Art. 108 – Codice di procedura civile – Estromissione del garantito
Se il garante comparisce e accetta di assumere la causa in luogo del garantito, questi può chiedere, qualora le altre parti non si oppongano, la propria estromissione. Questa è disposta dal giudice con ordinanza ; ma la sentenza di merito pronunciata nel giudizio spiega i suoi effetti anche contro l'estromesso.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 15734/2007
Allorquando il giudice d'appello abbia pronunciato l'estromissione di una parte dal giudizio, il soccombente è legittimato a proporre il ricorso per cassazione, oltre che nei riguardi dell'altra parte, anche contro la parte estromessa, soltanto qualora impugni la sentenza anche sul punto dichiarativo della estromissione. Altrimenti, se non intende proporre ricorso sul punto della estromissione ed accetta, quindi, l'uscita dal processo della parte estromessa, egli è tenuto soltanto a notificare il ricorso ai sensi dell'art. 332 c.p.c. (Sulla base di tale principio essendo stato il ricorso proposto espressamente contro la parte estromessa senza l'impugnazione della decisione di estromissione, ha ritenuto che correttamente la parte estromessa si fosse costituita per far valere tale mancata impugnazione e che, quindi, la parte ricorrente fosse soccombente nei suoi confronti).
Cass. civ. n. 13968/2004
Con riferimento alla posizione dell'assicuratore della responsabilità civile (fuori dell'ambito dell'assicurazione obbligatoria), quale è configurata dall'art. 1917 cod. civ., ricorre una ipotesi di garanzia propria, atteso che il nesso tra la domanda principale del danneggiato e la domanda di garanzia dell'assicurato verso l'assicuratore è riconosciuto sia dalla previsione espressa della possibilità di chiamare in causa l'assicuratore sia dallo stesso regime dei rapporti tra i tre soggetti contenuto nell'art. 1917, secondo comma, cod. civile. Infatti, nelle ipotesi in cui sia unico il fatto generatore della responsabilità come prospettata tanto con l'azione principale che con la domanda di garanzia, anche se le ipotizzate responsabilità traggono origine da rapporti o situazioni giuridiche diverse, si versa in un caso di garanzia propria che ricorre, solo ove il collegamento tra la posizione sostanziale vantata dall'attore e quella del terzo chiamato in garanzia sia previsto dalla legge disciplinatrice del rapporto (In applicazione di tale principio la Corte ha affermato la natura di garanzia propria in un caso in cui si controverteva della responsabilità per i danni subiti da una partita di merce e cagionati dal vettore contro cui aveva agito l'assicuratore che, avendo pagato la merce danneggiata, si era surrogato nei diritti del proprio assicurato verso il vettore, il quale, a sua volta, aveva chiamato in causa la società assicuratrice, con la quale aveva stipulato una polizza, chiedendo di essere manlevata da ogni pretesa risarcitoria. In conseguenza di tale qualificazione la Corte ha definitivamente respinto l'eccezione di incompetenza del Tribunale adito dalla parte danneggiata, per essere divenuta incontestabile in ragione della mancata eccezione del convenuto in relazione al regime della chiamata in garanzia propria).
Cass. civ. n. 13766/2004
La pronuncia con la quale il giudice di primo grado «estrometta dal giudizio» uno dei convenuti, ritenendolo privo di legittimazione passiva, configura, nonostante l'improprietà della formula adottata, una statuizione di rigetto della domanda, per difetto di una condizione dell'azione. Ne consegue che il giudice di appello, che ritenga non corretta detta pronuncia, deve trattenere la causa e giudicare nel merito, non ricorrendo ipotesi di rimessione al primo giudice, ai sensi degli artt. 353 e 354 c.p.c.
Cass. civ. n. 12899/2004
In tema di competenza ed ai fini della trattazione unitaria delle cause ai sensi dell'art. 32 c.p.c. con conseguente superamento degli ordinari criteri di competenza territoriale altrimenti operanti per la causa di garanzia, la sussistenza di due diversi titoli dedotti a fondamento, rispettivamente, della domanda principale e di quella di garanzia non è di per sé rilevante, posto che la garanzia propria ricorre non solo quando la causa principale e quella accessoria abbiano in comune lo stesso titolo, ma anche quando si verifichi una connessione oggettiva tra i titoli delle due domande, oppure quando sia unico il fatto generatore della responsabilità prospettata con l'azione principale e con quella di regresso. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva individuato in un vizio del sistema di frenatura di un'autovettura l'unico fatto generatore di responsabilità dedotta a fondamento sia della domanda proposta nei confronti della società concessionaria, sia di quella di garanzia formulata da quest'ultima nei confronti della società costruttrice, con conseguente trattazione unitaria delle due cause ed inapplicabilità della deroga convenzionale alla competenza territoriale prevista nel contratto di concessione).
Cass. civ. n. 8458/2004
In tema di risarcimento del danno derivante da fatto illecito, qualora il danneggiante spieghi domanda di garanzia nei confronti della propria compagnia di assicurazione, l'accertamento della responsabilità civile dell'assicurato deve avvenire anche nei confronti dell'assicuratore, ove questo la contesti, atteso che sono autonomi i rapporti tra danneggiante e danneggiato e tra assicurato e assicuratore. Ne consegue che la sentenza emessa nel giudizio tra danneggiante e danneggiato, al quale sia rimasto estraneo l'assicuratore, non fa stato nei confronti di costui, salva l'ipotesi che sia stato chiamato in causa per garanzia impropria, giacché in questo caso il chiamante chiede implicitamente che siano accertati nei confronti dell'assicuratore tutti i presupposti su cui si fonda l'obbligo indennitario. (Nella specie, avvenuta la chiamata, la S.C. ha confermato la sentenza di appello, che, sul gravame della compagnia, aveva escluso il valore di prova legale della confessione resa dall'assicurata e respinto la domanda di garanzia).
Cass. civ. n. 2236/1981
L'estromissione dal giudizio del garantito a seguito d'intervento del terzo (con l'eventuale condanna di quest'ultimo) presuppone che la relativa istanza sia opera del garantito medesimo e non può avvenire senza che l'attore l'abbia accettata.
Cass. civ. n. 1236/1964
In tema di assicurazione contro i danni, nel momento della presentazione all'assicuratore della domanda di infortunio, da parte dell'assicurato danneggiante (art. 1913 c.c.), quest'ultimo, in senso potenziale, è certamente parte nell'eventuale lite sorgente tra esso danneggiante, il danneggiato e l'assicuratore: pertanto, la successiva estromissione dal giudizio dell'assicurato (avvenuta, nel caso, ai sensi dell'art. 108 c.p.c., per avere l'assicuratore dichiarato di voler assumere la causa in luogo del garantito), non potendosi ad essa riconoscere alcun effetto retroattivo in relazione a fatti pregressi, non può mai modificare la situazione di diritto determinatasi, sul piano sostanziale con conseguenti riflessi processuali, in epoca precedente all'estromissione. Su tali basi deve ritenersi che le dichiarazioni contenute nella suddetta denuncia di infortunio ben possono essere utilizzate, sul piano probatorio, come confessione extragiudiziale resa ad un terzo dall'estromesso prima dell'estromissione, e che l'animus confitendi, indispensabile perché anche la confessione extragiudiziale possa spiegare i suoi effetti giuridici, non viene meno per ciò solo che il confitente abbia successivamente perduto la qualità di parte.