12 Mag Art. 45 — Casi di rimessione
1. In ogni stato e grado del processo di merito, quando gravi situazioni locali, tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili, pregiudicano la libera determinazione delle persone che partecipano al processo, ovvero la sicurezza o l’incolumità pubblica o determinano motivi di legittimo sospetto, la corte di cassazione, su richiesta motivata del procuratore generale presso la corte di appello o del pubblico ministero presso il giudice che procede o dell’imputato [ 60–61 c.p.p.], rimette il processo ad altro giudice, designato a norma dell’articolo 11.
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”22″]
Massime correlate
Cass. pen. n. 29413/2018
In tema di rimessione del processo, la “grave situazione locale” di cui all’art. 45 cod. proc. pen. è configurabile in presenza di un fenomeno esterno alla dialettica processuale, riguardante l’ambiente territoriale nel quale il processo si svolge e connotato da tale abnormità e consistenza da non poter essere interpretato se non nel senso di un pericolo concreto per la non imparzialità dell’ufficio giudiziario della sede in cui si celebra il processo, ovvero di un pregiudizio alla libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo medesimo. [Fattispecie in cui la Corte ha escluso che potesse integrare il presupposto per la rimessione l’adozione, in un diverso procedimento celebrato a carico del medesimo imputato, di un’ordinanza ex art.521, cod.proc.pen., con la quale il tribunale aveva disposto la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica, il tutto in un contesto in cui il pubblico ministero d’udienza aveva dichiarato il proprio pregiudizio nei confronti dell’imputato e di tutto il distretto giudiziario nel quale quest’ultimo aveva in precedenza svolto le funzione di presidente di tribunale].
Cass. pen. n. 55328/2016
In tema di rimessione del processo, deve escludersi che ripetuti articoli giornalistici, e persino una vera e propria campagna di stampa, pur continua ed animosa, assumano di per sé rilievo ai fini della “traslatio iudicii”, in mancanza di elementi concreti che rivelino una coeva potenziale menomazione della imparzialità dei giudici locali. [Fattispecie in tema di reati di criminalità organizzata, nella quale la S.C. ha escluso la valenza eccezionale della pressione mediatica sul processo, contrassegnato da intemperanze nel dibattimento, osservando in particolare che i soggetti coinvolti nella vicenda processuale, per la loro specifica competenza tecnico-professionale, sono in grado di distinguere ciò che attiene al piano della notizia da quello che riguarda strettamente la prova; a nulla valendo, infine, la circostanza che i membri del collegio giudicante siano magistrati di “prima nomina”, i quali esercitano le funzioni loro attribuite secondo disposizioni di legge e regolamentari, nonchè a seguito di un giudizio di idoneità a tale fine specificatamente espresso].
In tema di rimessione del processo, non può assumere valenza evocativa di un’incidenza di non parzialità del giudizio o di condizionamento della libera determinazione dei soggetti del processo, la circostanza che il Procuratore della Repubblica abbia espresso sostegno al Sostituto Procuratore designato – bruscamente “redarguito” in aula dall’imputato – affiancando il suddetto magistrato alla successiva udienza dibattimentale, trattandosi di evenienza processualmente consentita in ragione della impersonalità dell’ufficio del pubblico ministero. [Nell’occasione, la S.C. ha altresì precisato che non può essere considerata ipotesi di “turbativa” la temuta parzialità dell’ufficio del pubblico ministero, evocata dai ricorrenti anche in relazione ad una intervista rilasciata dal titolare dell’ufficio in solidarietà del PM d’udienza, in quanto una volta iniziata l’azione penale e, con essa, la fase processuale, il rappresentante della pubblica accusa riacquista “in toto” la sua esclusiva veste di parte, in senso tecnico, spinta dall’unico interesse di veder comprovata l’impostazione accusatoria].
Cass. pen. n. 16924/2015
In tema di rimessione del processo, la proposizione da parte dell’imputato di una azione per il risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie nei confronti di più magistrati appartenenti allo stesso ufficio non costituisce, nemmeno a seguito della disciplina sulla responsabilità civile introdotta con legge 27 febbraio 2015, n. 18, “grave situazione locale”, esterna alla dialettica processuale, tale da imporre il trasferimento della res giudicanda ex art. 45 c.p.p.. [In motivazione, la Corte ha anche escluso, incidentalmente, che l’esercizio di tale azione costituisca ragione idonea e sufficiente ad imporre la sostituzione del singolo magistrato].
Cass. pen. n. 13287/2011
Non costituisce causa di rimessione del processo il coinvolgimento, quali imputati, di appartenenti alle forze dell’ordine, impegnati nell’istituzionale collaborazione con l’autorità giudiziaria, non trattandosi di situazione ambientale esterna al processo ed alla relativa dialettica. Infatti, la dedotta partecipazione di tali soggetti alle attività di indagine relative alla stessa vicenda costituisce un dato ineliminabile anche con il trasferimento del processo ad altra sede giudiziaria, attenendo ad un particolare rapporto degli imputati con il processo in sé, e non con l’ufficio giudiziario presso il quale lo stesso si svolge ; tale situazione è, comunque, interna al processo e non presenta quei caratteri di abnormità idonei a pregiudicare l’imparzialità del giudice e la libera determinazione dei soggetti che partecipano al processo.
Cass. pen. n. 18022/2004
È nulla l’ordinanza con la quale il giudice investito del processo dichiara inammissibile [nella specie, per assoluta carenza di documentazione] la richiesta di rimessione proposta ai sensi dell’art. 45 c.p.p., in quanto la relativa valutazione è riservata esclusivamente alla Corte di cassazione. [Nella specie la Corte, nell’annullare senza rinvio l’ordinanza impugnata, ha disposto la trasmissione dell’istanza al Primo Presidente della Corte medesima per l’assegnazione alla sezione competente a trattarla].
Cass. pen. n. 47805/2003
Non costituisce «gravi situazioni locali», ai sensi dell’art. 45 c.p.p. ed ai fini della rimessione del processo: a] né la circostanza che il P.M. abbia opposto il segreto istruttorio alla richiesta di documentazione avanzata da ispettori ministeriali, in quanto tale opposizione è del tutto legittima; b] né la circostanza che il P.M. sia stato denunciato dall’imputato per fatti connessi allo svolgimento delle indagini; c] né, infine, la circostanza che il P.M. abbia commesso atti asseritamente illegittimi nel corso del procedimento, in quanto tale eventualità rileva unicamente sul piano della utilizzabilità degli atti d’indagine ai fini della decisione.
Cass. pen. n. 8151/2003
Ai fini dell’ammissibilità della richiesta di rimessione del processo a norma degli artt. 45 e ss. c.p.p. che sia fondata su elementi nuovi rispetto a quelli di altra già rigettata o dichiarata inammissibile, per «elementi nuovi» vanno intesi non solo quelli sopravvenuti alla precedente che non sia stato possibile produrre all’udienza di discussione di essa, ma anche quelli a quest’ultima preesistenti, incolpevolmente ignorati e dei quali l’istante sia venuto a conoscenza dopo l’udienza medesima.
Cass. pen. n. 13687/2003
Ai fini della rimessione del processo, i provvedimenti e i comportamenti del giudice possono assumere rilevanza a condizione che siano l’effetto di una grave situazione locale e che, per le loro caratteristiche oggettive, siano sicuramente sintomatici della mancanza di imparzialità dell’ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo medesimo.
È irrilevante, ai fini della rimessione del processo ai sensi degli artt. 45 e ss. c.p.p., la grave situazione locale coeva alla fase procedimentale o addirittura anteriore ad essa, in quanto, in quel momento, il processo da rimettere eventualmente ad altra sede non esiste ancora.
È manifestamente infondata, in relazione all’art. 25, primo comma, Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 45 c.p.p., come modificato dall’art. 1 della legge 7 novembre 2002 n. 248, in tema di rimessione per legittimo sospetto, in quanto la rilevanza di quest’ultimo ai fini della translatio iudicii è subordinata alla sua derivazione, come effetto, da gravi situazioni locali idonee a pregiudicare oggettivamente e concretamente l’imparzialità del giudice, circostanza, quest’ultima, che esclude la possibilità di uno spostamento della competenza per territorio affidato alla mera discrezionalità della Corte di cassazione.
Gli atti e i comportamenti del pubblico ministero, quando censurabili, possono costituire presupposto per la rimessione del processo a norma degli artt. 45 ss. c.p.p., purché abbiano pregiudicato la libera determinazione delle persone che vi partecipano ovvero abbiano dato causa a motivi di legittimo sospetto sull’imparzialità dell’ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo medesimo.
L’istituto della rimessione ha carattere eccezionale, implicando una deroga al principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge e, come tale, comporta la necessità di un’interpretazione restrittiva delle disposizioni che lo regolano, in esse comprese quelle che stabiliscono i presupposti per la translatio iudicii. Ne consegue che, da un lato, per grave situazione locale deve intendersi un fenomeno esterno alla dialettica processuale, riguardante l’ambiente territoriale nel quale il processo si svolge e connotato da tale abnormità e consistenza da non poter essere interpretato se non nel senso di un pericolo concreto per la non imparzialità del giudice [inteso come l’ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito] o di un pregiudizio alla libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo medesimo e, dall’altro, che i motivi di legittimo sospetto possono configurarsi solo in presenza di questa grave situazione locale e come conseguenza di essa.
La legge 7 novembre 2002 n. 248, avente ad oggetto la modifica della disciplina della rimessione del processo, si applica anche ai procedimenti di rimessione pendenti alla data della sua entrata in vigore.
Le questioni di competenza per territorio non possono trovare ingresso nel procedimento incidentale di rimessione dinanzi alla Corte di cassazione che, in tale sede, è unicamente investita del problema di sussistenza delle condizioni richieste dalla legge per lo spostamento del processo ad altro giudice.
Cass. pen. n. 944/2000
Anche nel procedimento di applicazione delle misure di prevenzione è ammissibile la rimessione del processo, in virtù della natura pienamente giurisdizionale di esso e l’espresso richiamo, contenuto nell’art. 4, comma ottavo, della legge n. 1423 del 1956, alle norme del codice di procedura penale per il suo svolgimento.
Cass. pen. n. 2046/2000
Non integra fatto idoneo a condizionare la libertà di determinazione delle persone partecipanti al processo il riferimento insistito all’imputato, indicato come capo di clan camorristico della zona, contenuto nel discorso di inaugurazione dell’anno giudiziario, poi ampiamente divulgato dalla stampa locale, trattandosi di fatto riconducibile ad ufficio non titolare dell’azione penale ed espressione, in ogni caso, di opinioni e atteggiamenti di una parte processuale, che non si sottraggono al vaglio giudiziale né possono alterare l’imparzialità dei giudici e la serenità del giudizio.
Cass. pen. n. 1125/1998
Perché possa darsi luogo alla rimessione del processo, ai sensi dell’art. 45 c.p.p., per la presenza di «gravi situazioni locali» occorre che queste ultime risultino radicate sul territorio al di fuori del quadro processuale e che da esse derivi, come necessario posterius, il «pregiudizio» alla «libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo»; per il che non è sufficiente [avuto riguardo alla eliminazione del riferimento al «legittimo sospetto», contenuto nella corrispondente disposizione di cui all’art. 55 del codice di rito previgente], il timore di meri condizionamenti di tipo «psicologico» in capo al giudice, ma occorre che si sia in presenza di vere e proprie pressioni esercitate sull’organo giudicante, indipendentemente dalla sua composizione. Tali condizioni non possono riconoscersi in un preteso «accanimento persecutorio» della pubblica accusa o nella esistenza di situazioni che potrebbero suggerire l’opportunità di un’astensione da parte dei magistrati del pubblico ministero [opportunità di cui questi non abbiano inteso avvalersi], come nel caso in cui detti magistrati abbiano assunto qualità di persone offese in un procedimento per calunnia intentato a carico di taluni testimoni.
Cass. pen. n. 5682/1997
L’istituto della rimessione ha natura assolutamente eccezionale, in quanto rappresenta una deroga al principio del giudice naturale precostituito per legge di cui all’art. 25, comma primo, Cost., e può trovare applicazione solo in presenza di comprovate situazioni ambientali idonee a menomare effettivamente l’imparzialità del giudizio e a pregiudicare il corretto svolgimento del processo, mentre non assumono rilievo i semplici sospetti e dubbi di condizionamento psicologico del giudice e delle persone che partecipano al processo. [In motivazione, la Suprema Corte ha precisato che i fattori inquinanti l’imparzialità del giudice devono riverberarsi sull’intero ufficio giudiziario astrattamenmte considerato, e non su singoli magistrati o su un singolo organo in cui l’ufficio si articoli, sì che il solo fatto dell’apertura di indagini preliminari a carico di magistrati non è sufficiente a integrare la grave situazione locale tassativamente richiesta dall’art. 45 c.p.p.].
Cass. pen. n. 1952/1997
L’istituto della rimessione del processo, come disciplinato dall’art. 45 c.p.p., può trovare applicazione soltanto quando si sia effettivamente determinata in un certo luogo una situazione obiettiva di tale rilevanza da coinvolgere l’ordine processuale – inteso come complesso di persone e mezzi apprestato dallo Stato per l’esercizio della giurisdizione – sicché tale situazione, non potendo essere eliminata con il ricorso agli altri strumenti previsti dalla legge per i casi di alterazione del corso normale del processo – quali l’astensione o la ricusazione del giudice -, richiede necessariamente il trasferimento del processo ad altra sede giudiziaria. Consegue che non hanno rilevanza ai fini dell’applicazione dell’istituto vicende riguardanti singoli magistrati che hanno svolto funzioni giurisdizionali nel procedimento, non coinvolgenti l’organo giudiziario nel suo complesso; né il dedotto “accanimento” usato nei confronti dell’imputato dal pubblico ministero, data la natura di parte rivestita dall’organo di accusa; né il coinvolgimento del pubblico ministero in un processo penale riguardanti illeciti nella conduzione delle indagini, non integrando ciò una “grave situazione locale” tale da turbare lo svolgimento del processo.
Cass. pen. n. 3471/1996
Il coinvolgimento di singoli membri, per quanto autorevoli, di un ufficio giudiziario in inchieste giudiziarie, non vale, di per sè, a costituire quella «grave situazione locale» concretamente idonea a turbare lo svolgimento del processo cui partecipino, con vario ruolo, colleghi del magistrato inquisito, ancorché appartenenti allo stesso ufficio od allo stesso circondario di quest’ultimo. La legge processuale [art. 11 c.p.p.] ha, invero, espressamente previsto la deroga agli ordinari criteri di competenza unicamente nei casi in cui un magistrato assuma la qualità di imputato o di persona offesa o danneggiata dal reato in procedimento che, secondo i criteri ordinari, ricadrebbe nella competenza di un ufficio giudiziario compreso nel distretto in cui il magistrato predetto esercita od esercitava, all’epoca del fatto, le sue funzioni, implicitamente escludendo che situazioni del tipo prospettato possano determinare analoghe eccezioni alla disciplina ordinaria.
Cass. pen. n. 3665/1996
In materia di rimessione del processo [art. 45 c.p.p.], perché una situazione — suscettibile di pregiudicare la serenità e la imparzialità del giudizio — possa legittimare la deroga al principio del giudice naturale, deve essere non altrimenti eliminabile se non con il trasferimento del processo medesimo. Deve, cioè, essere tale che ad essa non possa rimediarsi con il ricorso agli strumenti previsti dalla legge per i casi di alterazione del corso normale del giudizio [ad es. astensione o ricusazione del giudice].
Cass. pen. n. 2560/1995
In tema di rimessione del processo, la temuta parzialità del pubblico ministero rimane estranea alle possibili turbative al corretto esercizio della giurisdizione. Ciò perché l’organo della pubblica accusa è parte, sicché i suoi comportamenti, pur se ispirati a «conflittualità preconcetta ed abnorme», sono apprezzabili sotto lo specifico profilo solo se coinvolgono tutti i componenti dello stesso ufficio e, superando i limiti dell’ordinaria dialettica processuale, siano suscettibili di produrre riflessi negativi sulla serenità e sulla correttezza del giudizio. [Fattispecie nella quale l’imputato aveva addotto la prevenzione mostrata nei suoi confronti dal magistrato che svolgeva le funzioni di pubblico ministero].
Cass. pen. n. 5300/1995
L’istituto della rimessione del processo, di cui all’art. 45 c.p.p., comportando una deroga al principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge [art. 25, comma 1 della Costituzione], giustificata dall’esigenza di salvaguardare i principi, altrettanto fondamentali, della libertà di giudizio del giudice e della inviolabilità del diritto della difesa [artt. 101, comma 2, e 24, comma 2 della Costituzione], ha carattere assolutamente eccezionale e può trovare applicazione solo allorché si sia effettivamente verificata, in un certo luogo, una concreta situazione di tale rilevanza da sconvolgere l’ordine processuale, inteso quale complesso dei mezzi approntati dall’ordinamento statuale per l’attuazione delle proprie finalità nell’esercizio della giurisdizione e l’attendibilità dell’esito del giudizio. [Nella specie, in applicazione di tali principi, la corte ha ritenuto che non fosse tale da dar luogo a rimessione una situazione caratterizzata da pubbliche manifestazioni di appoggio alla tesi accusatoria da parte di amministrazioni locali e dalla rappresentazione di detta tesi come sicuramente fondata da parte del procuratore generale, in sede di inaugurazione dell’anno giudiziario, osservando, a tale ultimo proposito, che quelle espresse dal procuratore generale erano e rimanevano soltanto delle mere opinioni, prive di qualsivoglia valenza cogente nei confronti dei giudici e del pubblico ministero d’udienza].
Cass. pen. n. 2259/1995
Ai fini della rimessione, le situazioni legittimanti la sottrazione del processo al giudice del locus commissi delicti devono trarre origine da obiettive e comprovate circostanze ambientali, estranee alla dialettica processuale, e concretamente idonee, nella loro sintomatica abnormità, a pregiudicare la libertà di determinazione delle persone che devono partecipare al processo stesso. [Fattispecie nella quale la richiesta di rimessione è stata respinta, siccome fondata sulla prospettazione dei rapporti di collaborazione instauratisi tra la Procura di Milano ed il nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza, nonché nel fatto che le indagini sugli episodi di corruzione nei quali erano stati coinvolti numerosi ufficiali e sottufficiali di quel reparto erano state espletate da militari appartenenti o appartenuti allo stesso nucleo].
Cass. pen. n. 5723/1994
Ai fini dell’ammissibilità della richiesta di rimessione, il presupposto dell’inerenza della richiesta alla fase del processo di merito deve obbligatoriamente sussistere al momento della decisione della Corte di cassazione.
La eccezionalità della translatio judicii conseguenziale all’accoglimento di una richiesta di rimessione del processo [già ritenuta non confliggente con il principio della precostituzione del giudice [art. 25 primo comma Cost.] dalla Corte costituzionale [sentenza n. 50 del 3 maggio 1963] in quanto posta a salvaguardia delle «esigenze dell’indipendenza ed imparzialità dell’organo giudicante e della tutela del diritto di difesa, le quali, al pari del divieto di distogliere alcuno dal giudice naturale precostituito per legge, rispondono a principi costituzionalmente rilevanti, evitando che l’insorgere di particolari situazioni, o altri fattori esterni, possano in qualsiasi modo interferire sul processo penale, incidendo sull’obiettività del giudizio e sulla retta applicazione della legge, che si ricollegano ad una suprema garanzia di giustizia»] è stata ancorata dal nuovo codice di procedura non più alla discrezionalità [art. 55 c.p.p. 1930 «… può rimettere …»], ma all’obbligo [art. 45 c.p.p. 1988 «… rimette il processo …»] della Corte di cassazione di provvedervi in presenza di una delle ipotesi di rimessione legislativamente previste dal citato art. 45.
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