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Art. 194 — Divisione dei beni della comunione

Art. 194 — Divisione dei beni della comunione

La divisione dei beni della comunione legale si effettua ripartendo in parti eguali l’attivo e il passivo [ 210 c.c., 784 ss. c.p.c. ].

Il giudice, in relazione alle necessità della prole e all’affidamento di essa, può costituire a favore di uno dei coniugi l’usufrutto su una parte dei beni spettanti all’altro coniuge [ disp. att. 38 ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 13009/2006

In tema di divisione dei beni oggetto della comunione legale fra coniugi, il conguaglio posto a carico di uno dei condividenti inerisce alle operazioni divisionali e non costituisce un capo autonomo della sentenza dichiarativa della divisione. Ne consegue che l’importo del conguaglio diventa definitivo soltanto con il passaggio in giudicato della sentenza e, pertanto, qualora quello fra i coniugi che ne sia onerato ne offra il pagamento all’altro e questi lo rifiuti, si debbano ritenere insussistenti i presupposti di un’offerta valida agli effetti dell’art. 1206 c.c., in quanto difetta la certezza della somma dovuta. (Sulla base di tale principio la Suprema Corte ha cassato la sentenza di merito d’appello che aveva confermato quella di primo grado, la quale aveva ritenuto valida l’offerta — nella specie eseguita in forma reale —, ed ha deciso nel merito rigettando la domanda di convalida dell’offerta).

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Cass. civ. n. 11467/2003

La divisione dei beni oggetto della comunione legale fra coniugi, conseguente allo scioglimento di essa, con effetto ex nunc, per annullamento del matrimonio o per una delle altre cause indicate nell’art. 191 c.c., si effettua in parti eguali, secondo il disposto del successivo art. 194, senza possibilità di prova di un diverso apporto economico dei coniugi all’acquisto del bene in comunione, non essendo applicabile la disciplina della comunione ordinaria, nella quale l’eguaglianza delle quote dei partecipanti è oggetto di una presunzione semplice (art. 1101 c.c.), superabile mediante prova del contrario.

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Cass. civ. n. 14791/2000

Il progetto divisionale di un bene immobile predisposto e voluto dalle parti e dichiarato esecutivo con ordinanza dal giudice istruttore, all’esito di un subprocedimento nel corso di un giudizio di separazione, ha natura di negozio, alla cui validità non osta il fatto che il bene ricada in comunione legale tra i coniugi, essendo rimessi alla discrezionalità e comune volontà di questi gli atti dispositivi sui beni in comunione e l’esistenza della comunione stessa; tale atto divisionale, che non presuppone la stipula di una convenzione matrimoniale, costituisce titolo per la trascrizione, unico requisito previsto essendo la forma scritta ai sensi dell’art. 1350 n. 11 c.c.

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Cass. civ. n. 3350/1994

Il provvedimento col quale la Corte d’appello decide sul reclamo proposto avverso decisione del Tribunale per i minorenni, di costituzione, ai sensi dell’art. 194, secondo comma c.c., a favore di uno dei coniugi e in relazione alle necessità della prole ed all’affidamento di essa, dell’usufrutto su una parte dei beni spettanti all’altro coniuge, avendo carattere definitivo e natura sostanziale di sentenza — in quanto diretto ad incidere sui diritti soggettivi, a seguito di un procedimento che, sebbene soggetto al rito camerale, ha struttura sostanzialmente contenziosa — è impugnabile per cassazione ai sensi dell’art. 111 della Costituzione. La disposizione dell’art. 194, secondo comma c.c. — che attribuisce al tribunale per i minorenni il potere di costituire a favore di uno dei coniugi, in relazione alle necessità della prole ed all’affidamento di essa, l’usufrutto su una parte dei beni spettanti all’altro coniuge —, pur nella genericità dell’indicazione dell’oggetto di siffatto vincolo, che può, quindi, legittimamente imporsi anche sulla quota di comproprietà della casa familiare, ha carattere eccezionale (con conseguente inapplicabilità fuori del caso espressamente considerato), in quanto si aggiunge ad un compiuto sistema di tutela approntato per i figli in presenza di crisi del vincolo matrimoniale fra i genitori, ed è destinata ad assicurare protezione esclusivamente alla prole minore, non nel contesto dell’adempimento dell’obbligo di mantenimento, ma per soddisfazione di esigenze, anche soltanto morali, che caratterizzano la posizione del soggetto protetto rispetto al bene considerato e che sarebbero compromesse dalla divisione dei beni della comunione legale. Il detto provvedimento giudiziale costitutivo dell’usufrutto ha, pertanto, efficacia limitata nel tempo, non potendo essa eccedere la data di compimento della maggiore età dei figli per la cui tutela siffatto vincolo reale è stato costituito.

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