14 Mag Cassazione civile Sez. I sentenza n. 6278 del 22 giugno 1990
Testo massima n. 1
Al possessore di azioni, il quale aderisca ad un aumento di capitale con denaro proprio, e poi subisca la rivendicazione dei titoli da parte del proprietario, deve riconoscersi l’indennità contemplata dall’art. 1150, secondo e terzo comma, c.c., tenendo conto che detto aumento di capitale, quali siano le modalità con cui venga attuato o le ragioni che lo abbiano determinato, segna un incremento della consistenza economica del bene da restituire al rivendicante. Peraltro, anche se tale indennità, per la buona fede del possessore [ da presumersi ], debba essere correlata al maggior valore del «pacchetto» azionario, il relativo ammontare non può coincidere con la maggior entità nominale delle azioni [ e quindi con l’esborso affrontato per l’aumento di capitale ], fino a che il possessore non deduca e dimostri un diverso prezzo di mercato dei titoli stessi.
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Testo massima n. 2
L’azione della società, per l’annullamento del contratto posto in essere dall’amministratore in conflitto di interessi o con se stesso [ artt. 1394, 1395, 2391 c.c. ], è soggetta a prescrizione quinquennale con decorso dalla data dell’atto, ai sensi dell’art. 1442, terzo comma, c.c., [ non essendo estensibile la diversa regola dettata dal secondo comma di tale disposizione per i soli casi dei vizi del consenso e dell’incapacità legale ]. Detta decorrenza non può subire differimenti per l’ipotesi in cui l’amministratore in conflitto sia anche il dominus della società, e quindi sia in grado di interferire sulle decisioni assembleari [ inclusa quella d’impugnazione del contratto ], trattandosi di eventuale impedimento di mero fatto all’esperimento dell’azione, non di causa giuridica ostativa all’esercizio del relativo diritto [ art. 2935 c.c. ].
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