiasi razionale valutazione di opportunità e convenienza, sì da manifestare l'assenza di una seria volontà della parte di ritenersi vincolata dal contratto, mentre si qualifica "potestativa" quando l'evento dedotto in condizione è collegato a valutazioni di interesse e di convenienza e si presenta come alternativa capace di soddisfare anche l'interesse proprio del contraente, soprattutto se la decisione è affidata al concorso di fattori estrinseci, idonei ad influire sulla determinazione della volontà, pur se la relativa valutazione è rimessa all'esclusivo apprezzamento dell'interessato.

Cass. civ. n. 11774/2007

La condizione è «meramente potestativa» quando consiste in un fatto volontario il cui compimento o la cui omissione non dipende da seri o apprezzabili motivi, ma dal mero arbitrio della parte, mentre si qualifica «potestativa» quando la volontà del debitore dipende da un complesso di motivi connessi ad apprezzabili interessi che, pur essendo rimessi all'esclusiva valutazione di una parte, agiscano sulla sua volontà determinandola in un certo senso.

Cass. civ. n. 17859/2003

Poiché le parti possono, nell'ambito dell'autonomia privata, prevedere l'adempimento o l'inadempimento di una di esse quale evento condizionante l'efficacia del contratto sia in senso sospensivo che risolutivo, non configura una illegittima condizione meramente potestativa la pattuizione che fa dipendere dal comportamento — adempiente o meno — della parte l'effetto risolutivo del negozio, e ciò non solo per l'efficacia (risolutiva e non sospensiva) del verificarsi dell'evento dedotto in condizione ma anche perché tale clausola, in quanto attribuisce il diritto di recesso unilaterale dal contratto — il cui esercizio è ramoso a una valutazione ponderata degli interessi della stessa parte — non subordina l'efficacia del contratto a una scelta meramente arbitraria della parte medesima. Ne consegue che l'avveramento della condizione di fatto non costituisce atto illecito e non è perciò fonte di obbligazione risarcitoria.

Cass. civ. n. 8390/2000

La condizione meramente potestativa e la conseguente sanzione di nullità di cui all'art. 1355 c.c. non sussistono quando l'impegno che la parte si assume, non è rimesso al suo mero arbitrio ma è collegato ad un gioco di interessi e di convenienza e si presenta come alternativa capace di soddisfare anche il proprio interesse, mentre la condizione potestativa invalidante il negozio è quella che dipende dal mero arbitrio del soggetto obbligato, cosa da presentarsi come effettiva negazione di ogni vincolo con la conseguenza che essa deve escludersi quando l'evento dedotto dipenda anche dal concorso di fattori estrinseci che possono influire sulla determinazione della volontà pur se la relativa valutazione sia rimessa all'esclusivo apprezzamento dell'interessato.

Cass. civ. n. 5631/1985

Nell'ambito delle condizioni meramente potestative, l'art. 1355 c.c. commina la nullità soltanto per le condizioni sospensive e non anche per le condizioni risolutive, delle quali pertanto va riconosciuta la validità anche se meramente potestative.

Cass. civ. n. 2504/1974

La differenza fra il recesso dal contratto e la condizione potestativa risolutiva, la cui validità si desume dall'art. 1355 c.c., consiste nell'effetto retroattivo di quest'ultima rispetto a quello del recesso. Deve pertanto ravvisarsi la ipotesi della condizione risolutiva potestativa solo se risulti che la caducazione della efficacia di un contratto sia stata accettata, al momento della pattuizione, da entrambe le parti con efficacia ex tunc.

Cass. civ. n. 624/1974

La norma dell'art. 1355 c.c. limita la nullità del negozio alla sola ipotesi della condizione sospensiva meramente potestativa a parte debitoris, il cui avveramento è rimesso alla volontà di uno dei soggetti, e cioè ad un suo atto puramente arbitrario, tale da implicare l'effettiva negazione del vincolo. Nel caso, invece, della condizione potestativa semplice, la volontà dei contraenti è determinata da elementi estrinseci, onde, pur se la loro valutazione è sempre riservata all'interessato, vien meno ogni carattere di arbitrio e conseguentemente essa, operando secondo il meccanismo descritto dagli artt. 1356 e ss. c.c., non influisce in alcun modo sulla validità del negozio.

Cass. civ. n. 170/1972

Per aversi condizione meramente potestativa è necessario che l'efficacia del negozio sia rimessa al mero arbitrio di una delle parti, indipendentemente da ogni fattore obiettivo o subiettivo capace di orientare la scelta in un determinato senso. Tale situazione, che si risolve praticamente nella effettiva negazione di ogni vincolo, non ricorre quando, a carico di colui che abbia impedito l'effetto finale del negozio (e che si pretenda titolare della potestà di disporre di detto effetto) sia previsto il pagamento di una penale avente funzione di liquidazione forfettaria del danno.