Cass. civ. n. 1078 del 8 febbraio 1999
Testo massima n. 1
Mentre l'agente è colui che assume stabilmente l'incarico di promuovere per conto dell'altra (preponente o mandante) la conclusione di contratti in una zona determinata (art. 1742 c.c.), il procacciatore d'affari è colui che raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole alla ditta da cui ha ricevuto l'incarico di procacciare tali commissioni, senza vincolo di stabilità (a differenza dell'agente) e in via del tutto occasionale anche se, poi, per la disciplina del rapporto può farsi ricorso analogico alla normativa concernente il contratto di agenzia. (Nella specie, il giudice di merito, con la sentenza confermata dalla S.C., aveva qualificato quello dedotto in giudizio come rapporto di agenzia, in contrasto con la qualificazione contenuta nella lettera di incarico e al fine di stabilire se il rapporto era ancora in essere al momento della promozione di un determinato affare, perché detto rapporto era stato preordinato alla promozione di una serie indeterminata di possibili affari e non si limitava invece a contemplare occasionali e libere iniziative dell'incaricato).
Testo massima n. 2
La clausola generale di buona fede e correttezza è operante tanto sul piano dei comportamenti del debitore e del creditore nell'ambito del singolo rapporto obbligatorio (art. 1175 c.c.), quanto sul piano del complessivo assetto di interessi sottostanti all'esecuzione di un contratto (art. 1375 c.c.), specificandosi nel dovere di ciascun contraente di cooperare alla realizzazione dell'interesse della controparte e ponendosi come limite di ogni situazione, attiva o passiva, negozialmente attribuita, determinando così integrativamente il contenuto e gli effetti del contratto. (Nella specie, la ditta mandante, ricevuto un ordine di rilevante importo acquisito da un agente sulla base di una lunga attività promozionale, aveva accelerato la pur prevista conclusione di un contratto di esclusiva con un altro soggetto — a cui era collegata la possibile cessazione del rapporto di agenzia — e, nel quadro di un comportamento elusivo nei confronti dell'agente, aveva invitato l'acquirente a reiterare l'ordine tramite il nuovo concessionario; il giudice di merito, con la sentenza confermata dalla S.C., aveva riconosciuto il diritto dell'agente alla provvigione sulla base del riportato principio e di quello secondo cui l'agente ha diritto alla provvigione anche per gli affari che non hanno avuto esecuzione per causa imputabile al preponente).