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Articolo 827 Codice di procedura civile — Mezzi di impugnazione

Articolo 827 Codice di procedura civile — Mezzi di impugnazione

Il lodo è soggetto soltanto all’impugnazione per nullità, per revocazione o per opposizione di terzo.

I mezzi di impugnazione possono essere proposti indipendentemente dal deposito del lodo.

Il lodo che decide parzialmente il merito della controversia è immediatamente impugnabile, ma il lodo che risolve alcune delle questioni insorte senza definire il giudizio arbitrale è impugnabile solo unitamente al lodo definitivo.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 16963/2014

Il lodo parziale è immediatamente impugnabile, ai sensi dell’art. 827, terzo comma, cod. proc. civ., solo nel caso in cui, decidendo su una o più domande, abbia definito il giudizio relativamente ad esse, attesa l’esecutività che il lodo stesso può assumere in questa ipotesi; viceversa, l’immediata impugnabilità deve essere esclusa quando il lodo abbia deciso questioni preliminari di merito senza definire il giudizio (nella specie, rigettando l’eccezione di prescrizione).

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Cass. civ. n. 25258/2013

Il mezzo di impugnazione del lodo arbitrale deve essere individuato in base alla natura dell’atto concretamente posto in essere dagli arbitri e non dell’arbitrato come previsto dalle parti, per cui, se è stato pronunciato un lodo irrituale nonostante che alcune delle parti sostengano di avere, in realtà, pattuito una clausola per arbitrato rituale, il lodo medesimo deve essere impugnato, sia pure allo scopo di far valere il carattere rituale dello stesso, non innanzi alla corte di appello, a norma dell’art. 828 c.p.c., ma in base alle norme ordinarie sulla competenza e con l’osservanza del doppio grado di giurisdizione, facendo valere i vizi di manifestazione della volontà negoziale.

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Cass. civ. n. 12544/2013

Nell’ordinamento processuale vige il principio secondo cui innanzi al giudice adito con un mezzo di impugnazione si osservano le norme stabilite per il procedimento davanti allo stesso, in quanto non derogate dalla specifica disciplina del mezzo d’impugnazione di cui si tratta. Ne consegue che al giudizio d’impugnazione del lodo davanti alla corte d’appello, disciplinato dagli artt. 827 e ss. cod. proc. civ., non si applica – né direttamente, né indirettamente – il regime delle preclusioni stabilito dall’art. 183 cod. proc. civ., bensì il regime processuale proprio dell’appello, secondo cui le prove vanno chieste in sede di costituizone, a meno che non sia successiva la loro formazione o la produzione sia resa necessaria a ragione dello sviluppo del processo, risultando tale soluzione conforme al dettato dell’art. 830, comma secondo, cod. proc. civ. (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), che, con la locuzione “nuova istruzione”, si riferisce ai mezzi di prova diversi da quelli del giudizio arbitrale, e non all’individuazione del momento preclusivo della loro deduzione.

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Cass. civ. n. 18041/2012

Il principio della rilevabilità d’ufficio del giudicato (anche) esterno, risultante da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, si giustifica nel particolare carattere della sentenza del giudice e nella natura pubblicistica dell’interesse al suo rispetto, non operando con riferimento al lodo arbitrale, essendo questo un atto negoziale riconducibile al “dictum” di soggetti privati, che non muta la propria originaria natura per l’attribuzione “a posteriori” degli effetti della sentenza, tant’è che l’art. 829, n. 8, c.p.c. attribuisce alla precedente decisione del giudice soltanto l’attitudine a costituire “sentenza passata in giudicato” e riserva al lodo la possibilità di divenire “non impugnabile”, nonchè quella di essere impugnato con il giudizio di cui all’art. 827 c.p.c. “allorchè contrario ad altro precedente lodo”.

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Cass. civ. n. 5634/2012

Il lodo parziale che provveda sulla “competenza” degli arbitri a decidere della controversia, così ritenendo la sussistenza di una valida clausola compromissoria intercorsa fra le parti, deve essere oggetto d’impugnazione immediata, avendo deciso una questione preliminare di merito, ai sensi dell’art. 279, comma secondo, n. 4, in riferimento alla ipotesi di cui allo stesso art. 279, comma secondo, n. 2, cod. proc. civ.

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Cass. civ. n. 4790/2012

Non è immediatamente impugnabile ai sensi dell’art. 827, terzo comma, cod. proc. civ., perchè “non definitivo”, il lodo che incida solo sulla ammissibilità e procedibilità del giudizio degli arbitri, in quanto la questione proposta è da ritenere preliminare o pregiudiziale, non potendosi risolvere dagli arbitri le altre domande proposte senza la previa soluzione di detti quesiti. (Fattispecie in tema di illegittima composizione del collegio arbitrale e di carenza di potere degli arbitri).

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Cass. civ. n. 25268/2009

Nell’arbitrato irrituale, attesa la sua natura volta ad integrare una manifestazione di volontà negoziale sostitutiva di quella delle parti in conflitto, il lodo è impugnabile soltanto per i vizi che possono vulnerare simile manifestazione di volontà, con conseguente esclusione dell’impugnazione per nullità prevista dall’art. 828 c.p.c.; pertanto, l’errore del giudizio arbitrale, deducibile in sede impugnatoria, per essere rilevante, deve integrare gli estremi della essenzialità e riconoscibilità di cui agli artt. 1429 e 1431 c.c., mentre non rileva l’errore commesso dagli arbitri con riferimento alla determinazione adottata in base al convincimento raggiunto dopo aver interpretato ed esaminato gli elementi acquisiti.

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Cass. civ. n. 29772/2008

In tema di arbitrato irrituale, allorchè le parti abbiano assegnato agli arbitri il potere di adottare decisioni secondo diritto, il lodo così pronunciato, stante la sua irritualità, è impugnabile soltanto per incapacità e vizi della volontà degli arbitri, con esclusione degli errori di giudizio e di apprezzamento; conseguentemente, allorchè la pronuncia arbitrale secondo diritto sia stata resa con riferimento alla dedotta incongruità del prezzo contrattuale relativo all’acquisto di una partecipazione azionaria ed abbia condotto alla determinazione del prezzo, in termini di garanzia della corrispondenza del patrimonio aziendale a quello risultante dal bilancio, è improponibile l’impugnazione che prospetti il vizio di eccesso di potere od abuso di mandato degli arbitri, per errore sulla valutazione di mercato.

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Cass. civ. n. 2715/2007

Il lodo con cui sia disposta la risoluzione del contratto e la condanna generica di una delle parti al risarcimento del danno, con prosecuzione del procedimento arbitrale per la determinazione del quantum debeatur costituisce lodo parziale, immediatamente impugnabile ai sensi dell’art. 827, terzo comma, c.p.c., come sostituito dall’art. 19 della legge n. 25 del 1994.

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Cass. civ. n. 2444/2006

Il lodo parziale, anche nella configurazione assunta dall’arbitrato per effetto delle innovazioni introdotte dalla legge n. 25 del 1994, è impugnabile solo unitamente al lodo definitivo nel termine previsto per l’impugnazione di quest’ultimo, non essendo utilizzabile, nel procedimento arbitrale, l’istituto della riserva facoltativa d’impugnazione, riserva che, essendo limitata a specifiche ipotesi normative, richiederebbe, per la sua applicazione in situazioni diverse, espressa previsione normativa, poiché il sistema processuale è informato al principio dell’impugnazione immediata di tutte le sentenze.

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Cass. civ. n. 16205/2004

In tema di impugnazione del lodo arbitrale, ai sensi dell’art. 827, comma terzo, c.p.c., il lodo che pronunzi parzialmente nel merito (nella specie: la risoluzione del contratto, con condanna) è immediatamente impugnabile ma deve investire la stabilità e la tenuta dell’intero dictum arbitrale, con la conseguente devoluzione di tutte le questioni deducibili avverso la pronuncia parziale di merito, senza che sia ipotizzabile che qualcuna di esse sia tenuta in riserva per un uso successivo, atteso che la facoltà eccezionale concessa da tale terzo comma dell’art. 827 è diretta alla tutela di quella parte della vertenza incisa dal lodo parziale, in una logica di definizione immediata di quella «quota» di controversia che gli arbitri abbiano deciso di risolvere anticipatamente.

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Cass. civ. n. 16049/2004

Il lodo arbitrale irrituale è impugnabile, davanti al giudice ordinariamente competente, soltanto per i vizi che possono vulnerare ogni manifestazione di volontà negoziale (errore, violenza, dolo, incapacità delle parti o dell’arbitro), mentre è preclusa ogni impugnativa per errori di diritto, né, ove sia stato conferito l’incarico di emettere un arbitrato irrituale, esso può equivalere ad una «sentenza arbitrale». Di conseguenza, avverso tale lodo arbitrale non è ammissibile l’impugnazione di nullità dinanzi alla Corte d’appello, ex art. 828 c.p.c., ma solo una azione per eventuali vizi del negozio, da proporre con l’osservanza delle norme ordinarie sulla competenza, con rispetto del doppio grado di giurisdizione, pena la menomazione del diritto inviolabile della difesa (art. 24 Cost.).

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Cass. civ. n. 15353/2004

Nell’arbitrato libero o irrituale, che si traduce in una regolamentazione contrattuale della contesa, la violazione del principio del contraddittorio non rileva come vizio del procedimento, ma come violazione del contratto di mandato, e può rilevare esclusivamente ai fini dell’impugnazione ex art. 1429 c.c., ossia come errore degli arbitri che abbia inficiato la volontà contrattuale dai medesimi espressa; ne consegue che la parte che impugna il lodo deve dimostrare in concreto l’errore nell’apprezzamento della realtà nel quale gli arbitri sarebbero incorsi, mentre il solo fatto di non essere stata ascoltata, di non aver ricevuto copia della memoria prodotta dalla controparte o di non aver potuto produrre a sua volta una replica non implica di per sé un vizio della volontà degli arbitri.

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Cass. civ. n. 13114/2004

In tema di arbitrato libero, l’avere le parti assegnato agli arbitri, all’esito di procedimento non formale, il potere di adottare decisioni secondo diritto non impugnabili comporta che il lodo così pronunciato è impugnabile soltanto se la decisione abbia ad oggetto rapporti diversi da quelli sottoposti al giudizio arbitrale, ovvero trovi fondamento in una regola di decisione difforme da quella assegnata (come l’equità o il diritto straniero). Ne consegue che l’eventuale malgoverno del diritto applicabile da parte del collegio arbitrale rappresenta nulla più di un abuso dei poteri conferiti agli arbitri, che non inficia neanche la riferibilità ai mandanti del decisum oggetto del lodo, posto che questi ultimi ebbero a conferire agli arbitri proprio il potere di dare contenuti giuridici non impugnabili alla loro stessa volontà negoziale. Error iuris non censurabile deve, peraltro, ritenersi quell’errore che impinge un’erronea valutazione della norma di diritto (che la natura negoziale dell’arbitrato fa ovviamente ritenere insindacabile da parte del giudice), e non anche l’errore percettivo di diritto (attinente alla erronea supposizione di esistenza o inesistenza di una norma, e la cui sindacabilità è, viceversa, correlata alla stessa rilevanza attribuita all’errore di fatto), che non vi è ragione di escludere dall’area dell’impugnativa per vizi della volontà, ad istanza e nell’interesse della parte, tutte le volte in cui l’ambito della decisione degli arbitri irrituali abbia investito la (erroneamente supposta e predicata) esistenza o inesistenza di una norma di diritto.

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Cass. civ. n. 6517/2003

Operando nell’ordinamento processuale il principio secondo cui davanti al giudice adito con un mezzo di impugnazione si osservano le norme stabilite per il procedimento davanti allo stesso, in quanto non derogate dalla specifica disciplina del mezzo d’impugnazione di cui si tratta, al giudizio d’impugnazione del lodo davanti alla corte d’appello, disciplinato dagli artt. 827 e ss. c.p.c., non si applica — né direttamente né indirettamente — il regime delle preclusioni stabilito dall’art. 183 c.p.c.. (Fattispecie relativa a dedotta tardività di una eccezione di acquiescenza al lodo, formulata sulla base di una sopravvenuta, nelle more dell’impugnazione, transazione).

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Cass. civ. n. 4943/2001

La previsione nella clausola compromissoria di «inappellabilità del lodo arbitrale» non è nulla, atteso che non esclude il rimedio della impugnazione per nullità del lodo, ma lo limita alle censure per errores in procedendo, di cui al primo comma dell’art. 829 c.p.c., rendendo soltanto inammissibili eventuali censure per inosservanza di regole di diritto sostanziale.

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Cass. civ. n. 15070/2000

L’impugnazione per nullità di un lodo dinanzi alla Corte d’appello è proponibile, ai sensi degli artt. 827 ss. c.p.c., soltanto con riferimento agli arbitrati rituali, mentre, in caso di arbitrato irrituale, ancorché il provvedimento arbitrale sia stato depositato e reso esecutivo ai sensi dell’art. 825 del codice di rito, l’impugnazione predetta non può dirsi ammissibile (ancorché si impugni il lodo allegando la nullità della clausola compromissoria perché in contrasto con norme imperative), essendo legittimamente esperibile la sola l’azione per (eventuali) vizi del negozio, da proporre con l’osservanza delle norme ordinarie sulla competenza e del doppio grado di giurisdizione.

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Cass. civ. n. 5739/1998

Data la natura meramente negoziale di una decisione resa in sede di arbitrato irrituale, non è ammissibile, nei confronti della stessa, l’impugnazione a mezzo di ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 della Costituzione.

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Cass. civ. n. 6206/1994

L’accordo, che contempli la devoluzione ad arbitri delle controversie inerenti a differenti e non connessi rapporti fra le medesime parti, integra compromessi distinti, ancorché formalmente inseriti in unico documento. In tale situazione, il lodo, il quale esaurisca le questioni attinenti ad uno di detti rapporti, rinviando al prosieguo le statuizioni sull’altro, ha natura non parziale, ma definitiva, nell’ambito del compromesso cui si correla, e, pertanto, anche nel vigore dell’originario testo dell’art. 827 c.p.c. (prima delle modifiche introdotte dall’art. 19 della L. 5 gennaio 1994, n. 25), è immediatamente ed autonomamente impugnabile ed eseguibile.

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Cass. civ. n. 7513/1987

Il lodo arbitrale, anche se pronunci sulla sola competenza degli arbitri, è impugnabile esclusivamente con i rimedi previsti dagli artt. 828 e 831 c.p.c. e non con il regolamento di competenza che, come tutti gli altri mezzi di gravame diversi da quelli per nullità e per revocazione del lodo, è escluso dal novero dei rimedi consentiti avverso le sentenze arbitrali.

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Cass. civ. n. 5821/1981

La determinazione dell’arbitro libero di equità, avendo valore negoziale, è impugnabile per quei vizi costituenti causa di annullamento dei negozi giuridici, sicché la manifesta iniquità può operare come motivo di impugnativa di tale determinazione soltanto quando sia riconducibile a comportamento doloso dell’arbitro.

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