14 Mag Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 464 del 20 gennaio 1992
Testo massima n. 1
In tema di reati contro la pubblica amministrazione, anche alla luce della nuova formulazione dell’art. 358 c.p. introdotta dall’art. 18 della L. 26 aprile 1990, n. 86, va attribuita la qualifica di incaricato di pubblico servizio all’amministratore di compagnia portuale, la cui attività non si risolva in semplici mansioni d’ordine o nella prestazione di opera meramente materiale. Il lavoro portuale, infatti, in quanto si concreta in una attività economica esercitata per un fine pubblico e soggetta ad una particolare disciplina, contenuta in norme di diritto pubblico e in atti autoritativi, che ne determinano i programmi e i controlli e provvede al suo indirizzo ed al suo coordinamento [ artt. 108-112 c.n., 140 e seguenti, D.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328 ], ha tutti i caratteri del pubblico servizio.
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Testo massima n. 1
In tema di reati contro la pubblica amministrazione, l’abrogazione dell’art. 315 c.p., derivata dall’art. 20 della L. 26 aprile 1990, n. 86, non ha determinato la soppressione del delitto di malversazione a danno di privati, ma solo la sua eliminazione come figura autonoma di reato, essendo stato esso assorbito nel peculato configurato dall’art. 314 c.p., come sostituito dall’art. 1 della predetta legge di riforma, in considerazione del fatto che l’illecita appropriazione o distrazione di beni appartenenti a privati, in possesso per ragioni di ufficio o di servizio del pubblico ufficiale o dell’incaricato del pubblico servizio, in un moderno Stato democratico, non riveste più un disvalore minore rispetto all’appropriazione di beni appartenenti alla pubblica amministrazione, con conseguente mancanza di giustificazione del trattamento economico diversificato. Al fatto integrante il delitto di cui all’art. 314 c.p., commesso prima dell’entrata in vigore della L. n. 86 del 1990, in presenza di questo fenomeno di successione nel tempo di leggi penali diverse, a norma dell’art. 2, comma terzo, c.p., va applicata la previgente norma di cui all’art. 315 c.p., compresa, quanto alla sanzione, la pena pecuniaria, essendo essa più favorevole all’imputato rispetto all’art. 314 c.p.
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