14 Mag Cassazione civile Sez. Unite sentenza n. 520 del 19 gennaio 1991
Testo massima n. 1
Ai fini di un corretto esercizio della professione forense, l’avvocato deve elevarsi al di sopra delle parti e, nel dare l’indispensabile contributo tecnico per la risoluzione della lite in favore del proprio cliente, deve mantenersi nei limiti invalicabili risultanti dal contemperamento della libertà di pensiero e delle esigenze di difesa con il necessario rispetto verso tutti i protagonisti del processo. Viene pertanto meno al dovere di correttezza, con conseguente lesione del decoro professionale [ artt. 14 e 38 R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578 ], oltre la violazione dell’art. 89 c.p.c., l’avvocato che in uno scritto difensivo si abbandoni ad espressioni dispregiative per la controparte o per altri soggetti, tanto più se estranei al giudizio, ove dette espressioni non siano attinenti alla materia del contendere e tanto meno indispensabili per chiarire una situazione di fatto non diversamente rappresentabile, restando in tal caso priva di valore esimente la soggettiva convinzione del professionista di dover reagire ad uno scritto difensivo della controparte
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