14 Mag Cassazione civile Sez. II sentenza n. 1593 del 20 gennaio 2017
Testo massima n. 1
La buona fede che rileva, ex art. 1153 c.c., ai fini dell’acquisto della proprietà di beni mobili “a non domino”, corrisponde a quella di cui all’art. 1147 c.c., sicché, ai sensi del comma 2 di quest’ultima norma, essa non è invocabile da chi compie l’acquisto ignorando di ledere l’altrui diritto per colpa grave, che ricorre quando quell’ignoranza sia dipesa dall’omesso impiego, da parte dell’acquirente, di quel minimo di diligenza, proprio anche delle persone scarsamente avvedute, che gli avrebbe permesso di percepire l’idoneità dell’acquisto a determinare la lesione dell’altrui diritto, poiché “non intelligere quod omnes intellegunt” costituisce un errore inescusabile, incompatibile con il concetto stesso di buona fede. [ Nella specie, la S.C. ha escluso la buona fede nell’acquisto di dipinti antichi di provenienza illecita da parte di un professionista del settore che, non usando la dovuta prudenza, si era accontentato della dichiarazione mendace del venditore di aver acquistato i beni ad un’asta fallimentare, senza chiedere il verbale di aggiudicazione delle opere, nonostante il loro elevatissimo valore ].
Articoli correlati
Testo massima n. 2
Nell’ordinamento processuale vigente manca una norma di chiusura sulla tassatività dei mezzi di prova, sicché il giudice, potendo porre a base del proprio convincimento anche prove cd. atipiche, è legittimato ad avvalersi delle risultanze derivanti dagli atti delle indagini preliminari svolte in sede penale, così come delle dichiarazioni verbalizzate dagli organi di polizia giudiziaria in sede di sommarie informazioni testimoniali.
Articoli correlati
[adrotate group=”9″]