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Articolo 809 Codice di procedura civile — Numero degli arbitri

Articolo 809 Codice di procedura civile — Numero degli arbitri

Gli arbitri possono essere uno o più, purché in numero dispari.

La convenzione d’arbitrato deve contenere la nomina degli arbitri oppure stabilire il numero di essi e il modo di nominarli.

In caso d’indicazione di un numero pari di arbitri, un ulteriore arbitro, se le parti non hanno diversamente convenuto, è nominato dal presidente del tribunale nei modi previsti dall’articolo 810. Se manca l’indicazione del numero degli arbitri e le parti non si accordano al riguardo, gli arbitri sono tre e, in mancanza di nomina, se le parti non hanno diversamente convenuto, provvede il presidente del tribunale nei modi previsti dall’articolo 810.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 19994/2004

In tema di arbitrato, la clausola compromissoria che stabilisca un modo di nomina degli arbitri di impossibile attuazione pratica, è nulla ai sensi dell’art. 809, secondo e terzo comma, c.p.c., ma ciò non comporta l’inesistenza del lodo arbitrale, che si verifica invece nelle sole ipotesi in cui, per inesistenza del compromesso o della clausola compromissoria, o per essere la materia affidata alla decisione degli arbitri estranea a quelle suscettibili di formare oggetto di compromesso, viene a mancare in radice la potestas decidendi, costituendo, quindi, la pronuncia arbitrale una vera e propria usurpazione di potere. Al di fuori di tali ipotesi, le eventuali difformità dai requisiti e dalle forme del giudizio arbitrale possono provocare solo la nullità del lodo che, una volta rilevata, non impedisce il passaggio alla fase rescissoria per l’accertamento della eventuale nullità del compromesso prevista dall’art. 829, primo comma, n. 1, c.p.c.

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Cass. civ. n. 15134/2000

La nomina dell’arbitro, quale atto negoziale di integrazione del compromesso e della clausola compromissoria, deve essere fatta personalmente dalle parti — o da procuratore munito del relativo potere negoziale —, mentre la procura alle liti relativa al giudizio arbitrale non legittima il difensore alla nomina dell’arbitro nell’interesse del suo assistito (non potendo la stessa essere configurata, di per sé, come mandato speciale rispetto alla nomina), a meno che, in essa, non possa ravvisarsi anche un mandato a procedere a tale designazione, e salva sempre la facoltà di ratifica da parte dell’interessato (con conseguente sanatoria del vizio della designazione), che non può desumersi automaticamente dal mero conferimento della procura, necessitando, a sua volta, del concorso di altri elementi di fatto (la cui valutazione è, peraltro, di esclusiva competenza del giudice di merito).

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Cass. civ. n. 4831/1997

Se più parti hanno contrattualmente stabilito di devolvere la decisione di determinate controversie tra le stesse alla competenza di un collegio arbitrale costituito da tre arbitri, da nominare ai sensi dell’art. 809 c.p.c., tale clausola compromissoria è valida se si accerta, a posteriori e in base al petitum e alla causa petendi, che i centri di interesse sono polarizzati in due soli gruppi omogenei, ossia sostanzialmente in due parti, sì da giustificare l’applicazione di un meccanismo binario per la nomina degli arbitri.

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Cass. civ. n. 8608/1990

È valida la clausola compromissoria per arbitrato rituale con la quale le parti rimettano ad un terzo, già identificato nella clausola stessa, la nomina di uno degli arbitri, in quanto ciò soddisfa l’esigenza dell’accordo in ordine al meccanismo di designazione, dovendosi esso ritenere perfezionato con l’assenso dato al negozio, il quale implica anche adesione alla clausola che contempla la composizione del collegio arbitrale e le modalità della sua costituzione.

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Cass. civ. n. 2983/1988

La clausola compromissoria cosiddetta binaria, che devolva determinate controversie alla decisione di tre arbitri, due dei quali da nominare da ciascuna delle parti, ed il terzo, in caso di disaccordo, dal presidente del tribunale, può trovare applicazione in una lite con pluralità di parti, e, quindi, può configurare una deroga convenzionale alla competenza dell’autorità giudiziaria, solo quando, in base ad una valutazione da compiersi — a posteriori — risulti lo spontaneo raggruppamento degli interessi in gioco in due soli gruppi omogenei e contrapposti, cioè in due sole parti sostanziali, e sempreché tale raggruppamento sia compatibile con il tipo di azione proposta in giudizio, in quanto, ove l’azione stessa, secondo la generale e astratta previsione del legislatore, introduca un litisconsorzio necessariamente caratterizzato dalla presenza di più di due centri autonomi di interessi, non riconducibili nella suddetta previsione bipolare, resta irrilevante ogni eventuale anomalo affiancamento degli atteggiamenti difensivi di parti contrapposte, derivante da valutazioni peculiari estranee alla struttura ed alla regolamentazione normativa dell’azione medesima. Pertanto deve escludersi l’operatività di quella clausola con riguardo alla controversia promossa da uno o più soci di una società di persone, a norma dell’art. 2259 terzo comma c.c., per conseguire la revoca dell’amministratore in relazione a fatti di cattiva gestione in pregiudizio della società, poiché, rispetto a tale domanda, l’amministratore revocando e la società (ovvero, in difetto di vocatio della stessa, tutti gli altri soci), ancorché assumano in concreto un atteggiamento di comune difesa, costituiscono due parti necessariamente distinte, alla stregua della sopra indicata valutazione della natura intrinseca della domanda stessa, in quanto portatrici di interessi contrapposti, sicché la lite acquista una consistenza almeno tripolare, ostativa alla applicabilità del meccanismo binario di nomina degli arbitri.

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Cass. civ. n. 6925/1983

Il requisito dell’identificazione dell’arbitro o degli arbitri chiamati a pronunciarsi su una determinata controversia, affinché una clausola compromissoria per arbitrato estero possa introdurre una valida deroga alla giurisdizione del giudice italiano, non può essere escluso per il fatto che la clausola medesima faccia generico riferimento ad organi di associazioni internazionali di categoria, ove si tratti di organi preesistenti o permanenti, con composizione predeterminata secondo gli accordi generali che regolano quelle associazioni, sicché, anche alla stregua della prassi commerciale internazionale, non vi siano dubbi sull’individuazione del collegio arbitrale (nella specie, in un rapporto di compravendita di pelli, l’International council of hide and skin sellers in Londra).

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Cass. civ. n. 5489/1982

La clausola compromissoria che prevede la nomina del terzo arbitro mediante «accordo delle parti», non è affetta da nullità, ai sensi dell’art. 809 c.p.c., per mancata determinazione delle modalità di nomina di tale arbitro, tenuto conto che la nomina stessa non risulta di impossibile attuazione pratica, perché, in difetto di accordo, trova applicazione analogica l’art. 810 c.p.c., non conseguente possibilità per le parti di chiedere che essa venga effettuata dal presidente del tribunale.

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