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Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 2117 del 16 febbraio 1990

Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 2117 del 16 febbraio 1990

Testo massima n. 1

Il reato di falso giuramento della parte, di cui all’art. 371 c.p., è escluso dall’ambito dell’art. 384 c.p. [ casi di non punibilità ] che ipotizza uno speciale stato di necessità obiettivamente più ampio di quello previsto dall’art. 54 c.p., in quanto tutela anche la libertà e l’onore, e tuttavia riservato esclusivamente a determinati soggetti processuali [ quali il testimone, l’interprete ed altri ] obbligati, per legge, a rispondere ai quesiti loro posti. Trattandosi di norma speciale e scriminante, essa non può essere interpretata oltre ai casi ivi tassativamente elencati e che non comprendono l’ipotesi del falso giuramento reso in sede civile. Del resto, siffatta esclusione trova la sua ratio nella circostanza che il giurante, per la natura e struttura del giuramento decisorio e per le modalità della sua realizzazione processuale [ artt. 234 e 239 c.p.c. ], giammai verrebbe a trovarsi nella «necessità» di dire il falso, potendo, pur sempre, «riferire» alla controparte il giuramento deferitogli e, in estrema ipotesi, astenersi o rifiutarsi dal prestarlo.

Testo massima n. 1

La causa di giustificazione prevista dall’art. 54 c.p. [ stato di necessità ] è estranea alla figura criminosa di cui all’art. 371 c.p. [ falso giuramento della parte ]. Invero, a parte la facoltà del giurante di «riferire» alla controparte il giuramento deferitogli, neppure, potrebbe farsi rientrare nella struttura dello «stato di necessità», il pericolo di soccombenza conseguente alla «astensione» od al «rifiuto» di giurare [ art. 239 c.p.c. ], pericolo che non potrebbe far prefigurare, di per sé, il «danno grave alla persona» di cui al primo comma dell’art. 54 c.p., bensì soltanto conseguenze d’ordine civilistico e, quindi, afferenti esclusivamente alla sfera patrimoniale, come tale non tutelata da siffatta scriminante.

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