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Art. 407 — Violazione di sepolcro

Art. 407 — Violazione di sepolcro

Chiunque viola una tomba, un sepolcro o un’urna è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 34145/2003

In tema di violazione di sepolcro, la sussistenza del reato non è esclusa dalla circostanza che il sepolcro, la tomba o l’urna oggetto della violazione non si trovino in un cimitero consacrato, posto che la fattispecie di cui all’art. 407 c.p. tutela il sentimento della pietà verso i defunti, il quale è suscettibile di offesa a prescindere dalla situazione in cui si trova il luogo violato.

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Cass. pen. n. 690/1971

Il termine «violazione» usato dal legislatore, in relazione al sepolcro, esprime un concetto anche normativo e non soltanto materiale, sicché non ogni alterazione vale ad integrare l’elemento materiale del reato, ma solo quella che lede l’interesse giuridico tutelato dalla norma e cioè il sentimento di pietà verso i defunti. Perché possa parlarsi di violazione di sepolcro (o di tomba o di urna) è necessario che il fatto sia illegittimo e tale illegittimità non può essere considerata che in rapporto agli scopi specifici della tutela di cui all’art. 407 c.p. Ond’è che la mancanza del requisito della illiceità, pur potendo dar luogo alla materialità del fatto, non può concretarsi in una «violazione» in senso giuridico, penalmente sanzionabile. (Fattispecie relativa ad estumulazione, effettuata da custode – necroforo di cimitero, decorso il decennio d’inumazione, ai sensi del regolamento di polizia mortuaria).

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Cass. pen. n. 1198/1969

Ai fini della tutela apprestata con le norme di cui agli artt. 407, 413 c.p., nel concetto di «cadavere» deve non soltanto comprendersi il corpo umano inanimato nel suo complesso e nelle singole parti, ma anche lo scheletro dopo che sia quindi avvenuta la completa dissoluzione degli elementi putrescibili.

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