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Articolo 819 ter Codice di procedura civile — Rapporti tra arbitri e autorità giudiziaria

Articolo 819 ter Codice di procedura civile — Rapporti tra arbitri e autorità giudiziaria

La competenza degli arbitri non è esclusa dalla pendenza della stessa causa davanti al giudice, né dalla connessione tra la controversia ad essi deferita ed una causa pendente davanti al giudice . La sentenza, con la quale il giudice afferma o nega la propria competenza in relazione a una convenzione d’arbitrato, è impugnabile a norma degli articoli 42 e 43. L’eccezione di incompetenza del giudice in ragione della convenzione di arbitrato deve essere proposta, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta. La mancata proposizione dell’eccezione esclude la competenza arbitrale limitatamente alla controversia decisa in quel giudizio.

Nei rapporti tra arbitrato e processo non si applicano regole corrispondenti agli articoli 44, 45, 48, 50 e 295.

In pendenza del procedimento arbitrale non possono essere proposte domande giudiziali aventi ad oggetto l’invalidità o inefficacia della convenzione d’arbitrato.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 23473/2017

La statuizione di un collegio arbitrale, che pronunci sulla propria competenza a decidere la controversia sottopostagli, non è impugnabile con il regolamento di competenza, sia alla stregua della novella introdotta dal D.Lgs. n. 40 del 2006, sia nel regime previgente, emergendo chiaramente dal tenore letterale dell’art. 819 ter c.p.c. che il legislatore, ne ha consentito l’utilizzo esclusivamente avverso la pronuncia del medesimo tenore resa da un giudice ordinario.

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Cass. civ. n. 14649/2017

In presenza di una clausola compromissoria di arbitrato estero, l’eccezione di compromesso, attesa la natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario da attribuirsi all’arbitrato rituale in conseguenza delle disciplina complessivamente ricavabile dalla l. n. 5 del 1994 e dal d.lgs. n. 40 del 2006, deve ricomprendersi, a pieno titolo, nel novero di quelle di rito, dando così luogo ad una questione di giurisdizione e rendendo ammissibile il regolamento preventivo di cui all’art. 41 c.p.c., precisandosi, peraltro, che il difetto di giurisdizione nascente dalla presenza di una clausola compromissoria siffatta può essere rilevato in qualsiasi stato e grado del processo, a condizione che il convenuto non abbia espressamente o tacitamente accettato la giurisdizione italiana, e dunque solo qualora questi, nel suo primo atto difensivo, ne abbia eccepito la carenza.

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Cass. civ. n. 21213/2014

La sentenza dichiarativa dell’improponibilità della domanda, perché devoluta alla cognizione degli arbitri, non vincola questi ultimi quanto alla giuridica esistenza ed alla validità della clausola compromissoria, spettando ad essi di verificare la regolarità della loro investitura ad opera dei contraenti. Ne consegue che il giudicato derivante dall’omessa impugnazione di quella statuizione è meramente formale, preclusivo della riproposizione della medesima questione davanti al giudice dello stesso processo, ma non in un diverso giudizio promosso dalle parti dinanzi ad altra autorità giudiziaria, né spiega efficacia vincolante nel successivo procedimento arbitrale, che non è la prosecuzione di quello originariamente instaurato, ma costituisce una definizione negoziale della lite, la cui previsione comporta l’improponibilità suddetta per effetto della rinuncia delle parti alla giurisdizione.

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Cass. civ. n. 17908/2014

È inammissibile l’appello avverso la decisione del tribunale declinatoria della propria competenza a favore degli arbitri rituali, poiché l’attività di questi ultimi ha natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario, sicché la relativa questione può essere fatta valere solo con regolamento di competenza.

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Cass. civ. n. 24153/2013

L’attività degli arbitri rituali, anche alla stregua della disciplina complessivamente ricavabile dalla legge 5 gennaio 1994, n. 5 e dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, ha natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario, sicché lo stabilire se una controversia spetti alla cognizione dei primi o del secondo si configura come questione di competenza, mentre il sancire se una lite appartenga alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario e, in tale ambito, a quella sostitutiva degli arbitri rituali, ovvero a quella del giudice amministrativo o contabile, dà luogo ad una questione di giurisdizione.

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Cass. civ. n. 3826/2013

In tema di arbitrato, il primo periodo dell’art. 819 ter, primo comma, c.p.c., nel prevedere che la competenza degli arbitri non è esclusa dalla connessione tra la controversia ad essi deferita ed una causa pendente davanti al giudice ordinario, implica, in riferimento all’ipotesi in cui sia stata proposta una pluralità di domande, da un lato che la sussistenza della competenza arbitrale deve essere verificata con specifico riguardo a ciascuna di esse, non potendosi devolvere agli arbitri (o al giudice ordinario) l’intera controversia in virtù del mero vincolo di connessione, dall’altro che l’eccezione d’incompetenza dev’essere sollevata con specifico riferimento alla domanda o alle domande per le quali è prospettabile la dedotta incompetenza. (Nella specie il convenuto, con la comparsa di costituzione, aveva fatto valere l’efficacia della clausola compromissoria contenuta nel contratto di locazione finanziaria con riferimento alle sole domande avanzate dall’attrice in via surrogatoria, astenendosi dal sollevare la medesima eccezione in ordine alle domande proposte dall’attrice “jure proprio”; la S.C., in applicazione dell’anzidetto principio, ha conseguentemente escluso che il giudice potesse d’ufficio estendere la dichiarazione di improponibilità a tutte le domande, non potendosi invocare né il vincolo di connessione esistente tra le stesse, né il principio di ragionevole durata del processo).

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Cass. civ. n. 22002/2012

L’art. 819 ter, comma secondo, c.p.c., laddove afferma che “nei rapporti tra arbitrato e processo” non si applica l’art. 50 c.p.c., riguarda solo il caso in cui siano gli arbitri ad escludere la loro competenza ed a riconoscere quella del giudice ordinario. Allorquando, invece, sia il giudice togato a dichiarare la propria incompetenza a beneficio di quella degli arbitri, oppure sia la Corte di cassazione, adita con riferimento ad una pronuncia affermativa della competenza del giudice ordinario, a dichiarare la competenza degli arbitri oppure a rigettare, per ragioni di rito o di merito, l’istanza di regolamento contro una pronuncia declinatoria, è possibile la riassunzione dinanzi agli arbitri nel termine fissato o, in mancanza, in quello previsto dall’art. 50 c.p.c., con salvezza dell’effetto interruttivo cd. istantaneo della prescrizione ai sensi dell’art. 2943 comma 3, c.c., e di quello permanente, di cui all’art. 2945, comma 2, dello stesso codice.

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Cass. civ. n. 15890/2012

La proposizione dell’eccezione di incompetenza del giudice ordinario, in ragione dell’esistenza di una clausola compromissoria, non richiede formule sacramentali, né l’individuazione di specifici criteri di competenza, essendo sufficiente la deduzione della sussistenza della convenzione d’arbitrato.

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Cass. civ. n. 17019/2011

Ai sensi dell’art. 819 ter, ultimo comma, c.p.c., così come novellato dall’art. 22 del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, in pendenza del procedimento arbitrale non possono proporsi all’autorità giudiziaria domande aventi ad oggetto l’invalidità o inefficacia della convenzione d’arbitrato, dovendosi ritenere, per converso, che possa essere proposta una domanda giudiziale intesa ad ottenere la declaratoria della invalidità o dell’inefficacia della convenzione, quando non sia stata introdotta una controversia davanti agli arbitri sulla base della convenzione stessa. L’invalidità o l’inefficacia della convenzione d’arbitrato può essere invocata davanti all’autorità giudiziaria con autonoma domanda di accertamento, o unitamente alla domanda relativa al rapporto cui la clausola compromissoria troverebbe applicazione, ovvero, ancora, in via di controeccezione proposta dalla parte attrice, allorché la parte convenuta abbia eccepito l’esistenza della clausola compromissoria invocando la competenza arbitrale. Ove avverso la decisione del giudice di merito, affermativa o negativa della competenza arbitrale, venga proposto regolamento di competenza, detto giudizio compete alla Corte di cassazione, nell’ambito dei poteri di statuizione sulla competenza.
La sentenza con la quale il tribunale adito, ignorando la qualificazione dei rapporti di competenza tra arbitri e autorità giudiziaria, data dell’art. 819 ter c.p.c., dichiari improponibile la domanda, dev’essere intesa come pronuncia declinatoria della competenza a favore degli arbitri ed è pertanto impugnabile con il regolamento necessario di competenza.

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Cass. civ. n. 24082/2010

In tema di competenza, a norma dell’articolo 819 ter, secondo comma, c.p.c., a fronte di una statuizione che nega la competenza arbitrale è ammesso il solo regolamento di competenza necessario o facoltativo, ma non anche quello d’ufficio; ne consegue che, ove sia intervenuta una pronuncia che, negando la competenza arbitrale, affermi quella del giudice ordinario e ad un tempo dichiari la competenza territoriale, di altro giudice, quest’ultimo può contestare con il regolamento di ufficio il criterio attributivo della competenza per territorio ma non anche porre nuovamente in discussione la questione della competenza arbitrale.

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Cass. civ. n. 19047/2010

In tema di arbitrato, la disciplina sull’impugnabilità con regolamento di competenza, necessario o facoltativo (artt. 42 e 43 c.p.c.), della sentenza del giudice di merito affermativa o negatoria della propria competenza sulla convenzione di arbitrato, recata dal nuovo testo dell’art. 819 ter c.p.c. (introdotto dall’art. 22 del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), trova applicazione soltanto in relazione a sentenze pronunciate con riferimento a procedimenti arbitrali iniziati successivamente alla data del 2 marzo 2006, disponendo in tal senso, con formulazione letterale inequivoca, la norma transitoria dettata dall’art. 27, comma 4, dell’anzidetto D.Lgs. n. 40, dovendosi, pertanto, escludere che l’operatività della nuova disciplina possa ancorarsi a momenti diversi, quale quello dell’inizio del giudizio dinanzi al giudice ordinario nel quale si pone la questione di deferibilità agli arbitri della controversia ovvero quello della data di pubblicazione della sentenza del medesimo giudice che risolve la questione di competenza. (Principio di diritto enunciato in sede di regolamento di competenza avente ad oggetto sentenza pronunciata in controversia attinente a domande di arbitrato proposte prima del 2 marzo 2006).

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Cass. civ. n. 178/2008

Nel giudizio arbitrale, le sole questioni pregiudiziali sottratte alla competenza degli arbitri sono quelle di cui all’art. 806 c.p.c. (prevedente le materie indisponibili o altre fissate per legge), per cui nell’ipotesi di contemporanea pendenza della medesima causa davanti all’autorità giudiziaria e ad un collegio arbitrale, non opera la litispendenza, nè può invocarsi la sospensione necessaria di cui all’art. 295 c.p.c., poiché la competenza di uno dei giudici, escludendo quella dell’altro ed avendo carattere esclusivo e inderogabile, va risolta con l’affermazione o la negazione della competenza del giudice adito, in relazione all’esistenza, al contenuto e ai limiti di validità del compromesso o della clausola compromissoria; la mancata sospensione non è invero prevista come causa di nullità del lodo, mancando la stessa possibilità di un conflitto di giudicati, poiché il rapporto di pregiudizialità tra due liti, che impone al giudice la predetta sospensione, ricorre solo quando la decisione della prima influenzi la pronuncia che deve essere resa sulla seconda.

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