14 Mag Cassazione penale Sez. I sentenza n. 6234 del 13 febbraio 1995
Testo massima n. 1
Allorché si debba applicare una misura di sicurezza perché si è in presenza di un «quasi reato» [ indicandosi con tale espressione le ipotesi contemplate negli artt. 49 e 115 c.p., rispettivamente reato impossibile ed istigazione a commettere un delitto non accolta, ovvero istigazione accolta o accordo per commettere un delitto quando questo non sia commesso ], essendo necessario accertare la responsabilità del prevenuto in ordine al fatto contestato e la sua pericolosità sociale, il relativo procedimento deve concludersi con l’emanazione di una sentenza [ art. 205 c.p. ], emessa a seguito di contraddittorio fra le parti ed assistita dagli ordinari mezzi di impugnazione. Pertanto, in simili ipotesi, il pubblico ministero è tenuto ad avviare l’azione penale chiedendo al giudice la fissazione dell’udienza preliminare, in modo da pervenire, a conclusione del procedimento, alla pronuncia di una sentenza la quale, nei casi di commissione di fatti costituenti «quasi-reato», non può non essere che di non luogo a procedere perché il fatto non è preveduto dalla legge come reato, ma che consente, essendo stata emessa a seguito di procedimento con pienezza di contraddittorio, di applicare, in presenza dei presupposti richiesti dall’art. 229, n. 2, c.p., la misura di sicurezza prevista dalla legge. [ Nella circostanza la Corte ha altresì precisato che contro detta sentenza è ammessa impugnazione da parte dell’imputato ex art. 428 c.p.p., e che il relativo appello ai sensi degli artt. 579, comma 2, e 680, comma 2, c.p.p., è deciso dal tribunale di sorveglianza ].
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