Art. 622 – Codice penale – Rivelazione di segreto professionale

Chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto , lo rivela, senza giusta causa , ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto , è punito, se dal fatto può derivare nocumento , con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 30 a euro 516.

La pena è aggravata se il fatto è commesso da amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari , sindaci o liquidatori o se è commesso da chi svolge la revisione contabile della società.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa.

Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 34913/2016

In tema di rivelazione di segreto professionale (art. 622 cod. pen.), il pericolo di nocumento, inteso come pregiudizio reale di qualunque natura, purché giuridicamente apprezzabile, costituisce condizione obiettiva di punibilità del reato che non può essere considerata presunta, ma deve essere individuata in sentenza con dati chiaramente significativi della sua esistenza.

Cass. pen. n. 29205/2016

In tema di rivelazione di segreti scientifici o industriali, l'unitaria acquisizione di una pluralità di informazioni con diverso contenuto - quali i processi industriali, le caratteristiche dei prodotti e le specifiche politiche commerciali - costituisce un atto meramente preparatorio rispetto al quale le successive condotte di rivelazione o di impiego di siffatte notizie rappresentano il momento consumativo di una pluralità di reati, eventualmente unificati dall'unitaria determinazione criminosa, ai sensi dell'art. 81 cod. pen.

Cass. pen. n. 8635/1996

Il reato di rivelazione di segreto professionale previsto dall'art. 622 c.p., nel caso in cui la rivelazione del segreto sia compiuta al fine di aiutare taluno ad eludere le investigazioni dell'autorità a suo carico, coesiste con il reato di favoreggiamento personale di cui all'art. 378 c.p. - nella specie del concorso formale di reati - data la diversa oggettività dei due reati ed attesa la strumentalità della rivelazione del segreto rispetto al favoreggiamento.
L'elemento distintivo significante tra il reato previsto dall'art. 622 c.p., rivelazione di segreto professionale, ed il reato di rivelazione di segreti d'ufficio di cui all'art. 326 c.p. - la cui differenza pure è possibile cogliere in base alla diversità della ratio incriminatrice (tutela della libertà del singolo per l'art. 622 c.p. e tutela della pubblica amministrazione per l'art. 326 c.p.), della qualificazione giuridica (reato, rispettivamente, di danno ovvero di pericolo) e delle condizioni di perseguibilità (a querela ovvero d'ufficio) - è essenzialmente quello del tipo di segreto, di cui è interdetta la divulgazione: il quale, nella ipotesi dell'art. 326 c.p., deve riguardare notizie «di ufficio», quelle, cioè, concernenti un atto o un fatto della pubblica amministrazione in senso lato nei diversi aspetti delle funzioni legislativa, giudiziaria o amministrativa stricto iure; mentre, nella ipotesi dell'art. 622 c.p., deve essere riferito a notizie apprese «per ragioni di ufficio» e riflettenti situazioni soggettive di privati e delle quali colui, che di esse è depositario in virtù del suo status professionale in senso lato (ufficio, professione o arte), deve assicurare la riservatezza.

Cass. pen. n. 7861/1985

Commette il reato di cui all'art. 622 c.p., per il quale l'azione costitutiva consiste nel rivelare il segreto o nell'impiegarlo a proprio o altrui profitto, l'impiegato di una società, che trasmetta — nel caso di una gara di appalto — notizie segrete riguardanti la sua azienda a vantaggio della società poi rimasta aggiudicataria dei lavori, formulando o contribuendo a formulare per quest'ultima condizioni più vantaggiose di quelle offerte dalla ditta da cui dipende, agendo con la consapevolezza che la presentazione della nuova offerta, resa possibile dalla conoscenza di quanto offriva la società datrice di lavoro, poteva a quest'ultima recare un danno che effettivamente si realizzò.