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Articolo 346 Codice di procedura civile — Decadenza dalle domande e dalle eccezioni non riproposte

Articolo 346 Codice di procedura civile — Decadenza dalle domande e dalle eccezioni non riproposte

Le domande e le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, che non sono espressamente riproposte in appello, si intendono rinunciate.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 18062/2018

La sentenza d’appello che, in riforma quella di primo grado, faccia sorgere il diritto alla restituzione degli importi pagati in esecuzione di questa, non costituisce, in mancanza di un’espressa statuizione di condanna alla ripetizione di dette somme, titolo esecutivo, occorrendo all’uopo che il “solvens” formuli in sede di gravame – per evidenti ragioni di economia processuale ed analogamente a quanto disposto dagli artt. 96, comma 2 e 402, comma 1, c.p.c. – un’apposita domanda in tal senso, ovvero attivi un autonomo giudizio, tenendo conto che, ove si determini in quest’ultimo senso, non gli sarà opponibile il giudicato derivante dalla mancata impugnazione della sentenza per omessa pronuncia, perché la rinuncia implicita alla domanda di cui all’art. 346 c.p.c. ha valore processuale e non anche sostanziale.

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Cass. civ. n. 23531/2017

Qualora vi sia incompatibilità tra la domanda principale e quella subordinata proposte in primo grado (nella specie, rispettivamente, di costituzione di servitù coattiva di acquedotto e di accertamento della servitù di corrispondente contenuto fondata su titolo convenzionale), il rigetto della prima e l’accoglimento della seconda non precludono alla parte di ripresentare nel giudizio di impugnazione la domanda principale.

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Cass. civ. n. 20451/2017

Una soccombenza soltanto teorica in primo grado – che ha luogo quando la parte, pur vittoriosa, abbia però visto respingere taluna delle sue tesi od eccezioni, ovvero accogliere le sue conclusioni per ragioni diverse da quelle prospettate – non fa sorgere l’interesse della stessa ad appellare, ma le impone unicamente l’onere di manifestare in maniera esplicita e precisa la propria volontà di riproporre le domande ed eccezioni respinte o dichiarate assorbite nel giudizio di primo grado, onde superare la presunzione di rinuncia e, quindi, la decadenza di cui all’art. 346 c.p.c.

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Cass. civ. n. 8674/2017

Allorché la parte abbia proposto, nello stesso giudizio, due o più domande alternative, ma tra loro compatibili, ovvero legate da rapporto di subordinazione, l’accoglimento della principale o della domanda alternativa compatibile non obbliga l’attore, che voglia insistere su quella non accolta, a proporre appello incidentale, essendone sufficiente la riproposizione ai sensi dell’art. 346 c.p.c.; diversamente, qualora si tratti di domande incompatibili, ovvero sia stata accolta la subordinata, l’attore che voglia insistere nella domanda alternativa incompatibile non accolta, ovvero nella domanda principale, ha l’onere di farlo mediante appello incidentale, eventualmente condizionato all’accoglimento del gravame principale, in quanto solo in tal modo può evitare la formazione del giudicato sull’accertamento dei fatti posti a fondamento della pretesa accolta ed incompatibili con quella disattesa.

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Cass. civ. n. 832/2017

In caso di rigetto della domanda principale e conseguente omessa pronuncia sulla domanda condizionata di garanzia, la devoluzione di quest’ultima al giudice investito del gravame sulla domanda principale non richiede la proposizione di appello incidentale, essendo sufficiente la riproposizione della domanda, ai sensi dell’art. 346 c.p.c.. (Nella specie, la S.C. ha cassato la pronuncia di merito, che aveva ritenuto necessaria la proposizione, da parte del convenuto vittorioso in prime cure, dell’appello incidentale per fare valere la garanzia per evizione nei confronti dei propri danti causa, nonostante la relativa domanda fosse rimasta assorbita in primo grado, in virtù del rigetto della domanda principale di usucapione).

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Cass. civ. n. 413/2017

In tema di appello, la presunzione di rinuncia alle domande ed eccezioni non accolte in primo grado, sancita dall’art. 346 c.p.c., non è impedita da un richiamo, del tutto generico, agli atti di quel grado, così da tradursi in una mera formula di stile, ma, ove ciò non sia accaduto e l’appellato abbia soltanto omesso di riproporre espressamente una determinata domanda, occorre tenere conto dell’intero contenuto delle sue difese e della posizione da lui complessivamente assunta, sicchè quando questi, con qualsiasi forma, abbia evidenziato la sua volontà di mantenere comunque ferma la propria domanda, sollecitando il giudice di secondo grado a decidere in merito, va escluso che vi abbia rinunciato. (Così statuendo, la S.C. ha ritenuto non configurabile la rinuncia in una fattispecie in cui il convenuto appellato, pur senza riproporre espressamente la domanda di manleva nei confronti del terzo chiamato, si era costituito resistendo non solo verso l’appellante principale, ma anche nei confronti del terzo, appellante incidentale).

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Cass. civ. n. 2051/2014

Qualora l’appellato miri all’accoglimento della propria domanda nei confronti del chiamato in garanzia, per l’ipotesi in cui venga accolta la domanda principale proposta nei suoi confronti dall’attore rimasto soccombente in primo grado, non è necessaria la proposizione di appello incidentale condizionato, essendo sufficiente la riproposizione, ex art. 346 cod. proc. civ., della domanda non esaminata dal primo giudice per essere stata respinta la domanda principale, in quanto la parte vittoriosa in primo grado non ha motivo di dolersi dell’impugnata sentenza né dispone di elementi sui quali fondare le proprie censure sicché non può che limitarsi, per superare la presunzione di rinunzia, a riproporre la domanda di garanzia non esaminata, ancorché il rapporto dedotto in giudizio con l’appello principale sia diverso da quello concernente la domanda proposta nei confronti dei chiamati in causa.

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