14 Mag Cassazione penale Sez. III sentenza n. 7129 del 15 giugno 1998
Testo massima n. 1
La contravvenzione di cui agli artt. 11 o 12 e 59 della legge 1 giugno 1939, n. 1089 configura un reato di condotta, giacché l’attività di demolire, rimuovere, modificare o restaurare cose di interesse storico-artistico, senza l’autorizzazione del ministero competente, perfeziona il reato anche ove non produca concretamente una lesione del patrimonio storico-artistico della nazione. Al contrario la contravvenzione di cui all’art. 733 c.p. configura un reato di evento, e più esattamente un reato di danno, giacché si perfeziona solo quando la condotta dell’agente provochi la distruzione, il deterioramento o, il danneggiamento di monumenti o di altre cose di pregio rilevante, se dal fatto derivi un nocumento al patrimonio artistico nazionale. Il che vuol dire che quando una condotta concreta violi entrambe le disposizioni si configura un concorso formale.
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Testo massima n. 1
Soggetto attivo del reato di cui all’art. 733 c.p., come si desume dal tenore letterale della norma, è solo il proprietario della cosa, non il possessore in quanto tale e tanto meno il semplice detentore. Terzi estranei alla proprietà possono solo concorrere col proprietario alla commissione della contravvenzione. Questa interpretazione letterale risponde anche alla ratio implicita della norma che, nell’interesse pubblico alla salvaguardia del patrimonio artistico, storico e archeologico della nazione, ha voluto costituire un vincolo giuridico a carico dei proprietari privati di cose aventi pregio artistico, storico o archeologico, impedendo loro di danneggiarle o deteriorarle.
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