10 Gen Art. 590 — Conferma ed esecuzione volontaria di disposizioni testamentarie nulle
La nullità della disposizione testamentaria, da qualunque causa dipenda, non può essere fatta valere da chi, conoscendo la causa della nullità, ha, dopo la morte del testatore, confermato la disposizione o dato ad essa volontaria esecuzione [ 627, 799 ].
[adrotate group=”6″]
Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”8″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 168/2018
La conferma delle disposizioni testamentarie o la volontaria esecuzione di esse non opera rispetto a quelle lesive della legittima, in quanto gli effetti convalidativi di cui all’art. 590 c.c. si riferiscono alle sole disposizioni testamentarie nulle: ne deriva che in dette ipotesi non è preclusa al legittimario l’azione di riduzione, salvo che egli non abbia manifestato in modo non equivoco la volontà di rinunciare a far valere la lesione mediante un comportamento concludente incompatibile con la stessa. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha annullato la decisione impugnata che aveva ritenuto che l’immissione del legittimario nel godimento dei beni legatigli costituiva rinuncia tacita all’azione di riduzione, considerato, peraltro, che l’erede pretermesso, salva l’ipotesi prevista dall’art. 551 c.c., non è tenuto a rinunciare al legato per proporre detta azione).
Cass. civ. n. 11195/2012
L’art. 590 c.c., nel prevedere la possibilità di conferma od esecuzione di una disposizione testamentaria nulla da parte degli eredi, presuppone, per la sua operatività, l’oggettiva esistenza di una disposizione testamentaria che, sia comunque frutto della volontà del “de cuius”, sicché detta norma non trova applicazione in ipotesi di accertata sottoscrizione apocrifa del testamento, la quale esclude in radice la riconducibilità di esso al testatore.
Cass. civ. n. 6313/1996
L’atto con cui il notaio riceve le dichiarazioni dei legittimari dirette a confermare espressamente le disposizioni testamentarie rese in forma orale dal de cuius, sulle premesse — dai medesimi dichiarate — dell’inesistenza di un testamento formale e della ripetuta, dettagliata e mai revocata volontà del defunto, espressa oralmente, circa la destinazione dei propri beni, non invade i compiti di accertamento riservati all’autorità giudiziaria, in ordine (nella specie) all’esistenza ed alla nullità del testamento nuncupativo nonché alla intervenuta realizzazione della fattispecie sanante prevista dall’art. 590 c.c., e non è quindi suscettibile di esser disciplinarmente sanzionato, ai sensi degli artt. 1 e 138 della legge notarile, atteso che la convalida non presuppone alcuna preventiva attività di accertamento circa la nullità delle disposizioni convalidate (né, peraltro, preclude un tale accertamento, da parte dell’autorità giudiziaria in caso di successiva contestazione) e tenuto altresì conto che la fede privilegiata propria dell’atto notarile non si estende al contenuto della dichiarazione di convalida, rispetto al quale non è quindi configurabile alcuna attività di accertamento da parte del notaio.
Cass. civ. n. 8611/1995
L’esecuzione volontaria delle disposizioni testamentarie lesive della legittima non preclude al legittimario l’azione di riduzione salvo che egli non abbia manifestato in modo equivoco la volontà di rinunciare a far valere la lesione.
Cass. civ. n. 2958/1972
L’art. 590 c.c., che prevede la possibilità di convalida delle disposizioni testamentarie nulle ad opera di colui che, conoscendo la causa della nullità ha, dopo la morte del testatore, confermato la disposizione o dato ad essa volontaria esecuzione, non si applica ove manchi del tutto la volontà del testatore e la stessa apparenza di un testamento, ovvero sia certa e valida una volontà testamentaria contraria al testamento che si vorrebbe revocare (e cioè nel caso di testamento revocato).
Cass. civ. n. 2185/1971
A norma dell’art. 590 c.c. la convalida per facta concludentia di disposizioni testamentarie nulle, non opera se chi le esegue ignori la causa della nullità.
Cass. civ. n. 1403/1970
L’art. 590 c.c., il quale, al pari di quanto stabilisce in tema di contratti l’art. 1444, dal quale si distingue unicamente per il fatto che questo è applicabile ai soli casi di annullabilità (quello è invece applicabile a tutte le ipotesi di nullità da qualunque causa derivante), richiede che il soggetto, a cui spettava l’azione di annullamento, abbia confermato la disposizione testamentaria viziata o vi abbia dato volontaria esecuzione, concedendo il motivo di invalidità e ponendo in essere un comportamento inconciliabile con la volontà di impugnarla.
Cass. civ. n. 389/1970
L’art. 590 c.c. non può trovare applicazione quando la nullità della disposizione testamentaria dipenda dalla contrarietà della disposizione stessa all’ordine pubblico, essendo la detta norma operante solo in quelle ipotesi in cui il testatore, con un suo valido atto di volontà, potrebbe realizzare quel risultato pratico che intende raggiungere, e non anche quando il fine da lui perseguito non potrebbe essere direttamente raggiunto perché vietato dalla legge come illecito. Conseguentemente, l’esecuzione volontaria di una disposizione testamentaria contenente un fedecommesso de residuo vietato ai sensi dell’art. 692 c.c. è priva di effetti.
[adrotate group=”7″]