10 Gen Art. 1193 — Imputazione del pagamento
Chi ha più debiti della medesima specie verso la stessa persona può dichiarare, quando paga, quale debito intende soddisfare.
In mancanza di tale dichiarazione, il pagamento deve essere imputato al debito scaduto; tra più debiti scaduti, a quello meno garantito; tra più debiti ugualmente garantiti, al più oneroso per il debitore; tra più debiti ugualmente onerosi, al più antico. Se tali criteri non soccorrono, l’imputazione è fatta proporzionalmente ai vari debiti [ 1194, 1195, 1249 ].
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Aggiornato al 1 gennaio 2020Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.[adrotate group=”8″]
Massime correlate
Cass. civ. n. 22639/2013
La disposizione dell’art. 1193 c.c. presuppone una pluralità di rapporti obbligatori tra le stesse parti e ha lo scopo di eliminare l’incertezza circa la sorte degli stessi, evitando che a ciascun atto di pagamento non segua l’effetto solutorio di una ben determinata obbligazione, sicché tale disposizione non è applicabile, e la questione dell’imputazione del pagamento non è proponibile, quando tra le parti sussista un unico debito.
Cass. civ. n. 917/2013
In tema di imputazione del pagamento, quando il debitore non si avvalga della facoltà di dichiarare quale debito intenda soddisfare, la scelta, come desumibile dall’art. 1195 c.c., spetta al creditore, il quale, nello stesso documento di quietanza, può dichiarare di imputare il pagamento ad uno o più debiti determinati, subentrando i criteri legali di cui all’art. 1193 c.c., che hanno carattere suppletivo, solo quando né il debitore, né il creditore abbiano effettuato l’imputazione. La dichiarazione di imputazione del creditore deve però essere accettata dal debitore e, qualora sia inserita nello stesso documento contenente la quietanza, la ricezione del documento da parte del debitore si riferisce solo alla quietanza in esso contenuta e soddisfa il suo interesse a conservare la prova documentale dell’avvenuto pagamento, ma non presuppone un accordo sull’imputazione; perché la ricezione del documento assuma valore di prova dell’accettazione dell’imputazione operata dal creditore è necessario, difatti, che da parte del debitore essa non venga immediatamente o prontamente contestata, atteso che la mancata tempestiva contestazione assume il valore dell’acquiescenza.
Cass. civ. n. 19527/2012
Il creditore che agisce per il pagamento ha l’onere di provare il titolo del suo diritto, non anche il mancato pagamento, giacché il pagamento integra un fatto estintivo, la cui prova incombe al debitore che l’eccepisca. L’onere della prova torna a gravare sul creditore il quale, di fronte alla comprovata esistenza di un pagamento avente efficacia estintiva, ossia puntualmente eseguito con riferimento a un determinato credito, controdeduca che il pagamento deve imputarsi ad un credito diverso da quello indicato dal debitore, fermo restando che, in caso di crediti di natura omogenea, la facoltà del debitore di indicare a quale debito debba imputarsi il pagamento va esercitata e si consuma all’atto del pagamento stesso, sicché una successiva dichiarazione di imputazione, fatta dal debitore senza l’adesione del creditore, è giuridicamente inefficace.
Cass. civ. n. 9082/2010
In tema di obbligazioni, qualora sia necessario ricorrere ai criteri legali di imputazione del pagamento di cui all’art. 1193 c.c., per apprezzare, in caso di coesistenza più debiti ugualmente garantiti, il grado di onerosità di ciascuno di essi, occorre far riferimento all’entità della somma dovuta come capitale, variando l’ulteriore elemento del debito, costituito dagli interessi, in funzione del debito base cui accede, proprio in ragione del fatto che essi rappresentano un’obbligazione accessoria all’obbligazione principale costituita dal capitale. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, nel comparare due debiti a carico dell’intimato, relativi al pagamento del prezzo di due preliminari di vendita, li aveva ritenuti ugualmente onerosi facendo riferimento all’identica misura del tasso di interesse pattuito e prescindendo dalla valutazione degli importi dovuti a titolo di capitale).
Cass. civ. n. 14594/2005
La disciplina dell’imputazione del pagamento, pur presupponendo l’esistenza di una pluralità di rapporti obbligatori omogenei tra le medesime parti, è applicabile analogicamente anche in presenza di una pluralità di creditori, qualora uno di essi sia legittimato a ricevere il pagamento sia in proprio che per conto dell’altro. (Nella fattispecie, avendo lo stesso soggetto ricevuto un pagamento sia in adempimento di un credito proprio che in qualità di legale rappresentante di una società, a sua volta creditrice del medesimo debitore, la S.C. ha ritenuto adeguatamente motivata la sentenza impugnata, che aveva desunto dal coordinamento tra la richiesta proveniente dai creditori e la dichiarazione resa dal comune debitore all’atto dell’adempimento l’imputazione dello stesso ad entrambi i crediti).
Cass. civ. n. 2977/2005
Le norme sull’imputazione di pagamento postulano l’esistenza di una pluralità di rapporti obbligatori della medesima specie in capo ad un unico debitore, e non sono applicabili nè se il debito è unico, nè se si tratta di due debitori diversi, sebbene rappresentati da un’unica persona (come nella specie, in cui debitori erano due condominii rappresentati da un unico amministratore).
Cass. civ. n. 11558/2003
La contestualità necessaria tra dichiarazione e adempimento affinché colui che ha più debiti della medesima specie verso la stessa persona possa scegliere a quale debito è imputabile il pagamento sussiste anche se esso è eseguito ad un delegato del creditore, e tale modalità soddisfa anche il requisito della recettizietà della dichiarazione.
Cass. civ. n. 3630/2000
Non sussiste la violazione dei principi regolatori della materia — che il giudice conciliatore doveva osservare nella decisione secondo equità ai sensi dell’art. 113 c.p.c. nel testo previgente — se in caso di controversia tra soggetti sulla riferibilità di un pagamento, in presenza di una pluralità di forniture commerciali ed in assenza di imputazione da parte del debitore, non sono stati applicati i criteri stabiliti dall’art. 1193 c.c., secondo comma, perché essi non attengono alle fonti del rapporto obbligatorio o al carattere patrimoniale della prestazione, né incidono sulla configurazione tipica delle obbligazioni, ma regolamentano l’efficacia del pagamento nel particolare caso di più debiti della medesima specie nei confronti di una stessa persona.
Cass. civ. n. 3077/1998
Il debitore non ha la facoltà di imputare il pagamento parziale ad una piuttosto che all’altra delle pattuite modalità di adempimento ad un’altra, se il debito ha un’unica causa — nella specie accollo di mutuo e contanti, a titolo di prezzo dell’acquisto di immobile — perché l’istituto dell’imputazione è previsto per pluralità di crediti, tra stesse parti, con causa e titolo diversi.
Cass. civ. n. 238/1997
In tema di imputazione del pagamento, i criteri di cui all’art. 1193 c.c., in quanto dettati per la determinazione del debito cui l’adempimento si riferisce, si applicano ai pagamenti eseguiti volontariamente e non a quelli conseguiti coattivamente in sede espropriativa, per i quali le parti non possono che adeguarsi alla predeterminazione giudiziale.
Cass. civ. n. 2813/1994
L’istituto della imputazione dei pagamenti regola l’ipotesi di pluralità di crediti fra le stesse parti, aventi titolo e causa diversi, e non trova applicazione quando si tratti di unico credito; pertanto, ove l’I.N.P.S. provveda al recupero rateale, mediante ritenute sulla pensione, dell’unico credito relativo a somme indebitamente corrisposte per integrazione al minimo della pensione indiretta (risultando peraltro inesistente l’indebito per gli importi percepiti fino all’entrata in vigore del D.L. n. 463/1983) non è possibile imputare le somme già recuperate dall’ente a tale parte del credito, che risulta inesistente, dell’ente previdenziale, applicandosi per quelle ancora da recuperare la regola di irripetibilità di cui all’art. 52 della L. n. 88 del 1989; detta norma può trovare applicazione solo per l’eventuale credito residuo dell’istituto, risultante dal calcolo della differenza tra la somma già recuperata e quella complessivamente dovuta dall’istituto per gli importi erogati per il periodo decorrente dall’ottobre 1983.
Cass. civ. n. 7686/1990
Il criterio dell’imputazione del pagamento, quale previsto dall’art. 1193 c.c., riguarda solo le obbligazioni per le quali il creditore possa pretendere l’adempimento e non si riferisce anche ai debiti prescritti, il cui pagamento costituisce un caso di adempimento di obbligazione naturale e pertanto esaurisce i suoi effetti nella soluti retentio, senza che gli stessi possano essere compresi tra quelli cui riferire il pagamento effettuato dal debitore.
Cass. civ. n. 5498/1985
L’imputazione del pagamento – che, secondo la norma generale del primo comma dell’art. 1193 c.c., costituisce una facoltà del debitore, al mancato esercizio della quale sopperiscono i criteri legali dettati dal secondo comma dello stesso articolo – costituisce, invece, nel rapporto tra lavoratore subordinato e datore di lavoro, un obbligo di quest’ultimo, che è tenuto alla consegna delle buste-paga previste dalla L. 5 gennaio 1953, n. 4. Peraltro, il fatto che l’imputazione predetta costituisca per il datore di lavoro un obbligo – che è penalmente sanzionato ed il cui adempimento ha la funzione di consentire al lavoratore di controllare la corrispondenza fra quanto a vario titolo dovutogli e quanto effettivamente corrispostogli – non vale a snaturare l’imputazione stessa, la quale, sia essa fatta facoltativamente o in esecuzione di un obbligo, presuppone pur sempre l’esistenza del debito e non può sostituirsi ad un valido titolo costitutivo di questo. (Nella specie, l’impugnata sentenza – cassata dalla S.C. – aveva ritenuto che la maggiorazione per il lavoro notturno, in mancanza di un’apposita imputazione, non potesse considerarsi compresa nella somma corrisposta per retribuzione-base, ancorché la somma pagata per tale voce eccedesse quanto dovuto allo stesso titolo).
Cass. civ. n. 1347/1978
I criteri dettati dall’art. 1193 c.c., per l’imputazione del pagamento eseguito da chi ha più debiti della medesima specie verso la stessa persona, trovano applicazione anche con riguardo ai pagamenti effettuati dal debitore prima della dichiarazione di fallimento, salvo il loro assoggettamento a revocatoria, ove ne ricorrano i presupposti di legge. La volontà di una determinata imputazione del pagamento eseguito da chi abbia più debiti della medesima specie, la quale preclude il ricorso ai criteri suppletivi fissati dall’art. 1193 secondo comma c.c., può essere desunta, oltre che da dichiarazione espressa, anche da facta concludentia.
Cass. civ. n. 1572/1974
La locuzione «meno garantito», usata nell’art. 1193 c.c. per indicare il secondo dei criteri suppletivi — destinato ad entrare in funzione quando non vi sia stata imputazione espressa da parte del debitore e sussista una pluralità dei debiti scaduti — non deve intendersi in senso rigorosamente tecnico, con riferimento alle tipiche forme di garanzie reali o personali; sicché vi può rientrare non solo la figura della solidarietà passiva, ma anche il riferimento alla minore speditezza o alla maggiore dispendiosità dell’attuazione. E lo stabilire quale, fra più debiti, sia da ritenere meno garantito è compito riservato esclusivamente al giudice del merito, il cui apprezzamento in proposito è insindacabile in Cassazione se non inficiato da vizi di logica o di diritto.
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