17 Mar Articolo 288 Codice di procedura civile — Procedimento di correzione
Se tutte le parti concordano nel chiedere la stessa correzione, il giudice provvede con decreto.
Se è chiesta da una delle parti, il giudice, con decreto da notificarsi insieme col ricorso a norma dell’articolo 170 primo e terzo comma, fissa l’udienza nella quale le parti debbono comparire davanti a lui. Sull’istanza il giudice provvede con ordinanza, che deve essere annotata sull’originale del provvedimento.
Se è chiesta la correzione di una sentenza dopo un anno dalla pubblicazione, il ricorso e il decreto debbono essere notificati alle altre parti personalmente.
Le sentenze possono essere impugnate relativamente alle parti corrette nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l’ordinanza di correzione [ 121 disp. att. ].
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”16″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 27509/2017
L’ultimo comma dell’art. 288 c.p.c., secondo il quale le sentenze possono essere impugnate relativamente alle parti corrette nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata, a cura del cancelliere (art. 121 disp. att. c.p.c.), l’ordinanza di correzione, dev’essere messo in relazione con l’art. 327 c.p.c. in virtù del quale, indipendentemente dalla notificazione, l’appello, il ricorso per cassazione e la revocazione possono essere proposti entro un anno dalla pubblicazione della sentenza; pertanto è ammissibile, rispetto alle parti corrette, l’impugnazione proposta entro un anno dalla pubblicazione dell’ordinanza di correzione non notificata. (Fattispecie relativa a causa iniziata prima della modifica del termine cd. lungo di impugnazione, operata dall’art. 46, comma 17, della l. n. 69 del 2009, applicabile a, norma dell’art. 58, comma 1, della detta l., ai giudizi instaurati dopo la sua data di entrata in vigore).
Cass. civ. n. 20691/2017
L’impugnazione (principale o incidentale) della sentenza relativamente alla parte corretta in esito al procedimento di correzione di omissioni o errori materiali o di calcolo, che a norma dell’art. 288,comma 3, c.p.c., può essere proposta nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l’ordinanza di correzione, può avere ad oggetto solo la verifica della legittimità ed esattezza della disposta correzione e non anche il merito della sentenza impugnata. Per contro, l’impugnazione della sentenza oggetto di correzione relativa al merito della sentenza va proposta, a pena di inammissibilità, nel termine ordinario decorrente dalla data della sentenza stessa e non della correzione.
Cass. civ. n. 10067/2017
Non può essere identificato un nuovo esercizio di potere giurisdizionale nella motivazione dell’ordinanza che rigetta l’istanza di correzione materiale, atteso che il principio secondo cui la portata precettiva del provvedimento va individuata tenendo conto anche delle enunciazioni della motivazione trova applicazione solo quando il dispositivo contenga comunque una statuizione positiva, e non quando si limiti al rigetto dell’istanza; in tal caso, infatti, il tenore della motivazione può valere unicamente ad integrare l’interesse ad agire per l’impugnazione della sentenza di cui si è chiesta invano la correzione, ricorrendone gli ulteriori presupposti, mentre resta esclusa l’applicabilità dell’art. 288, comma 4, c.p.c. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha respinto il ricorso volto a denunziare, in seno all’ordinanza con la quale era stata respinta l’istanza di correzione di errore materiale relativa alla decorrenza degli interessi su un credito pecuniario, il riferimento ad una diversa data contenuto nella motivazione).
Cass. civ. n. 4610/2017
Avverso l’ordinanza che dispone la correzione di errore materiale, ai sensi dell’art. 288 c.p.c., è ammesso il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost., avente ad oggetto la statuizione di condanna di una delle parti al pagamento delle spese del procedimento di correzione, avendo detta statuizione non soltanto carattere decisorio, ma altresì definitivo, in quanto non impugnabile con il rimedio di cui all’ultimo comma del citato art. 288, preordinato esclusivamente al controllo della legittimità dell’uso del potere di correzione sotto il profilo della intangibilità del contenuto concettuale del provvedimento corretto.
Cass. civ. n. 3827/2013
In tema di correzione di errore materiale, quando sia trascorso oltre un anno dal deposito dell’ordinanza di cui si chiede la correzione, il ricorso deve essere notificato non al difensore, ma alla parte personalmente, in quanto l’art. 288, terzo comma, c.p.c. pone il limite di un anno alla “perpetuatio” dell’ufficio del difensore ed all’efficacia dell’elezione di domicilio compiuta per il giudizio, presumendosi la cessazione dell’incarico difensivo. La notifica al difensore, tuttavia, non è inesistente, in quanto non si traduce nell’impossibilità di riconoscere nell’atto la rispondenza al modello legale della sua categoria, ma si risolve in una mera violazione in tema di forma, che dà luogo ad una nullità sanabile ex art. 160 c.p.c., con conseguente operatività dei rimedi della rinnovazione o della sanatoria.
Cass. civ. n. 12841/2008
Il rimedio dell’impugnazione delle sentenze relativamente alle parti corrette nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l’ordinanza di correzione, previsto dall’art. 288, quarto comma, c.p.c., giacché preordinato esclusivamente al controllo di legittimità dell’uso del potere di correzione sotto il profilo della intangibilità del contenuto concettuale del provvedimento corretto, non può essere esperito per censurare vizi che non attengono alle parti corrette di una sentenza, ma all’ordinanza di correzione. Tuttavia, detti vizi, ove assumano autonomo rilievo, in quanto riguardanti un punto sul quale l’ordinanza di correzione abbia avuto carattere non solo decisorio, ma anche definitivo, perché funzionalmente estraneo alla correzione della sentenza da errori od omissioni, possono essere fatti valere soltanto con il rimedio esperibile, ai sensi dell’art. 111 Cost., avverso tutti i provvedimenti contenziosi di natura giurisdizionale non altrimenti impugnabili. (Nella specie, la S.C., enunciando l’anzidetto principio, ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato l’inammissibilità dell’appello proposto al solo scopo di censurare l’omissione, nell’ordinanza di correzione, della decisione sulle spese del relativo procedimento ).
Cass. civ. n. 5950/2007
In tema di procedimento di correzione di errori materiali, l’art. 288 c.p.c., nel disporre che le sentenze possono essere impugnate relativamente alle parti corrette nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l’ordinanza di correzione, appresta uno specifico mezzo di impugnazione, che esclude l’impugnabilità per altra via del provvedimento a lume del disposto dell’art. 177, terzo comma, n. 3, c.p.c., a tenore del quale non sono modificabili né revocabili le ordinanze per le quali la legge prevede uno speciale mezzo di reclamo. Il principio di assoluta inimpugnabilità di tale ordinanza, neppure col ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., vale anche per l’ordinanza di rigetto, in quanto il provvedimento comunque reso sull’istanza di correzione di una sentenza all’esito del procedimento regolato dall’art. 288 c.p.c. è sempre privo di natura decisoria, costituendo mera determinazione di natura amministrativa non incidente sui diritti sostanziali e processuali delle parti, in quanto funzionale all’eventuale eliminazione di errori di redazione del documento cartaceo che non può in alcun modo toccare il contenuto concettuale della decisione. Per questa ragione resta impugnabile, con lo specifico mezzo di volta in volta previsto, solo la sentenza corretta, proprio al fine di verificare se, mercé il surrettizio ricorso al procedimento in esame, sia stato in realtà violato il giudicato ormai formatosi nel caso in cui la correzione sia stata utilizzata per incidere, inammissibilmente, su errori di giudizio.
Cass. civ. n. 8543/2004
Il provvedimento di correzione di errore materiale, avendo natura ordinatoria, non è suscettibile di ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. neppure per violazione del contraddittorio, in quanto non realizza una statuizione sostitutiva di quella corretta e non ha, quindi, rispetto ad essa alcuna autonoma rilevanza, ripetendo invece da essa medesima la sua validità, così da non esprimere un suo proprio contenuto precettivo rispetto al regolamento degli interessi in contestazione: infatti, dall’art. 288, quarto comma, c.p.c. è espressamente prevista la impugnabilità delle parti corrette, che è rimedio diretto esclusivamente al controllo della legittimità della disposta correzione.
Cass. civ. n. 5165/2004
Il procedimento di correzione di errori materiali disciplinato dagli artt. 287 ss. c.p.c. è funzionale alla eliminazione di errori di redazione del documento cartaceo, ma non può in alcun modo incidere sul contenuto concettuale della decisione, con la conseguenza che l’ordinanza che lo conclude non è soggetta ad impugnazione, neppure con il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. (atteso il carattere non giurisdizionale, ma meramente amministrativo di tale provvedimento), mentre resta impugnabile, con lo specifico mezzo di impugnazione per essa di volta in volta previsto (il cui termine decorre dalla notifica del provvedimento di correzione), la sentenza corretta, anche al fine di verificare se, mercé il surrettizio ricorso al procedimento de quo, sia stato in realtà violato il giudicato ormai formatosi nel caso in cui la correzione sia stata utilizzata per incidere (inammissibilmente) su errori di giudizio.
Cass. civ. n. 14432/2003
I vizi che inficiano il provvedimento di correzione di una sentenza – che ha natura amministrativa e non decisoria, per cui non è suscettibile di impugnazione autonoma, nemmeno con il ricorso proposto a norma dell’art. 111 Cost. – si traducono in vizi della sentenza corretta, e ciò non può non valere anche nel caso del lodo arbitrale corretto, sicché devono essere fatti valere con l’impugnazione della sentenza medesima, nella parte corretta, con lo specifico mezzo per questo previsto. È pertanto inammissibile il ricorso per cassazione proposto ex art. 111 Cost. contro il decreto di correzione materiale di un lodo arbitrale.
Cass. civ. n. 11458/2003
Nel procedimento di correzione di errore materiale, avente natura sostanzialmente amministrativa, iniziato con ricorso ritualmente notificato per la correzione dei dati anagrafici errati, contenuti in sentenza, relativi al luogo di nascita delle parti (nella specie, del figlio e del padre naturale), non costituisce illegittimo mutamento della domanda, bensì ammissibile precisazione della stessa, la richiesta, in sede di udienza di comparizione delle parti, di aggiunta della modifica della data di nascita (nel caso, del figlio naturale, anticipata di due giorni per renderla conforme alle risultanze dei registri di stato civile).
Cass. civ. n. 6761/2001
In tema di correzione di errori materiali o di calcolo, i requisiti di ammissibilità dell’impugnazione prevista dall’ultimo comma dell’art. 288 c.p.c. emergenti da detta norma postulano: a) che l’impugnazione abbia per oggetto le parti corrette della sentenza; b) che sia volta a far valere la tesi che si trattava di errore non materiale o di calcolo, ma di giudizio e che quindi vi è stata violazione del giudicato: c) che sia notificata entro il termine indicato dalla norma, cioè entro il termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l’ordinanza di correzione, mentre debbono ritenersi irrilevanti sia la sussistenza o meno, in concreto, di tale violazione, sia la maggiore o minore facilità di interpretazione della sentenza corretta nel senso della correzione (elementi questi rilevanti solo ai fini della decisione in ordine alla fondatezza della impugnazione in questione).
Cass. civ. n. 9065/2000
Poiché il provvedimento di correzione della sentenza ha natura amministrativa – senza modificare il contenuto della sentenza corretta, servendo solo a eliminare meri errori materiali e, perciò, a rendere aderente l’elemento rappresentativo a quello sostanziale del decisum – e non introduce una nuova fase processuale, costituendo solo un mero incidente nello stesso giudizio, la procedura di correzione deve attivarsi a istanza delle sole parti nei cui confronti è stata emessa la sentenza che si intende correggere.
Cass. civ. n. 8526/2000
Nell’ipotesi di errori materiali o di calcolo contenuti in un provvedimento giurisdizionale, non è ammissibile il ricorso per cassazione, rientrando nella esclusiva competenza del giudice che ha emesso il provvedimento contenente l’errore procedere alla sua eliminazione, in contraddittorio delle parti, ex artt. 287 e 288 c.p.c.
Cass. civ. n. 7712/2000
La pronuncia di correzione di errori materiali (o di calcolo) è funzionale all’eliminazione di un errore che, non incidendo sul contenuto sostanziale della decisione, si risolve, per converso, in un difetto di corrispondenza tra il contenuto “ideale” della sentenza e la sua materiale rappresentazione mediante simboli grafici, emergente ictu oculi dalla lettura del provvedimento. Detta pronuncia non richiede, pertanto, una motivazione diversa ed ulteriore rispetto alla esplicitazione dei passaggi logici e delle operazioni attraverso i quali si pone rimedio all’errore del giudice.
Cass. civ. n. 5767/2000
La proposizione della istanza di correzione della sentenza non comporta la legale conoscenza della stessa e, pertanto, non determina, sia che il giudice abbia proceduto alla correzione sia che l’abbia negata, la decorrenza del termine breve per proporre impugnazione. Infatti, a fronte delle molteplici formalità dettate dal codice di rito al fine di determinare i modi e i tempi nei quali tale conoscenza si determina, in primo luogo attraverso il complesso sistema delle notificazioni, nessuna rilevanza può essere in proposito attribuita al provvedimento di diniego della correzione, che, oltre ad essere un atto amministrativo e non giurisdizionale, non è neppure preso in considerazione ai fini processuali dall’art. 288 c.p.c., il quale, solo per l’ipotesi di intervenuta correzione, prevede la possibilità di impugnare la sentenza, con riguardo alle sole parti corrette, nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l’ordinanza di correzione (e non comunque dal momento di proposizione della relativa istanza, di per sè non rilevante), così sancendo l’impugnabilità del provvedimento di correzione soltanto in quanto inserito nel testo della sentenza «corretta».
Cass. civ. n. 10447/1998
Nell’ipotesi in cui la sentenza contro la quale è stato proposto gravame contenga un errore materiale, l’istanza di correzione dello stesso, non essendo rivolta ad una vera e propria riforma della decisione, non deve necessariamente formare oggetto di uno specifico motivo di impugnazione, neppure in via incidentale, ma può essere proposta in qualsiasi forma e può anche essere implicita nel complesso delle deduzioni difensive svolte in appello, con la conseguenza che, ove l’istanza di correzione sia stata espressa in un appello incidentale, la declaratoria di inammissibilità del suddetto appello incidentale non preclude la decisione in ordine alla suddetta istanza.
Cass. civ. n. 1843/1996
L’ultimo comma dell’art. 288 c.p.c., il quale dispone che le sentenze possono essere impugnate, relativamente alle parti corrette, nel termine che decorre dal giorno in cui è stata notificata l’ordinanza di correzione, è applicabile soltanto quando l’errore dal quale la sentenza è inficiata è tale da determinare un qualche dubbio sull’effettivo contenuto della decisione. Pertanto, la pendenza del relativo procedimento per la correzione di un errore evidente, agevolmente eliminabile in via d’interpretazione della sentenza e non perciò tale da impedire la percezione dell’esatto significato della decisione assunta dal giudice, non impedisce il normale decorso dei termini d’impugnazione e tanto meno preclude la proponibilità, entro i suindicati termini, di un normale mezzo di gravame previsto dall’ordinamento nei riguardi della decisione oggetto di correzione.
Cass. civ. n. 951/1986
La procedura di correzione degli errori materiali della sentenza richiede l’istanza della parte interessata e non è più esperibile quando avverso la stessa decisione sia già stato proposto appello, giacché in questo caso l’impugnazione assorbe ogni correzione di errori in cui sia caduto il primo giudice, rientrando la relativa operazione nei compiti di revisione conferiti al giudice del gravame.
Cass. civ. n. 4126/1985
L’ordinanza, che dispone la correzione di una sentenza, in esito al procedimento di cui agli artt. 287, 288, c.p.c., configura un provvedimento di natura amministrativa, non decisoria, e, come tale, non è impugnabile, ferma restando la facoltà di impugnare la sentenza corretta, ai sensi e nei termini di cui all’ultimo comma del citato art. 288, relativamente alle parti cui la correzione medesima si riferisce.
Cass. civ. n. 4661/1983
Nel procedimento di correzione degli errori materiali di cui all’art. 287 c.p.c. non è ammessa alcuna pronuncia sulle spese processuali, in quanto trattandosi di procedimento in Camera di Consiglio (art. 742 bis c.p.c.) in materia di giurisdizione volontaria, mancano i presupposti richiesti dall’art. 91 c.p.c. per una siffatta pronuncia, ossia un provvedimento conclusivo di un procedimento contenzioso suscettibile di determinare una posizione di soccombenza.
Cass. civ. n. 3009/1960
Il potere di provvedere alla correzione è attribuito allo stesso giudice che è incorso nell’errore o nell’omissione, ma se la sentenza sia già stata appellata, la correzione rientra nei compiti di revisione conferiti al giudice del gravame. Non è necessario, però, che la sentenza non sia più soggetta ad appello, essendo sufficiente che non sia stata ancora appellata.
Cass. civ. n. 3206/1956
È validamente disposta la correzione di un errore materiale di una sentenza da parte di una sezione dell’ufficio giudiziario diversa da quella che aveva pronunciato la sentenza stessa.
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