10 Gen Art. 1358 — Comportamento delle parti nello stato di pendenza
Colui che si è obbligato o che ha alienato un diritto sotto condizione sospensiva, ovvero lo ha acquistato sotto condizione risolutiva, deve, in pendenza della condizione, comportarsi secondo buona fede per conservare integre le ragioni dell’altra parte.
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”8″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 7405/2014
Il Comune che, per la progettazione della propria rete fognaria, abbia agito “iure privatorum” (anziché avvalersi dei suoi poteri autoritativi), stipulando un contratto di prestazione d’opera professionale e subordinando il pagamento del compenso dei professionisti nominati all’avverarsi della condizione “potestativa mista” del conseguimento di un finanziamento da parte di enti terzi, è tenuto, in pendenza di condizione, a comportarsi secondo buona fede ai sensi dell’art. 1358 cod. civ. e, dunque, a richiedere il finanziamento per il quale è stata apposta la clausola sfavorevole alla controparte, al fine di non frustrare le possibilità di avveramento della condizione, non potendo più avere alcun rilievo le questioni relative alla attualità ovvero alla persistenza di un interesse pubblico alla redazione del progetto, già valutato al momento della stipula del negozio privatistico. Ne consegue che il comportamento omissivo del Comune implica, ex art. 1359 cod. civ., l’avveramento della condizione, con conseguente responsabilità contrattuale dello stesso, tenuto al pagamento del compenso in favore dei professionisti.
Cass. civ. n. 12/2014
In tema di compenso del professionista per l’elaborazione di un progetto di opera pubblica, la cui corresponsione sia subordinata al finanziamento dell’opera da parte della Regione e alla presentazione della richiesta di finanziamento e gestione della relativa pratica da parte del Comune beneficiario dell’opera stessa, l’affidamento della stessa, nelle more dell’elaborazione del progetto da parte del professionista, ad altro soggetto privato, costituisce comportamento contrario a buona fede, in violazione dell’art. 1358 cod. civ., che determina l’avveramento fittizio della condizione, ai sensi dell’art. 1359 cod. civ., in quanto cagionato dal comportamento della parte portatrice di un interesse contrario all’avveramento.
Cass. civ. n. 23014/2012
La condizione “potestativa mista” – il cui avveramento dipende in parte dal caso o dal terzo e in parte dalla volontà di uno dei contraenti – è soggetta alla disciplina degli artt. 1358 e 1359 c.c., da intendersi riferita anche al segmento non casuale. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione del giudice di merito che, qualificando come “casuale” la condizione sospensiva dell’erogazione di un finanziamento da parte di terzi, apposta al contratto di compravendita di un autocarro, aveva omesso di valutare, agli effetti degli artt. 1358 e 1359 c.c., se il compratore avesse agito correttamente per ottenere il prestito).
Cass. civ. n. 18450/2005
Il contratto sottoposto a condizione potestativa mista è soggetto alla disciplina di cui all’art. 1358 c.c., che impone alle parti l’obbligo giuridico di comportarsi secondo buona fede durante lo stato di pendenza della condizione, e la sussistenza di tale obbligo va riconosciuta anche per l’attività di attuazione dell’elemento potestativo della condizione mista. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso l’applicabilità dell’art. 1358 c.c. ad un contratto di progettazione di un’opera pubblica in cui il professionista aveva accettato di condizionare il diritto al compenso al conseguimento, da parte dell’amministrazione pubblica, del finanziamento dell’opera, ed ha rinviato la causa al giudice di merito affinché proceda ad un penetrante esame della clausola recante la condizione e del comportamento delle parti, al fine di verificare alla stregua degli elementi probatori acquisiti, se corrispondano ad uno standard esigibile di buona fede le iniziative poste in essere dall’ente locale onde ottenere il finanziamento).
Cass. civ. n. 6423/2003
Il contratto sottoposto a condizione mista è soggetto alla disciplina tanto dell’art. 1358 c.c., che impone alle parti di comportarsi secondo buona fede durante lo stato di pendenza, quanto dell’art. 1359 c.c., secondo cui la condizione si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento.
Cass. civ. n. 9568/2002
Chi conclude un patto di prelazione relativo alla vendita di un proprio bene immobile sotto la condizione sospensiva del rilascio di una determinata autorizzazione amministrativa, ha il dovere, in pendenza dell’avveramento della condizione, di comportarsi secondo buona fede astenendosi dal compiere atti pregiudizievoli degli interessi dell’altro contraente, sia con riferimento all’oggetto della prestazione, che con riferimento all’avveramento della condizione (tra i quali può rientrare la vendita a terzi dell’immobile, in quanto atto compiuto sull’oggetto della prestazione del negozio prelatizio sottoposto a condizione e tale da vanificare il possibile futuro esercizio del diritto di prelazione).
Cass. civ. n. 3942/2002
In tema di contratto sottoposto a condizione sospensiva, ove la condizione non si verifichi, non è configurabile un inadempimento delle obbligazioni rispettivamente assunte dalle parti con il contratto, giacché l’inadempimento contrattuale è verificabile solo in relazione ad un contratto efficace; ne consegue che, in tale ipotesi, non può farsi luogo a risoluzione per inadempimento delle obbligazioni contrattuali, ma, eventualmente, solo per inadempimento dell’obbligazione prevista dall’art. 1358 c.c., norma che fa obbligo a ciascun contraente, in pendenza della condizione, di osservare i doveri di lealtà e correttezza in modo da non influire sul verificarsi dell’evento condizionante pendente.
Cass. civ. n. 3229/1975
Se, pendente la condizione sospensiva, una delle parti venga meno agli obblighi assunti col contratto, l’altra parte ha diritto di chiederne la risoluzione, senza attendere il verificarsi o meno della condizione.
Cass. civ. n. 1204/1975
È ammissibile la risoluzione per inadempimento del contratto condizionato sospensivamente ad una condicio juris e rimasto inefficace per il mancato avviamento della condizione — nella specie diniego di concessione di licenza d’importazione della merce, la cui necessità era nota ai contraenti — qualora la parte abbia determinato col fatto proprio il mancato avveramento della condizione stessa, realizzando tale condotta una violazione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede in pendenza della condizione, al fine di mantenere integre le ragioni dell’altra parte. La violazione di detto obbligo, che costituisce una specificazione di quello più generale imposto dalla legge ai contraenti di comportarsi secondo correttezza nell’esecuzione delle obbligazioni, dà luogo a responsabilità contrattuale.
Cass. civ. n. 2889/1972
La parte controinteressata non ha obbligo di adoperarsi attivamente perché la condizione si avveri, ma è tenuta soltanto ad un contegno meramente negativo, dovendosi essa astenere da azioni che pregiudichino od impediscano l’avverarsi della condizione.
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