12 Mag Art. 23 — Incompetenza dichiarata nel dibattimento di primo grado
1. Se nel dibattimento di primo grado [ 465–548, 549–567 c.p.p.] il giudice ritiene che il processo appartiene alla competenza di altro giudice, dichiara con sentenza la propria incompetenza per qualsiasi causa e ordina la trasmissione degli atti al giudice competente .
2. Se il reato appartiene alla cognizione di un giudice di competenza inferiore, l’incompetenza è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro il termine stabilito dall’articolo 491 comma 1 . Il giudice, se ritiene la propria incompetenza, provvede a norma del comma 1 .
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”22″]
Massime correlate
Cass. pen. n. 47097/2014
La dichiarazione di incompetenza per materia del Tribunale per i reati previsti dall’art. 51, comma terzo bis, cod. proc. pen. di competenza della Corte di assise del medesimo ambito territoriale, impone la regressione del procedimento con trasmissione degli atti al pubblico ministero, essendo, invece, illegittima la diretta trasmissione degli atti al giudice ritenuto competente.
Cass. pen. n. 1415/2014
L’eccezione di incompetenza territoriale, ritualmente prospettata nel termine di cui all’art. 491 cod. proc. pen. e respinta dal giudice, può essere riproposta con i motivi di impugnazione senza, però, poter introdurre argomentazioni ulteriori rispetto a quelle originarie, anche se queste ultime potrebbero giustificare uno spostamento della competenza. [Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che non potessero in nessun modo essere rivalutati in sede di legittimità i nuovi argomenti proposti, a sostegno dell’eccezione di incompetenza territoriale, per la prima volta con i motivi di appello].
Cass. pen. n. 18710/2013
In tema di dichiarazione d’incompetenza per materia, la trasmissione degli atti direttamente al giudice competente anziché al pubblico ministero presso quest’ultimo è illegittima soltanto ove si tratti di un pubblico ministero e di un giudice dell’udienza preliminare diversi da quelli che, rispettivamente, avevano esercitato l’azione penale e celebrato l’udienza. [ La Suprema Corte ha ritenuto legittima la rimessione degli atti alla Corte d’Assise effettuata da Tribunale a seguito di dichiarazione d’incompetenza per materia in ordine al delitto di cui all’art. 601 cod. pen., affermando che, nel caso di specie, non si era determinata alcuna lesione del diritto di difesa poiché, attesa la competenza funzionale del P.M. ai sensi dell’art. 51, comma terzo bis cod. proc. pen. e del G.U.P. ai sensi dell’art. 328 comma primo bis cod. proc. pen., in caso di restituzione degli atti al pubblico ministero, si sarebbe dovuta celebrare una nuova udienza preliminare avente ad oggetto le stesse imputazioni e dinanzi allo stesso giudice].
Cass. pen. n. 1883/2012
L’illegalità della pena applicata all’esito del patteggiamento rende invalido l’accordo su di essa concluso tra le parti e ratificato dal giudice, comportando l’annullamento senza rinvio della sentenza che l’abbia recepito con esclusione della procedura di rettificazione dell’errore materiale.
Cass. pen. n. 10947/2011
Non è abnorme e non è, pertanto, ricorribile per cassazione l’ordinanza dettata a verbale con la quale il giudice di pace trasmetta gli atti al P.M. dichiarando la propria incompetenza per materia, trattandosi di provvedimento che riveste, comunque, natura sostanziale di sentenza, suscettibile di dare luogo a conflitto di competenza, a norma dell’art. 28 c.p. p.
Cass. pen. n. 12317/2004
Deve considerarsi abnorme la decisione con la quale il tribunale in composizione monocratica, a seguito di contestazione modificativa [per fatto diverso] effettuata in udienza dal pubblico ministero, dichiara la propria incompetenza per materia e trasmette gli atti, in violazione dell’art. 23 c.p.p., all’organo giudiziario ritenuto competente anziché al pubblico ministero presso detto organo; infatti, tale provvedimento si pone per il suo contenuto in contrasto con i principi generali dell’ordinamento processuale sia per quanto concerne la violazione dei diritti della difesa sia con riferimento all’esercizio dell’azione penale, la cui titolarità spetta esclusivamente al pubblico ministero presso il giudice competente.
Cass. pen. n. 25657/2003
A norma dell’art. 38 legge 10 aprile 1951, n. 287, di riordinamento dei giudizi di assise, quando nelle leggi di procedura penale si fa riferimento a giudice di competenza superiore o a giudice superiore, la corte di assise si considera giudice di competenza superiore agli altri giudici di primo grado; l’art. 23 c.p.p. dispone che, se nel dibattimento di primo grado il giudice ritiene che il processo appartiene alla competenza di altro giudice, dichiara con sentenza la propria incompetenza e se il reato appartiene alla cognizione di un giudice di competenza inferiore, l’incompetenza è rilevata ed eccepita, a pena di decadenza, entro il termine stabilito dal primo comma del successivo art. 491. Dal combinato disposto di tali norme consegue l’inapplicabilità della preclusione, posta dall’art. 491 c.p.p. nella fase di giudizio che si sia svolta dinanzi al tribunale, essendo la corte di assise giudice considerato superiore dall’art. 38 citato.
Cass. pen. n. 42794/2001
In tema di termini di custodia cautelare, qualora il giudice del dibattimento dichiari la propria incompetenza, per materia o per territorio, così determinando la necessaria regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari [posto che detta declaratoria comporta la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice ritenuto competente e non direttamente a quest’ultimo, come originariamente previsto dall’art. 23 c.p.p.], il termine di durata massima della custodia cautelare per la fase anzidetta dev’essere calcolato – in linea con l’orientamento espresso, da ultimo, dalla Corte costituzionale con l’ordinanza 15 novembre 2000 n. 529 – tenendo conto non solo del periodo di privazione della libertà sofferto nel corso dell’omologa fase precedente, ma anche di quello sofferto durante la fase dibattimentale conclusasi con la pronuncia di incompetenza, fermo restando che detto secondo periodo non potrà essere poi ulteriormente computato anche nel calcolo del termine per la nuova, eventuale fase dibattimentale.
Cass. pen. n. 925/1999
Il pubblico ministero presso il giudice competente, cui sono stati trasmessi gli atti a seguito della dichiarata incompetenza, può compiere nuovi accertamenti, emettere una richiesta di rinvio a giudizio anche con una descrizione dei fatti diversa rispetto a quella prospettata dal primo inquirente e chiedere la archiviazione per alcune o per tutte le ipotesi di reato già contestate; egualmente nella suddetta fase di nuove indagini preliminari, emergendo altri fatti idonei a giustificazione della richiesta, può essere emessa un’altra ordinanza di custodia cautelare. Con la conseguenza che rispetto ad essa, fino a quando non intervenga altro rinvio a giudizio per i fatti di cui alla prima ordinanza cautelare, non sussiste al momento alcun limite cronologico impeditivo degli effetti ex art. 297 terzo comma, c.p.p., ove ne ricorrano le altre condizioni, dato che la regressione ex lege del processo a procedimento ha tolto ogni valenza attuale al rinvio a giudizio innanzi al giudice competente. [Fattispecie in cui al P.M. competente gli atti erano stati trasmessi, relativamente ad alcuni reati, ai sensi dell’art. 23 c.p.p. come risultante dalla sentenza n. 70 della 1996 della Corte costituzionale].
Cass. pen. n. 4125/1998
È legittimo e non abnorme il provvedimento con il quale il giudice, investito della cognizione del processo con sentenza dichiarativa d’incompetenza per territorio, trasmette gli atti al pubblico ministero competente, a seguito della sentenza della Corte costituzionale 15 marzo 1996 n. 70, che ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 23 c.p.p., nella parte in cui non prevede la regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari.
Cass. pen. n. 1787/1998
Qualora, esercitata l’azione penale, il giudice innanzi al quale sia stato incardinato il giudizio dichiari la propria incompetenza territoriale, deve considerarsi preclusa al pubblico ministero presso il giudice competente, al quale gli atti siano stati trasmessi ai sensi del primo comma dell’art. 23 c.p.p. [come risultante dalla dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale pronunciata con sentenza n. 76 del 1993], la possibilità di formulare la richiesta di archiviazione; le valutazioni del pubblico ministero che riceve gli atti, invero, non possono non essere vincolate in forza del principio di irretrattabilità dell’azione penale, dovendosi ritenere che l’esercizio dell’azione penale dia luogo di per sè solo al processo ancorché si ricolleghi all’iniziativa di un pubblico ministero incompetente ed alla richiesta di giudizio ad un giudice anch’esso incompetente, atteso che l’incompetenza non può spiegare alcun effetto sull’avvenuto promovimento dell’azione ma solo determinare, se ed in quanto rilevata, il trasferimento del processo presso il giudice competente. [In applicazione di tale principio la Corte ha rigettato il ricorso del pubblico ministero con il quale si deduceva l’abnormità del provvedimento del giudice per le indagini preliminari che, richiesto dell’archiviazione di una notizia di reato in relazione alla quale era già stata esercitata l’azione penale davanti a giudice dichiaratosi incompetente, aveva restituito gli atti e dichiarato non luogo a provvedere sulla richiesta ritenendo che al pubblico ministero istante non fosse consentita attività diversa dall’emissione di un nuovo decreto di citazione a giudizio]
Cass. pen. n. 609/1998
Il provvedimento dispositivo del giudizio innanzi al giudice ritenuto competente [nel caso di incompetenza per territorio dichiarata ex art. 23 c.p.p.] in mancanza di rinnovata richiesta del decreto di citazione da parte del P.M. al Gup competente, deve essere annullato trattandosi di atto introduttivo del giudizio da parte di un giudice funzionalmente incompetente e sussistendo il diritto degli imputati alla regressione del procedimento nella fase delle indagini preliminari. Tale principio è di immediata applicazione ai rapporti processuali non ancora esauriti al momento della pronuncia n. 70/1996 della Corte Costituzionale, intendendosi per tali, ove sussistano nullità rilevabili d’ufficio, quelli non ancora definiti con la formazione del giudicato.
Cass. pen. n. 5302/1997
Deve considerarsi abnorme, e quindi immediatamente ricorribile per cassazione, la pronuncia con la quale il giudice dichiara la propria incompetenza per materia e trasmette gli atti, in violazione dell’art. 23 c.p.p., all’organo giudiziario ritenuto competente anziché al pubblico ministero presso detto organo; tale decisione, infatti, si pone per il suo contenuto al di fuori dell’ordinamento processuale sia per quanto concerne la violazione dei diritti della difesa sia con riferimento all’esercizio dell’azione penale, la cui titolarità spetta esclusivamente al pubblico ministero presso il giudice competente a norma dell’art. 51 c.p.p.
Cass. pen. n. 4367/1996
In considerazione del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, è inammissibile il ricorso avverso la sentenza con la quale il giudice di primo grado, ai sensi dell’art. 23, comma 1, c.p.p., abbia dichiarato la propria incompetenza per qualsiasi causa ed abbia ordinato la trasmissione degli atti al giudice ritenuto competente.
Cass. pen. n. 108/1996
La competenza per materia, nell’ipotesi cosiddetta per eccesso, è regolata dall’art. 23, comma 2, c.p.p., per il quale se il reato appartiene alla cognizione di un giudice di competenza inferiore, l’incompetenza è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro il termine di cui all’art. 491, comma 1, c.p.p., ossia subito dopo compiuto per la prima volta l’accertamento della costituzione delle parti. Nel procedimento relativo al giudizio abbreviato, peraltro, l’art. 441 c.p.p., che ne disciplina lo svolgimento, richiama, in quanto applicabili, solo le disposizioni previste per l’udienza preliminare, nella quale la fase preliminare attiene solo «agli accertamenti relativi alla costituzione delle parti» [art. 420, comma 2, c.p.p.]. Pertanto, nessuna norma faculta le parti stesse a sollevare la suddetta questione di competenza per materia, dopo che abbiano concordemente richiesto il giudizio abbreviato. Quest’ultimo, infatti, si sostanzia nella rinuncia al dibattimento e, a fortiori, alle questioni attinenti la competenza del giudice investito [della trattazione di reati appartenenti alla cognizione di un giudice di competenza inferiore]. [Fattispecie nella quale il Gip presso il tribunale aveva pronunciato, in sede di rito abbreviato, sui reati di cui agli artt. 4, L. 18 aprile 1975, n. 110 e 582, 585 c.p., di competenza pretorile].
Cass. pen. n. 3063/1995
Attesa l’attribuzione al pubblico ministero, nel vigente sistema processuale, del ruolo di dominus esclusivo dell’azione penale, il giudice del dibattimento non può esercitare alcun sindacato preventivo sull’ammissibilità di contestazioni modificative [fatto diverso] o aggiuntive [fatto nuovo], effettuate ai sensi degli artt. 516 e 517 c.p.p. Ne consegue che, se a seguito di tali contestazioni si configuri un reato di competenza superiore – essendo il limite della competenza stabilito da detti articoli non per il pubblico ministero ma per il giudice, in funzione della possibilità o meno di quest’ultimo di conoscere anche dell’imputazione modificata o integrata – il giudice deve disporre la trasmissione degli atti al pubblico ministero, a norma dell’art. 521, comma 3 ovvero dell’art. 23, comma 1, c.p.p. [come modificato a seguito della declaratoria di parziale legittimità costituzionale di cui alla sentenza n. 76/1993 della Corte costituzionale].
Cass. pen. n. 2253/1995
Poiché, ai fini della validità degli atti e provvedimenti del giudice, occorre aver riguardo alla loro sostanza ed agli effetti che essi sono idonei a produrre, in linea con la funzione pratica ad essi assegnata, esplicitamente o implicitamente, dal legislatore, deve escludersi che sia qualificabile come «abnorme» il provvedimento con il quale il giudice, ai sensi del combinato disposto degli artt. 23 e 521, comma secondo, c.p.p., abbia dichiarato la propria incompetenza adottando la forma dell’ordinanza anziché quella della sentenza. [Nella specie, in applicazione di detti principi, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal pubblico ministero avverso l’ordinanza – asseritamente abnorme – con la quale il giudice si era dichiarato incompetente].
Cass. pen. n. 4146/1995
In base al principio di tassatività dei mezzi di impugnazione deve ritenersi inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza dichiarativa di incompetenza non essendo previsto alcun mezzo preventivo per regolare la competenza mediante intervento immediato della Suprema Corte, che può essere chiamata a pronunciare sulla stessa solo in esito a conflitto. Né può ricorrersi deducendo violazione del diritto di difesa per mancato avviso al difensore dell’udienza in cui la sentenza in questione è stata pronunciata: ciò in quanto, pur conservando gli atti assunti dal giudice incompetente la loro efficacia, peraltro non residua per l’interessato alcuna situazione deteriore e irreparabile; infatti le eccezioni sono deducibili e vanno esaminate nel giudizio dinnanzi al giudice competente e d’altro canto l’utilizzo dell’atto affetto da nullità pregiudicherebbe la decisione in detto giudizio.
Cass. pen. n. 534/1995
Ai sensi dell’art. 568, comma 2, c.p.p. sono sempre soggetti a ricorso per cassazione, quando non siano altrimenti impugnabili, i provvedimenti con i quali il giudice decide sulla libertà personale e le sentenze, salvo quelle sulla competenza che possono dare luogo a un conflitto di giurisdizione o di competenza a norma dell’art. 28. Conseguentemente, tenuto conto del principio di tassatività delle impugnazioni, previsto dall’art. 568, comma 1, c.p.p., deve essere ritenuto inammissibile il ricorso avverso la sentenza con la quale il giudice di primo grado, ai sensi dell’art. 23, comma 1, c.p.p., abbia dichiarato la propria incompetenza per qualsiasi causa ed abbia ordinato la trasmissione degli atti al giudice ritenuto competente.
Cass. pen. n. 1054/1994
La dichiarazione di incompetenza del giudice del dibattimento, a seguito della quale, dopo la dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale dell’art. 23 primo comma c.p.p., intervenuta con sentenza 11 marzo 1993 n. 76 della Corte costituzionale, gli atti vanno trasmessi al P.M. presso il giudice competente, determina una regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari, con la conseguenza che i termini di durata massima della custodia cautelare decorrono nuovamente dalla data di emissione della misura cautelare, disposta in sostituzione di quella, divenuta inefficace, adottata da giudice incompetente.
Cass. pen. n. 4542/1993
Ove il giudice del dibattimento, ravvisata la propria incompetenza per territorio ai sensi dell’art. 23, primo comma, c.p.p., la dichiari con sentenza e trasmetta gli atti al giudice competente, il procedimento perviene a quest’ultimo senza subire alcuna regressione perché, risultando già esercitata l’azione penale ed essendo il processo giunto al dibattimento, si è venuta a formalizzare una perpetuatio iurisdictionis sicché si fa luogo solo ad una translatio iudicii dall’uno all’altro giudice dibattimentale. Spetta, quindi, al giudice del dibattimento riconosciuto territorialmente competente provvedere alla citazione delle parti, avvalendosi a tali fini del potere consentito dall’art. 143 att. c.p.p.
Qualora il giudice del dibattimento dichiari con sentenza la propria incompetenza per territorio e ordini la trasmissione degli atti al giudice competente, non sussiste una situazione di soggezione dell’organo dibattimentale designato al giudice riconosciutosi incompetente in quanto la decisione indicativa di competenza non si pone come prevalente, atta ad impedire l’instaurarsi di un conflitto di competenza, regolato dall’art. 28, primo comma, lettera b], c.p.p., tra organo giurisdizionale designante a organo giurisdizionale designato.
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