Cass. civ. n. 6228 del 2 marzo 2023
Testo massima n. 1
Nei giudizi di scioglimento della comunione, la prova della comproprietà dei beni dividendi non è quella rigorosa richiesta in caso di azione di rivendicazione o di accertamento positivo della proprietà, atteso che la divisione, oltre a non operare alcun trasferimento di diritti dall'uno all'altro condividente, è volta a far accertare un diritto comune a tutte le parti in causa e non la proprietà dell'attore con negazione di quella dei convenuti, sicché, in caso di non contestazione sull'appartenenza dei beni, non può disconoscersi la possibilità di una prova indiziaria, né la rilevanza delle verifiche compiute dal consulente tecnico, siccome ridondanti a vantaggio della collettività dei condividenti.
Testo massima n. 2
Nel giudizio di scioglimento della comunione, il dovere del giudice di ordinare, in presenza di trascrizioni o iscrizioni contro i singoli compartecipi, la chiamata in giudizio dei creditori e degli aventi causa ai sensi degli artt. 784 c.p.c. e 1113 c.c., rispondendo alla sola esigenza di consentire loro di vigilare sul corretto svolgimento del procedimento divisionale in ragione degli effetti riflessi da esso derivanti su garanzie patrimoniali ed effettiva realizzazione del proprio acquisto, non giustifica l'implicita imposizione, a carico dei compartecipi, di documentare, sotto pena di inammissibilità della domanda, la presenza o l'assenza di trascrizioni e iscrizioni sulla quota indivisa dei singoli, configurandosi la chiamata dei creditori iscritti e degli aventi causa dei compartecipi come onere da assolvere affinché la decisione faccia stato nei loro confronti, senza costituire condizione di validità della divisione.