10 Gen Art. 2533 — Esclusione del socio
L’esclusione del socio, oltre che nel caso indicato all’articolo 2531, può aver luogo:
- 1) nei casi previsti dall’atto costitutivo [ 2521, n. 7 ];
- 2) per gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge, dal contratto sociale, dal regolamento o dal rapporto mutualistico;
- 3) per mancanza o perdita dei requisiti previsti per la partecipazione alla società;
- 4) nei casi previsti dall’articolo 2286;
- 5) nei casi previsti dell’articolo 2288, primo comma.
L’esclusione deve essere deliberata dagli amministratori o, se l’atto costitutivo lo prevede, dall’assemblea.
Contro la deliberazione di esclusione il socio può proporre opposizione al tribunale, nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione [ 2964 ].
Qualora l’atto costitutivo non preveda diversamente, lo scioglimento del rapporto sociale determina anche la risoluzione dei rapporti mutualistici pendenti.
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”8″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 24795/2016
In tema di delibera di esclusione del socio da una società cooperativa di produzione e lavoro, qualora non ne sia adempiuto l’onere di comunicazione, in un contenuto minimo necessario a specificarne le ragioni – imposto, a pena d’inefficacia, sia dalla disciplina generale di cui all’art. 2533 c.c., ai fini della decorrenza del termine per l’impugnazione, sia, per la gravità degli effetti che ne discendono, dalla disciplina speciale di cui alla l. n. 142 del 2001 ,che la rende idonea ad estinguere contemporaneamente il rapporto associativo e quello lavorativo – ed insuscettibile di essere sostituito da altre forme di conoscenza comunque acquisita, quale la produzione della delibera in giudizio, deve trovare applicazione la tutela reintegratoria di cui all’art. 18 st. lav..
Cass. civ. n. 13722/2016
Il termine di decadenza di trenta giorni per l’impugnazione della delibera di esclusione del socio di una società cooperativa previsto dall’art. 2527, comma 3, c.c., nella sua formulazione antecedente alla modifica introdotta dall’art. 8 del d.lgs. n. 6 del 2003, è applicabile anche nel caso in cui il relativo giudizio sia introdotto davanti agli arbitri in ragione della presenza di una clausola compromissoria nello statuto.
Cass. civ. n. 6373/2016
In tema di società cooperativa di produzione e lavoro, l’onere di comunicazione della delibera di esclusione del socio, in un contenuto minimo necessario a specificarne le ragioni, è imposto, come per il licenziamento, a pena d’inefficacia, sia dalla disciplina generale di cui all’art. 2533 c.c., ai fini della decorrenza del termine per l’impugnazione, sia, per la gravità degli effetti che ne discendono, dalla disciplina speciale di cui alla l. n. 142 del 2001 che la rende idonea ad estinguere contemporaneamente il rapporto associativo e quello lavorativo sicché, in presenza di un’esclusione non impugnata, non potrebbe essere dichiarata l’illegittimità del licenziamento né ripristinato il solo rapporto di lavoro. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva ritenuto equipollente alla comunicazione la mera restituzione della quota sociale in busta paga).
Cass. civ. n. 3836/2016
In materia di esclusione da società cooperativa, il socio che intenda contestare la relativa delibera deve impugnarla con l’opposizione di cui all’art. 2533 c.c., e ciò anche qualora la società gli abbia intimato il licenziamento. Ne consegue che qualora il socio-lavoratore, decorsi sessanta giorni dalla comunicazione della delibera, abbia impugnato il solo licenziamento, gli è preclusa la contestazione, anche in via di eccezione, dell’esclusione, anche nel caso di mancanza o incompletezza del verbale in cui doveva essere contenuta, non concretandosi in detta ipotesi un’inesistenza della delibera sociale, bensì una sua nullità, da far valere nei modi e termini di decadenza previsti.
Cass. civ. n. 7877/2014
Nella vigenza dell’art. 2527, terzo comma, cod. civ., il socio escluso di una società cooperativa – il quale, dedotta l’invalidità della clausola compromissoria contenuta nello statuto societario, non ritenga di dover instaurare il procedimento arbitrale – è tenuto, in ogni caso, a proporre l’opposizione all’esclusione dinanzi al tribunale nel rispetto del termine decadenziale previsto dalla citata norma, facendo valere in tale sede l’invalidità della clausola (in via principale o quale eccezione riconvenzionale, qualora controparte deduca l’incompetenza del giudice adito), dovendosi escludere che possa promuovere, in una data di sua libera scelta, un autonomo giudizio di accertamento della nullità della clausola compromissoria, rinviando al suo esito l’impugnazione della delibera di esclusione poiché la questione che attiene alla competenza del giudice ordinario o degli arbitri è affatto diversa da quella riguardante la decorrenza del termine decadenziale.
Cass. civ. n. 11558/2008
In tema di società cooperative, la comunicazione al socio della delibera di esclusione adottata ai sensi dell’art. 2533 c.c. svolge la funzione d’informarlo non tanto di ciò di cui si è discusso nel corso del procedimento, bensì delle ragioni in concreto ritenute giustificative dell’esclusione dall’organo deliberante, dal momento che su di esse egli dovrà articolare le proprie difese; la sua incompletezza non comporta pertanto l’invalidità dell’atto, ma incide esclusivamente sulla decorrenza del termine per l’opposizione, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la conoscenza da parte del socio degli addebiti contestatigli nel corso del procedimento, in quanto gli stessi possono anche non coincidere con quelli posti a base dell’esclusione come deliberata dal competente organo societario, ben potendo accadere che gli iniziali addebiti siano ridimensionati o riconfigurati nella decisione finale, ovvero che quest’ultima, in caso di pluralità di addebiti, si basi soltanto su alcuni di essi.
Cass. civ. n. 26318/2006
In tema di esclusione del socio da una società cooperativa, la clausola staturaria che devolve ad un collegio di probiviri nominato dall’assemblea la risoluzione delle controversie che insorgano tra il socio e la società, senza richiedere l’unanimità o almeno il voto favorevole di detto socio, è inidonea a radicare una competenza arbitrale, per contrasto con il principio inderogabile secondo cui l’attribuzione agli arbitri, siano essi rituali o irrituali, del potere di definire la controversia postula necessariamente, a tutela del requisito dell’imparzialità, che la loro designazione abbia luogo con il contributo di entrambe le parti, dalle quali soltanto essi traggono la loro legittimazione. Tale invalidità non comporta peraltro la totale inefficacia della clausola, la quale conserva la propria operatività sul piano endosocietario, nel senso che all’intervento del collegio viene attribuito il valore di un atto volto a prevenire la lite, che completa il procedimento di esclusione, ed è quindi soggetto all’impugnazione prevista dall’art. 2527, terzo comma, c.c.
Cass. civ. n. 13122/2004
In tema di società cooperative ed in ipotesi di esclusione del socio, l’opposizione di cui al terzo comma dell’art. 2527 c.c. costituisce l’unico rimedio accordato al socio escluso per fare valere l’illegittimità del provvedimento, anche nel caso in cui se ne contesti regolarità; ed una volta decorso tale termine (trenta giorni dalla comunicazione) stabilito a pena di decadenza per la proposizione di tale impugnazione, deve escludersi che eventuali vizi del provvedimento possano essere dedotti dalla parte interessata o rilevati dal giudice.
Cass. civ. n. 5722/2004
In tema di esclusione del socio da una società cooperativa, il termine di trenta giorni, stabilito dall’art. 2527 c.c. per l’opposizione avverso la relativa delibera, è frutto di una scelta del legislatore; e, non risultando quel termine oggettivamente irrisorio, al punto da porre in discussione l’esercizio del diritto di difesa, costituzionalmente garantito, nessuna doglianza sulla sua congruità può trovare ingresso in sede giurisdizionale, neppure accampando difficoltà di notificazione dell’atto di opposizione alla sede legale della società.
Cass. civ. n. 17245/2002
In tema di esclusione del socio da una società cooperativa, ove lo statuto preveda la facoltà di ricorrere ad collegio di probiviri, va distinta l’ipotesi in cui la norma statutaria attribuisca a tale organo la funzione di un vero e proprio collegio arbitrale cui devolvere la decisione delle controversie tra soci (ovvero tra questi ultimi e la società) da quella in cui esso rivesta la più limitata funzione di organo interno alla società stessa, con compiti di riesame e controllo delle deliberazioni adottate da altri organi sociali. Nella prima ipotesi, la delibera di esclusione non è direttamente impugnabile dinanzi all’autorità giudiziaria, impugnabili essendo le. sole determinazioni del collegio dei probiviri, destinate, per l’effetto ad assumere il valore di decisioni arbitrali assoggettate, a seconda dei casi, al regime del lodo rituale ovvero irrituale; nella seconda, avendo l’attività dell’organo di controllo carattere meramente endosocietario, le sue deliberazioni hanno il solo effetto di rendere definitive (e, come tali, impugnabili) quelle adottate dagli altri organi societari, senza precludere in alcun modo il ricorso all’autorità giudiziaria, essendo il collegio dei probiviri a differenza di quello arbitrale chiamato non a decidere di una controversia, ma a prevenirla.
Cass. civ. n. 14655/2002
In tema di espulsione del socio dalla cooperativa, l’apprezzamento della sussistenza dei gravi motivi non è rimesso alla esclusiva discrezionalità degli organi associativi, giacché rientra tra i compiti del giudice del merito, adito in sede di opposizione avverso la deliberazione di esclusione, riscontrare l’effettiva sussistenza della causa di esclusione, posta a fondamento della detta deliberazione, e la sua inclusione fra quelle previste dalla legge o dallo statuto, nonché accertare la congruità della motivazione adottata a sostegno della ritenuta gravità. (Sulla base dell’enunciato principio, la Corte ha annullato, per vizio di motivazione, la sentenza impugnata, che aveva negato che ricorresse una grave inadempienza, legittimante il provvedimento di esclusione ai sensi degli artt. 2527 e 2286 c.c., nel comportamento del socio di una cooperativa edilizia, avente quale scopo sociale la costruzione di alloggi per i soci, il quale non aveva effettuato il pagamento delle quote di spesa su di lui gravanti, deliberate dall’organo assembleare).
Cass. civ. n. 8088/2002
In tema di cooperative impegnate nell’attuazione dei programmi per lavori socialmente utili nel comune e nella provincia di Napoli, sottoposte a gestione commissariale, disciplinate dal decreto legge 4 settembre 1987, n. 366 (convertito, con modificazioni, dalla legge 3 novembre 1987, n. 452), l’impugnazione avverso il provvedimento di espulsione adottato dal commissario governativo nei confronti del socio risultato assente dal posto di lavoro senza giustificato motivo (
ex art. 12, terzo comma, del medesimo decreto legge), è devoluta alla cognizione del giudice ordinario, in conformità a quanto disposto dall’art. 2527 c.c., non essendo a ciò di ostacolo né la particolare natura del commissario governativo e delle funzioni ad esso attribuite, non suscettibili di modificare il regime giuridico degli atti da lui posti in essere, né il silenzio del citato decreto legge, atteso che, ai sensi dell’art. 2517 c.c., anche le società cooperative regolate da leggi speciali sono soggette alle disposizioni, in quanto compatibili, previste per le imprese cooperative dalla disciplina di carattere generale.
Cass. civ. n. 9565/2000
Qualora lo statuto di una cooperativa preveda il deferimento delle controversie tra società e soci ad un collegio di probiviri, affinché sia assicurato il requisito di ordine pubblico della imparzialità della decisione, è necessario che la nomina dei probiviri provenga anche dal socio in lite; ne consegue che, qualora la controversia abbia ad oggetto l’esclusione del socio, non è possibile procedere ad una valida nomina, non potendo il socio escluso partecipare alla relativa assemblea.
Cass. civ. n. 7970/2000
In tema di società cooperative, l’annotazione nel libro dei soci di cui al Quarto comma dell’art. 2527 c.c. costituisce condizione di efficacia e non di validità della delibera di esclusione del socio, posto che tale formalità è stabilita a garanzia dei terzi che possono avere interesse alla presenza di una determinata persona nella cooperativa ed, altresì, dell’affidamento degli, stessi, mentre nei rapporti interni l’esclusione opera con la pronuncia della delibera medesima non impugnata nei termini di legge o la cui legittimità sia stata accertata con autorità di giudicato.
Cass. civ. n. 868/1999
In tema di esclusione del socio da società cooperative ammesse al contributo statale, ove lo statuto accordi all’escluso la facoltà di ricorrere ad un collegio di “probiviri”, costituito nell’ambito della società e, come nella specie, composto dai sindaci della cooperativa, tale tutela non ha carattere arbitrale ma endosocietario, con la conseguenza che, una volta esercitata dal socio escluso la facoltà di avvalersi della suindicata forma di tutela interna, il procedimento di esclusione si perfeziona solo con la determinazione del collegio previsto dallo statuto, determinazione che, non essendo un lodo arbitrale, non è suscettibile di impugnazione per nullità ex art. 828 c.p.c., ma va impugnata come provvedimento societario di esclusione del socio e perciò, in ipotesi di cooperativa edilizia ammessa al contributo statale, dinanzi alla commissione di vigilanza di cui all’art. 131 R.D. n. 1165 del 1938.
Cass. civ. n. 7592/1999
La comunicazione della delibera di esclusione del socio ai sensi dell’art. 2527 c.c. ha la funzione di far decorrere il termine per l’impugnazione e di rendere edotto il socio delle ragioni della sanzione adottata al fine di consentirgli l’esercizio delle proprie difese; per produrre i suoi effetti la comunicazione deve essere fatta personalmente al socio con un mezzo idoneo a garantire che l’interessato venga direttamente a conoscenza del provvedimento; non può ritenersi mezzo idoneo, sostitutivo della comune raccomandata, la produzione della delibera in un giudizio pendente tra il socio e la cooperativa, che ha un oggetto diverso dall’impugnativa della stessa delibera, poiché l’effetto della comunicazione di documenti mediante produzione è circoscritto al processo in cui avviene e non può estendersi a rapporti non dedotti.
Cass. civ. n. 4126/1999
Nelle società cooperative, la comunicazione al socio della deliberazione di esclusione, ai sensi dell’art. 2527 c.c., non richiede la trasmissione in forma autentica ed integrale del provvedimento, né l’adozione di particolari formalità, essendo sufficiente che essa risulti idonea a rendere edotto il socio delle ragioni dell’adottata sanzione, in guisa da consentirgli di articolare le proprie difese con l’opposizione. L’eventuale incompletezza, ovvero la mancata specificità della comunicazione non incide, pertanto, sulla validità e sull’operatività del provvedimento (potendo spiegare rilievo solo al diverso fine di consentire un’opposizione tardiva o non specifica), e diviene, comunque, irrilevante quando l’escluso dimostri di essere pienamente consapevole delle vicende concretamente addebitategli, per avere su di esse fondato la propria difesa in sede di opposizione.
Cass. civ. n. 7529/1997
In tema di esclusione del socio dalla società cooperativa e per il caso in cui lo statuto accordi all’escluso la facoltà di ricorrere contro la relativa delibera ad un collegio di probiviri, nell’ambito di un procedimento non arbitrale ma endosocietario, il procedimento di esclusione si perfeziona, non con la sola delibera societaria, ma con la successiva determinazione dei probiviri. Ne consegue che il termine per l’opposizione ex art. 2527 c.c. resta sospeso fino alla conclusione del procedimento davanti ai probiviri ed inizia a decorrere solo dalla comunicazione al socio dell’atto conclusivo del procedimento stesso. Nel caso poi in cui la società abbia illegittimamente rifiutato al socio la tutela endosocietaria, il termine per l’opposizione ex art. 2527 c.c. non inizia neppure a decorrere.
Cass. civ. n. 2941/1997
Alla delibera di esclusione di un socio da una società cooperativa di produzione e lavoro non sono applicabili le garanzie formali del contraddittorio sancite dall’art. 7 dello Statuto dei lavoratori per le sanzioni disciplinari irrogate dal datore di lavoro al lavoratore, non essendo il rapporto tra società e socio riconducibile ad un rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato.
Cass. civ. n. 1448/1993
Il rapporto fra cooperativa di lavoro e socio non ha natura di lavoro subordinato, per modo che la valutazione degli inadempimenti del socio stesso, per giustificarne l’esclusione dalla società, a norma dell’art. 2527 c.c., deve essere operata con criteri mutuati non dalla disciplina del rapporto di lavoro subordinato, ma dal diritto societario, con riferimento in particolare all’oggetto sociale della cooperativa.
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