14 Mag Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 8635 del 24 settembre 1996
Testo massima n. 1
Il reato di rivelazione di segreto professionale previsto dall’art. 622 c.p., nel caso in cui la rivelazione del segreto sia compiuta al fine di aiutare taluno ad eludere le investigazioni dell’autorità a suo carico, coesiste con il reato di favoreggiamento personale di cui all’art. 378 c.p. – nella specie del concorso formale di reati – data la diversa oggettività dei due reati ed attesa la strumentalità della rivelazione del segreto rispetto al favoreggiamento.
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Testo massima n. 1
L’elemento distintivo significante tra il reato previsto dall’art. 622 c.p., rivelazione di segreto professionale, ed il reato di rivelazione di segreti d’ufficio di cui all’art. 326 c.p. – la cui differenza pure è possibile cogliere in base alla diversità della ratio incriminatrice [ tutela della libertà del singolo per l’art. 622 c.p. e tutela della pubblica amministrazione per l’art. 326 c.p. ], della qualificazione giuridica [ reato, rispettivamente, di danno ovvero di pericolo ] e delle condizioni di perseguibilità [ a querela ovvero d’ufficio ] – è essenzialmente quello del tipo di segreto, di cui è interdetta la divulgazione: il quale, nella ipotesi dell’art. 326 c.p., deve riguardare notizie «di ufficio», quelle, cioè, concernenti un atto o un fatto della pubblica amministrazione in senso lato nei diversi aspetti delle funzioni legislativa, giudiziaria o amministrativa stricto iure; mentre, nella ipotesi dell’art. 622 c.p., deve essere riferito a notizie apprese «per ragioni di ufficio» e riflettenti situazioni soggettive di privati e delle quali colui, che di esse è depositario in virtù del suo status professionale in senso lato [ ufficio, professione o arte ], deve assicurare la riservatezza.
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