14 Mag Cassazione civile Sez. I sentenza n. 574 del 30 gennaio 1985
Testo massima n. 1
Nell’arbitrato irrituale gli arbitri, quali mandatari, esercitano un potere caratterizzato dalla sua derivazione dalla volontà delle parti anche nel momento della pronuncia conclusiva, la quale risolve la controversia in via negoziale, vincolando le parti alla stessa stregua di un loro atto di autonomia privata. Tali caratteri dell’istituto si riverberano sia sul ruolo dei difensori, che è quello di meri consulenti delle parti, essendo essi privi di quell’autonomia che è propria del loro ministero nell’ambito di un processo, sia sulla natura e sulla funzione del termine, ove prefissato, per la pronuncia del lodo, il quale si atteggia come «conformativo» del potere degli arbitri e alla cui osservanza è subordinata non la sola regolarità della prestazione, ma la riferibilità della loro determinazione alla volontà dei compromittenti. Ne consegue che la proroga del termine concordata dai difensori non muniti di mandato speciale non è vincolante per la parte che abbia negato il proprio consenso alla proroga medesima. In tema di arbitrato irrituale qualora le parti abbiano rimesso a terzi la risoluzione di una controversia avente ad oggetto diritti reali immobiliari, il patto di proroga del termine per la pronuncia del lodo richiede la forma scritta ad substantiam, in applicazione del principio secondo cui il mandato [ o la modifica dei termini di un mandato ] a concludere un negozio per il quale sia richiesta la forma scritta ad substantiam, deve essere rilasciato per iscritto a pena di nullità. In mancanza di detta forma scritta l’esistenza del patto di proroga non può essere desunta da elementi presuntivi, come il comportamento delle parti.
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